Enhavo:



PADRE PIO E L'ESPERANTO

   Che c'entra l'Esperanto con il nuovo Beato? C'entra e come! Primo perché i Santi sono totalmente dalla parte di Dio e di conseguenza anche dalla parte dell'Uomo; essi di sicuro si schierano decisamente per Dio e per la pari dignità ed eguaglianza di ciascuna persona umana.
   Nessuna meraviglia dunque se sono, come affermano i Diritti Umani, per la pari dignità e rispetto di ogni lingua, contro ogni tipo di discriminazione linguistica. Infatti vedremo come in alcuni casi Padre Pio abbia rispettato questa regola linguistica risalente alla Pentecoste. Nulla di esagerato o di forzalo, spero, ma semplice constatazione di fatti.
   Vorrei però premettere una considerazione generale. I Santi sono universali. La loro santità è dono per tutta la Chiesa. Se non è considerato universale Padre Pio, mi si dica chi può vantare un simile primato. L'ha provato la folla "mondiale" presente alla Sua Beatificazione nonostante sia stata trattenuta dalle restrizioni organizzative. Ed allora al Santo universale è opportuno corrisponda anche una lingua universale, di tutti e di nessuno, una lingua neutrale.
   Ero in Piazza San Pietro nel giorno della Beatificazione come lo fui, con diverso animo ovviamente, sulla piazzetta del Convento di San Giovanni Rotondo quel tardo pomeriggio del 26 Settembre 1968 per la Concelebrazione esequiale di Padre Pio. I circa trecentomila devoti giunti per l'ultimo saluto al caro Padre da ogni parte d'Italia ed anche dell'Estero, si sono triplicati in occasione della Beatificazione, e questo senza calcolare i milioni di devoti attorno ai televisori di tutto il mondo. Non è esagerato dire che si è trattato di una Beatificazione partecipata a livello globale.
   Per ogni Liturgia di Beatificazione si prepara ovviamente la Liturgia bilingue: latino e lingua nazionale del nuovo Beato. Il manuale per la Beatificazione di Padre Pio, oltre al latino e all'italiano, ha avuto i testi del profilo biografico in italiano, francese, inglese, spagnolo, portoghese, tedesco, polacco; mentre la Liturgia della Parola è stata fatta in inglese, spagnolo e italiano. Nella preghiera dei fedeli, oltre alle già citale lingue, sono comparse il filippino e lo Swahili. Indubbiamente, uno sforzo grande per coinvolgere linguisticamente tanti popoli presenti alla Liturgia. E gli ungheresi, i giapponesi, i cechi, i coreani, i finlandesi, ecc. che spazio linguistico hanno avuto? Nessun popolo può essere discriminato per la lingua, anche se... di minoranza linguistica! Ma è proprio qui che la Liturgia linguistica della Chiesa viene a mancare, anzi, senza volerlo, la Liturgia stessa viene a peccare di "discriminazione linguistica". Un peccato ovviamente tollerato per necessità di cose, ma da togliere quanto prima. Esso è inaccettabile per la morale cristiana ed anche per l'etica civile. Lo afferma la stessa Chiesa Cattolica: "Ogni genere didiscriminazione nei diritti fondamentali della persona. .. in ragione del sesso, della stirpe, del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio" (Gaudium et spes, 29 e CCC, nr. 1935).
   Sarebbe interessante per la nostra riflessione approfondita avere una statistica linguistica dei fedeli presenti nelle piazze di San Pietro, San Giovanni e San Giovanni Rotondo; gli altri sparsi nei cinque continenti avevano l'ausilio delle proprie traduzioni televisive.
   Ma arriviamo ai fatti che mettono a fuoco il problema della lingua "neutrale" della comunicazione di Padre Pio con gli stranieri, per arrivare poi ad una testimonianza ancora più stimolante, quella dell'olandese Fra' Arni (N.B.: la testimonianza di Fra'Arni, esperantista olandese, sarà pubblicata nel prossimo numero di K.S.) delle Scuole Cristiane che già nel 1959 aveva tradotto in esperanto la mini-biografia "PADRE PIO CHI E'?" del Dott. Alberto Del Fante.
I   l giornalista Renzo Allegri nel suo libro "Padre Pio, la fede e il mistero" riporta diverse testimonianze fra le quali ne scelgo due.
   Di religione protestante la sig.ra Alice Jones mai aveva sentito parlare di P. Pio, quindi non lo pregò eppure lui la guarì. Nel 1973 sostenne due operazioni alla schiena, le fu inserito un supporto d'acciaio nella spina dorsale e per i dolori indescrivibili e continui non si reggeva neppure con busto ortopedico e le grucce. La posizione migliore era stare sdraiata a terra. La signora pensa al suicidio. Prende venti pastiglie di tranquillanti e beve mezza bottiglia di whisky al dì. Il 27 Maggio 1980, saputo del suo stato, le fa visita il reverendo Eric Fischer, un giovane prete, cordiale, arrivato nella sua parrocchia per "guarigioni spirituali". La donna raccontò la sua odissea di sette anni di sofferenze. Il reverendo le toccò la schiena ed un calore formicolante si propagò per tutta la spina dorsale. Quando il reverendo uscì, la figlia Leslie, che allora aveva 21 anni, fece notare che nella stanza era rimasto un forte odore di viole e di rose. "Quel reverendo usa un dopobarba molto intenso", commentò. La madre invece non sentì alcun profumo. Il Rev.do Eric tornò il giorno dopo e trovò la signora Alice come al solito sdraiata per terra. C'erano anche la figlia Leslie e suo genero Steven. La signora scrive: "Padre Fischer mi confidò che aveva avuto una rivelazione: la mia deformità e i miei dolori sarebbero scomparsi. Mi fece sfilare il supporto d'acciaio della gamba e me lo fece gettare via... Mi palpò la gamba paralizzata e provai un dolore lancinante, come se fosse stata trafitta da un ferro rovente. Mi sollevai sul pavimento e confatica mi sedetti sulla poltrona. Padre Fischer insisteva di provare a camminare.
   Improvvisamente, sovrapposta sulla sua faccia, scorsi l'immagine di un vecchio con la barba, vestito da monaco. Aveva una cicatrice sul volto e le mani chiuse, come se fossero rattrappite. Percepii che il vecchio frate mi stava parlando: parlava una lingua diversa dalla mia, ma stranamente comprendevo le sue parole, "Gesù, Gesù", diceva. Quindi sollevò una mano e aggiunse sottovoce: "IItuo piede ora è forte, la tua gamba è guarita. Alzati e cammina "Io esitai. Per sette anni non avevo mai mosso un piede senza supporto e lestampelle. Il vecchio monaco con tono di comando disse: "In Nome di Gesù cammina". Io eseguii l'ordine e senza alcun aiuto raggiunsi da sola l'angolo della stanza. Il Frate scomparve e al suo posto c'era padre Fischer. Quel vecchio monaco era troppo anziano per essere Gesù. Pensai che fosse Mosè".
   Il giorno dopo la famiglia Jones andò in chiesa per ringraziare il Signore. Padre Fischer diede alla sig.ra Alice una immaginetta. Su un lato c'era la foto di un monaco con la barba. "È questo il vecchio monaco apparso nella mia visione, ma chi è?" chiese Alice. "È Padre Pio, un frate italiano, amico dei sofferenti" le risposte Padre Fischer. "Non avevo mai sentito parlare di lui" commentò Alice. Ma il prodigio era anche nel fatto che la signora Alice, sottoposta a più radiografie, mantiene ancora la spina dorsale rigida e danneggiata, a causa di una scoliosi lombare nella zona sinistra. Si trova nelle stesse condizioni di quando era paralizzata e nel contempo cammina, balla, si china fino a terra senza provare dolori fino alla morte avvenuta nel 1980.
   "Ilfrate in cielo dirotta le bombe" era la testimonianza di piloti dell'aviazione anglo-americana, appartenenti a varie nazionalità (inglesi, americani, polacchi, palestinesi) e di diverse religioni (cattolica, musulmana, protestante, ebrea) che dopo l'8 settembre 1943 operavano nella zona di Bari. Essi s'avvicendavano a bombardare i centri della Puglia, ma su San Giovanni Rotondo non cadde mai una bomba. Ogni volta che, nel compiere le loro missioni militari, si avvicinavano a zone del Gargano, nei pressi di san Giovanni Rotondo, vedevano nel un frate che, protendendo le mani ferite, proibiva loro di sganciare le bombe. Di questo episodio, che a dir poco è inaudito, fu testimone il generale dell'Areonautica Bernar-do Rosini, allora giovane ufficiale. Faceva parte del Comando unità aerea operante a Bari a fianco delle forze aeree alleate.
   "Ogni volta che i piloti tornavano dalle loro missioni, parlavano di questo Frate che appariva in cielo e dirottava i loro velivoli facendoli tornare indietro. Tutti ridevano increduli, ma poiché l'episodiosi ripeteva, il generale comandante decise di intervenire di persona. Prese il comando di una squadriglia di bombardieri per andare adistruggere un deposito di materiale bellico tedesco segnalato proprio a San Giovanni Rotondo. Eravamo tutti curiosi di conoscere il risultato di quella operazione. Quando la squadriglia rientrò... il generale americano era sconvolto. Raccontò che appena giunti nei pressi del bersaglio, lui ed i suoi piloti avevano visto ergersi nel cielo la figura del Frate con le mani alzate. Le bombe si erano sganciate da sole cadendo nei boschi e gli aerei avevano fatto inversione di rotta senza alcun intervento da parte dei piloti... Tutti si chiedevano chi fosse quel fantasma cui gli aerei avevano misteriosamente obbedito. Qualcuno raccontò al generale che a San Giovanni Rotondo ci viveva un Frate con le stigmate da tutti considerato un santo. Il generale si disse incredulo e che avrebbe verificato la cosa appena possibile. Dopo la guerra il generale americano accompagnato da alcuni piloti si recò al Convento dei cappuccini. Appena varcata la soglia si trovò di fronte vari Frati tra i quali riconobbe quello che avevafermato gli aerei. Padre Pio gli si fece incontro e, mettendogli una mano sulla spalla, gli disse: "Dunque sei tu, quello che volevafarcifuori tutti!". Folgorato da quello sguardo e dalle parole del Frate, il generale si inginocchiò davanti a lui. Padre Pio continuò a conversare. Parlava come al solito, in dialetto. Il generale capiva tutto ed era convinto che il Frate parlasse perfettamente l'inglese!".
   Padre Remigio Fiore, cappuccino, nativo di San Giovanni Rotondo, ora qui da me a predicare per la Festa di Preghiere ad onore del nuovo Beato (9 maggio), conferma ed aggiunge che sono infiniti fatti simili nei quali Padre Pio, che conosceva abbastanza bene il francese, parla il suo dialetto al Confessionale mentre il penitente, pur straniero, comprende nella propria lingua.
   Abbiamo in questi fatti lo stesso intervento dello Spirito Santo nella Pentecoste. "Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Pamfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino aCirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi ed Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio" (Atti 2,7-11). Luca vede, in questo esprimersi in tutte le lingue del mondo d'allora, la restaurazione dell'unità perduta a Babele (cfr. Gen. 11,1-9). Sulla croce era stata redenta, inchiodata ad essa col Redentore, anche questa divisione dell'umanità simboleggiata dalla divisione delle lingue: "Pilato compose anche l'iscrizione ela fece porre sullacroce; vi era scritto: Gesù Nazzareno, il re dei Giudei...; era scritta in ebraico, in latino e in greco" (Gv. 19, 19-20). Lo Spirito Santo inaugura e sembra suggerisca alla Chiesa nascente un altro modo di comunicare coi popoli senza soggiacere ad una lingua nazionale che, usata a livello globale, discrimina i popoli con le loro culture e lingue, specie quelli di minoranza linguistica. Se così è, non ci fa meraviglia che Padre Pio usi tranquillamente il suo dialetto e lo Spirito Santo preferisca la "traduzione miracolosa" nella lingua dell'interlocutore piuttosto che soggiacere, guarda caso!, all'adozione dell'inglese, almeno ai due casi succitati, o al francese, o allo spagnolo, ecc. Ma Padre Pio è già entrato nella storia dell'Esperanto, oltre che col citato libro KIU ESTAS Patro PIO?, anche mediante la donazione di due sue statue di bronzo a grandezza naturale ad altrettante parrocchie dell'Est Europeo mediante l'ausilio della lingua esperanto. La prima, alla Parrocchia di Sant'Alessandro in Kiev (Ucraina) nel 1993 tramite il Rappresentante dell'IKUE, Sac. Serhij Prudko, e l'altra ad Oradea (Romania) nel 1994 tramite la Signora esperantista Irene Sziics. Inoltre a Rimini, presso la parrocchia dei SS. Giovani e Paolo, è stato eretto a Padre Pio un monumento nel 1996 con duplice scritta, italiano ed Esperanto. Sacerdote e Vittima/ Sacerdoto kaj Viktimo. Nel 1998 invece, nella stessa chiesa parrocchiale, è stato fatto un mosaico con l'immagine del nuovo Beato Padre Pio, sempre a grandezza naturale, pure con doppia scritta, italiano-Esperanto, Beato Padre Pio/Beata Patro Pio.
Don Duilio Magnani



PADRE PIO DA PIETRELCINA: IL SANTO DEL POPOLO

   La sua beatificazione rappresenta la dimostrazione più eclatante del raffinato intuito del popolo nell'individuare gli uomini di Dio. Il popolo lo considerava già un santo; ora ne ha ottenuto il riconoscimento ufficiale.
   P. Pio fu l'uomo del soprannaturale, l'uomo inzuppato e intriso dell'amore di Dio. Il Papa Benedetto XV ebbe a dire di lui: "È un uomo straordinario, uno di quegli uomini che il Signore invia di tanto in tanto sulla terra per stimolarci alla conversione".
   Molto tra quello che è stato stampato di lui riguarda i suoi fenomeni miracolistici, le stigmate, le visioni, il profumo, le guarigioni, la bilocazione; ma l'eccessiva esaltazione del paranormale, potrebbe offuscarne e distorcerne la reale fisionomia. Gli aspetti mirabolanti facevano indubbiamente parte della sua personalità; però, come egli stesso usava commentare non senza una punta di sana ironia, erano soltanto caramelline e zuccherini, con cui il Signore addolciva la bocca della gente prima di attirarla a sé; costituivano gli specchietti per le allodole, di cui Dio si serviva per inviare qualche raggio di luce alle anime rannicchiate nelle tenebre del male e riportarle alla verità.
   Giustamente Giovanni Paolo II, nel discorso di beatificazione, ne ha messo in risalto soprattutto la mortificazione, lo spirito di preghiera, la abnegazione, l'ubbidienza, l'umiltà.
   P. Pio fu un vero sacerdote, zelante, premuroso, diligente, infaticabile, che ha accolto nel suo cuore il desiderio di Gesù di portare tutti alla santità, un sacerdote che ha assunto su di sé la sofferenza di Gesù, un sacerdote che ha speso il suo tempo e ha profuso le sue energie per diffondere il profumo del regno di Dio, la gioia del Vangelo, la pace del perdono. Come sacerdote, si e lasciato mangiare dalla gente, che accorreva a frotte a S. Giovanni Rotondo; era il pane fresco, croccante, appena sfornato, di cui la gente sentiva il bisogno di alimentarsi.
   La sinfonia non può trascurare nessuna nota, il libro nessuna parola, la casa nessuna pietra, l'oceano nessuna goccia, la spiga nessun chicco; ogni gesto di P. Pio era espressione della sua unione col Signore.
   Prima o poi per ciascuno arriva il momento in cui prendere una decisione definitiva. Persino gli alberelli appena spuntati rivolgono i rami al cielo. Due episodi mi sembrano sintomatici al riguardo.
   Sulla porta della cella del noviziato era incisa una frase di S. Paolo. "La tua vita è nascosta con Cristo in Dio". P. Pio interpretò quel fatto come una indicazione del volere di Dio e ne ha fatto un programma di vita.
   Il secondo episodio si riferisce a un sogno che egli ebbe nell'adolescenza. Gli apparve un individuo, distinto, alto, splendido come il sole. Lo invitò a seguirlo e lo portò in una valle, dove si fronteggiavano due schiere di uomini, gli uni vestiti di bianco e gli altri di nero, simili a ombre fuligginose. A P. Pio fu ordinato di ingaggiare una lotta contro un rappresentante di questi ultimi, dall'aspetto orribile, più possente di un gigante. P. Pio lo vinse e ricevette in premio una corona di rarissima beltà. P. Pio non scordò mai quella corona d'oro e combatté per conservarla intatta e per non deturparla.
   P. Pio ha raggiunto una profonda libertà di spirito, quella libertà di spirito per la quale, indifferentemente, Gesù camminava in mezzo ai campi biondeggianti di messi e sostava nel deserto, evangelizzava nelle case e si rivolgeva alle folle parlando dalla barca, si fermava ad ascoltare i problemi e le ansietà dei lebbrosi e dei malati, senza lasciarsi travolgere dalla fretta e dall'ansia di arrivare alla città verso cui era diretto, e si commuoveva dinanzi alle moltitudini che da tre giorni lo ascoltavano devotamente, invitava Pietro, rammaricato e umiliato perché durante l'intera notte non aveva preso nemmeno un pesciolino, a non scoraggiarsi e a ritentare. "Invece di rimanere lì imbronciato e immusonito, perché, o Pietro, non butti le reti dall'altra parte della barca? Non ci hai pensato?".
   Il 17 febbraio 1921 P. Pio indirizzava una lettera al Vicario Apostolico di Allahabad in India per informarlo di avere chiesto ai superiori di essere mandato in missione e di avere ricevuto una risposta negativa. "Povero me, scriveva, non sono stato trovato degno", non recriminò, non fece scenate. "Vorrà dire, continuava nella lettera, che, se non mi è concesso di essere annoverato tra i missionari, mi ingegnerò di esserlo in spirito".
   P. Pio era esigente; non sopportava la mediocrità. "Tutto è scherzo di amore!. Ecco la direttiva spirituale che suggeriva a una penitente.
   Se Gesù si manifesta, digli grazie; e se si nasconde, digli grazie ugualmente".
   Già nel desiderio di amare, a suo avviso, si nasconde la grazia. "Chi ha messo nel tuo cuore il desiderio di Dio?" osservava.
   P. Pio era quindi convinto che chi intende salire verso il cielo, deve mettere la scala sopra il tetto; chi la appoggia al muro di casa, al massimo arriverà fino alla gronda. Il Salmo 101 paragona il credente all'usignolo, che gorgheggia e diffonde i suoi armoniosi trilli stando con le zampine appoggiate sul comignolo, sospeso tra il cielo e la terra.
   A P. Pio stava a cuore ciò che è essenziale nella fede, vale a dire l'altare, il confessionale, l'interiorità; non si perdeva in fronzoli inutili che consumano senza frutto le energie spirituali. La sua Messa durava più di due ore; e la gente non vi si annoiava. D'altra parte ogni Messa, come sosteneva il S. Curato d'Ars, vale più di tutti i sacrifici e di tutte le preghiere dei santi messi insieme dall'inizio del mondo fino ad oggi. L'Eucaristia era per P. Pio il momento più alto della amicizia con Gesù.
   Quante varietà di miele esistono! Le api riescono a ricavare miele da ogni genere di fiori. Li selezionano con cura, vi si posano dolcemente, vi sostano a lungo, succhiano il nettare e lo trasformano in dolcezza. Ogni anima per P. Pio era un poema di grazia. Dentro di cuore di ognuno Gesù incide le orme della sua Passione; e P. Pio curava ogni anima, per farvi trasparire il volto di Gesù. Sapeva che molti assomigliano alle fontane sulla cui bocchetta e stato posto un sassolino, per cui al rugugliare dell'acqua non fa riscontro alcun zampillo. P. Pio ne rimuoveva con mano decisa e con pazienza, con vigore e con dolcezza il sassolino o la fanghiglia, in modo che la grazia potesse zampillare liberamente.
   Leggiamo nei suoi scritti: "Allontaniamo, ogni sollecitudine e ogni inquietudine nel sopportare le tribolazioni spirituali e temporali da qualunque parte provengano, perché esse sono contrarie all'azione dello Spirito Santo".
   A una figlia spirituale raccomandava: "Non domandare a Dio: perché? Non guardare neppure il sentiero per il quale egli ti conduce. Abbi gli occhi fissi su Colui che ti guida. Che ti faccia passare per i campi o per il deserto che importa? Purché ci arrivi attraverso la tua strada".
   In un'altra occasione ammoniva: "Che Gesù sia sempre padrone dei cuori; che ti benedica in questa prova e ti faccia santa!".
   La preghiera di P. Pio incominciava presto, alle due, due e trenta del mattino. Talvolta non si coricava nemmeno per restare sveglio in compagnia del Signore.
   Senza la sorgente non si forma il fiume; se la sorgente è povera, il fiume si ridurrà a un rigagnolo; se la sorgente è traboccante, il fiume sarà rigurgitante. Il fiume dà continuità alla sorgente; la trasporta lungo i dirupi delle montagne, attraverso le ombre misteriose dei boschi o le estensioni sterminate delle vallate. Chi ha sete basta che allunghi la mano e attinga al fiume. In qualunque punto, si tratta della medesima acqua della sorgente. Così è stato P. Pio. Ha reso perenne la sorgente della grazia; l'ha fatta diventare un fiume e l'ha fatta circolare.
   Si augurava di vedere una infinità di mani allungarsi verso la corrente del fiume.
   Diceva: "Una cosa sola è necessaria: essere con Gesù!!!".
   Un personaggio come lui parla anche al cuore e alla mente degli esperantisti. Personalmente ritengo che, se qualcuno gli avesse spiegato che cos'è e a che cosa serve la internacia lingvo l'avrebbe imparata immediatamente, per avvicinare più facilmente al Signore Gesù gente di ogni cultura, tradizione e nazione. In fondo, l'ideale dei samideanoj nasce dal comando di Cristo di portare il Vangelo in lutto il mondo, anche negli angoli più nascosti e sconosciuti.
Mons. Giovanni Balconi


DISSE "VERRÒ A FARE IL PARROCO A SANT'ERMETE"
Ricordi dei viaggi riminesi a San Giovanni Rotondo negli anni '60

   DAGLI APPUNTI dell'ultimo viaggio, 25 maggio 1968. "Ho visto P. Pio seduto in sagrestia pronto per la S. Messa. Io non ho parlato e Lui pure. Ci siamo guardati. Il frate assistente mi ha invitato a salire al matroneo per assistere alla Santa Messa. L'ha celebrata sempre a sedere e talmente sottovoce che nessuno poteva rispondere. L'ho rivisto dopo la Celebrazione. Non parla, non saluta, non ascolta più nessuno anche perché nessun altro può entrare in sagrestia della nuova chiesa. Lo portano via con la sedia e rotelle... Che sconforto!
   Aspetto il turno delle confessioni per gli uomini, perché confesserà ugualmente... Pensando che questo sarà il mio ultimo incontro con Lui, approfitto della norma stabilita dal Superiore del Convento, un sacerdote ogni 5 laici, per confessarmi senza prenotazione. Nella confessione è più parco di parole del solito, non piùun sorriso, non un complimento. È sordastro. Ho dovuto ripetermi più volte. Vuole solo il sì o il no, ben chiari. Nel passaggio della sagrestia vecchia alla nuova sì erano disposti gli allievi della prof.ssa Benizzi ed i loro parenti. Presentati l'insegnante al padre che benedisse lo stendardo della scuola "Agostino dì Duccio" e pose la mano sul capo della professoressa, ma non disse nulla. Si allontanò così sulla sua carrozzella ".
   Questa fu l'ultima immagine del padre in vita. Ma nei miei occhi è rimasta impressa la sua figura impietrita nel sonno della morte quando, terminato il funerale sulla piazza del Convento riuscii a vederlo nella bara. Con un po' di "violenza e di fortuna" oltrepassai la cortina dei cappuccini che vietavano ad ogni sacerdote diocesano di concelebrare coi frati per le esequie. Così, unico concelebrante senza barba, potei accompagnare con gli altri il furgone funebre che con la salma entrò direttamente in chiesa per impedire l'assalto della folla. Sotto quel coperchio di vetro il suo volto marmoreo, sereno, luminoso con la barba brizzolata e rigida. Essa sembrava imperlata di rugiada sotto le luci della navata illuminata a giorno. Fu l'ultimo saluto da parte dell'unico riminese che ebbe la gioia di celebrare ai suoi funerali in suo suffragio.
   Dopo questi due ultimi incontri è giocoforza per la fantasia riandare spesso ai primi ben diversi e fruttuosi appuntamenti. Padre Pio era sempre cordiale, almeno, anche se composto nel suo raccoglimento interiore fatto di continua preghiera. Uno sguardo di compiacenza o di rimprovero ti sconvolgerà ad esempio, sul nome. Una volta sbottò: "Questa notte m'hai fatto impazzì! ". "Ma perché, padre ? " gli chiesi: "Mi si eraficcata in testa l'idea del tuo nome". Al che scherzosamente lo consigliai di... suonare le campane: din, don, dan, du... La volta successiva ancora: "Me lo vuoi scrivere o non me lo vuoi scrivere questo tuo nome?! ". Fu così che al termine di una confessione gli consegnai un biglietto con nome e cognome poi mi chinai a baciargli il costato. Egli si chinò su di me e mi baciò sulla testa come un padre il proprio figlio. Il consiglio ed il biglietto pare poi abbiano funzionato perché quando ci si incontrava, ed erano anche più volte al giorno, ripeteva spesso con voglia di scherzare: "Ma tu come ti chiami?... Ah!... din, don... du... Duilio!".
   Il 19 febbraio 1964, dopo averlo incontrato già due volte al mattino, prima e dopo la S. Messa, ed eravamo soli!, riuscii con altri sacerdoti ad incontrarlo anche a mezzogiorno dopo la recita dell'Angelus. Era allegro ed espansivo. Al mattino invece era assorto come sempre nella preparazione e ringraziamento della Messa. Volendo precedere i miei confratelli nelle richieste che certamente lo avrebbero fatto, dissi a bruciapelo: "padre, tempo fa mi promise che sarebbe venuto a Sant'Ermete a fare il parroco o... il cappellano!". "Ed io ci sto!... mi rispose - Io mantengo la mia promessa e faccio il mio dovere, ma tu lo fai il tuo dovere ?...". Ribatto: "Humm..., padre! È una risposta difficile da dare in... pubblico. Piuttosto facciamo così, mi tiri le orecchie ". Al che Lui ribatté: "Titiro le orecchie?!... Ti torchio il collo, chéti tiro le orecchie" - e aggiunse con tanta gravità - Si tratta di anime! ".
   In effetti la sua "presenza" a Sant'Ermete l'aveva chiesta fin dal primo viaggio nel gennaio '59, ed era stata, pastoralmente parlando, reale ed efficace. Non ho avuto mai dubbi ed i confratelli viciniori me ne davano atto per il volto nuovo che la parrocchia stava prendendo di giorno in giorno. Ma di tanto in tanto ci ritornavo sopra per sondare il terreno ed averne una conferma, perché... la lede è sempre debole e cerca le conferme. Quando poi nel 1964 gli parlai del trasferimento a San Giuliano Mare Lui disse allora con affabilità e tenerezza paterna: "Benedico te ed i nuovi parrocchiani". È' anche per questo che nel mosaico a grandezza naturale nella chiesa parrocchiale di San Giuliano Mare Padre Pio è ritratto coi paramenti sacri nell'atto di benedire i presenti ad ogni messa.
   Una mattina, servendogli la S. Messa, al lavabo delle mani, notai un rigagnolo di sangue vermiglio scivolare, dalla piaga della palma sinistra, lungo l'anulare.
   Come si fa a rimanere indifferenti o peggio critici? Ah! Di certo i "ribaltoni" delle coscienze di incalliti peccatori non erano attribuiti al "fanatismo", ma solo a quella calamità spirituale che è l'Amore di Dio partecipato all'uomo con il dono dello Spirito. Fanatici ed esaltati allora sembravano essere gli altri, moderni farisei e scribi, paurosi di avvicinarsi, magari "anche di notte", all'uomo dei carismi "doni dello Spirito Santo per il bene della comunità dei credenti". In effetti molti, troppi benpensanti, temevano il dono del discernimento delle coscienze che Padre Pio usava con modestia e senza clamori vani, ma anche senza guardare in faccia ad alcuno, senza timore per la possibile "rivolta" dei non pentiti e dello "scandolo" dei puritani, spazzando via ogni ipocrisia di pentimento e i propositi.
Don Duilio Magnani



NIA SINJORINO DE LA ESPERO

Se vi, ho Maria, ho stelo de l' mondo,
favore rigardas, al ni vi liveros
serenon, esperon.
Suferon vi konis, ho dolĉa Patrino,
ĉar vi pli ol ĉiu kompatis Jesuon,
starante ĉe l' kruco.
Travundis la koron la ĝemoj de l'Filo;
nun vi nin aŭskultas kun sama korsento,
kaj nin vi konsolas.
Esperon vi gardis eĉ trans la morto
kaj tombo. Kaj same vi venkis kun li,
ĉar li reviviĝis.
Esperon gardante en kor', vi sukcesis
kun la triumfanto atingi postmorte
eternan kuniĝon.
Kun Filo ĉe l'koro, je Di' ankriĝinta,
de pac' ĉielarko, al mond' esperanta
vi estas modelo.
Doloron de l'vundoj vi dolĉe mildigas,
malsanon de l' pekoj, kompate kuracas,
nin ame subtenas.
Ho preĝu Jesuon, la fonton de graco,
por ni unuope, por la familio,
por nia socio.
Je via parolo la eta Jesuo
malfermos la brakojn: la ŝtormoj silentos,
rebrilos espero.
En la monato dediĉita al MARIA, la katolika Esperantistaro levas al sia ĉiela Patino sian koron. P.G. Jacobitti



ESPERIENZA MERITEVOLE DI RIFLESSIONE

   È terminato da poco il corso di aggiornamento per insegnanti, autorizzato lo scorso anno dal Provveditorato agli Studi di Treviso.
   È stato per me un'esperienza molto significativa per i motivi che dirò fra poco. Per facilitare al massimo la partecipazione dei docenti, il nostro gruppo di Treviso ha pensato di organizzare il corso di cui sopra presso due sedi: una a Treviso e l'altra a Riese Pio X (TV). Chi conosce il mondo della scuola sa bene che la distanza (per i costi economici e la perdita di tempo) è uno dei motivi più gravi per la non partecipazione degli insegnanti ai corsi di aggiornamento.
   Ho guidalo il corso di Riese. La fase preparatoria è stata molto dura: ho incontrato tutti i direttori didattici e i presidi del distretto scolastico di Castelfranco Veneto. Quasi tutti mi hanno concesso d'incontrarmi con i collegi dei docenti, il che mi ha dato l'opportunità di rivolgermi direttamente a parecchie centinaia di docenti, la gran parte dei quali ha sentito parlare correttamente di esperanto per la prima volta.
   Dieci insegnanti - tre della scuola e sette della scuola elementare - si sono iscritti al corso, e sette l'hanno terminato (la mia esperienza mi permette di dividere gli insegnanti come segue: 20-30% sono totalmente disinteressati o ostili alle tematiche esperantiste; 60% sensibili, ma convinti che l'inglese ha già stravinto e che bisogna rassegnarsi; il 10% si iscrive al corso, magari "per curiosità", ma soltanto l'uno o due per cento arrivano al termine. Sono cifre sulle quali bisogna riflettere serenamente e inventare nuove strategie di contatto con gli insegnanti.    Occorre anche dire che tre dei dieci iscritti si sono ritirati perché i rispettivi responsabili scolastici organizzavano incontri di servizio nei giorni di lezione. Non so se si è trattato di coincidenza o di qualcosa d'altro...).
   Non sta a me dire se il numero dei partecipanti, confrontato con quello dei presenti agli incontri nei collegi dei docenti, è da considerare alto o basso. A prima vista anch'io sono tentato di chiedermi "così pochi?", ma poi, riflettendo sulle incredibili difficoltà psicologiche, didattiche, organizzative e sui carichi di lavoro, ho concluso che i risultato è accettabile.
   Sarebbe molto interessante conoscere se in Italia ci sono state altre esperienze analoghe.
   Come detto le difficoltà sono state notevoli. Ho constatato per esempio che è praticamente inutile mandare lettere o recapitare volantini. Perfino le circolari ufficiali restano quasi sempre lettera morta!...
   Occorre un contatto diretto col preside o direttore o quanto meno con un insegnante, preferibilmente della scuola. A tale riguardo ricordo - la cosa mi sembra molto importante - che esiste una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione della primavera del 1994 che consente, a richiesta, ai docenti in pensione di rientrare come collaboratori nella scuola, naturalmente senza stipendio e alle condizioni previste dalla suddetta circolare.
   Nella U.E.C.I. vi sono insegnanti, o insegnanti in pensione disponibili a fare un tentativo come il mio? Si potrebbe creare un gruppo di lavoro per studiare una strategia di convincimento nei riguardi della scuola. I primi contatti con le scuole sono stati talvolta difficili, ma una volta arrivato al cospetto del collegio dei docenti, ho cercato di convincere qualcuno che valeva la pena, non fosse altro per semplice curiosità, di vedere da vicino l'esperanto. Anche se può sembrare incredibile, i più curiosi, si sono rivelati gli insegnanti di lingua inglese. (Ma al corso era presente una professoressa appassionata e molto brava che insegna musica che vorrebbe insegnare l'esperanto "cantando": se mai sarà fatto potrebbe rivelarsi un esperimento affascinante e probabilmente molto produttivo).
   Come ho accennato l'anglomania è talmente diffusa anche fra gli insegnanti (che magari non sanno neanche una parola di inglese) che essa può essere considerata semplicemente "fattore plagiante" che inibisce ogni iniziativa.
   Questa triste realtà, purtroppo evidente, ha suscitato in me brutti pensieri sulla vocazione al suicidio della lingua-cultura italiana, ma questa sindrome autodistruttiva è già presente più o meno in tutte le lingue-culture del gruppo neolatino, la cui area di diffusione coincide in larga parte con il cattolicesimo. Resta da spiegare il triste mistero degli "intellettuali cattolici" che non vedono, non odono e non parlano. Identico giudizio negativo si merita la classe dirigente italiana, non soltanto quella politica.
   Per finire, debbo dire che il mio lavoro è stato bello e gratificante. Mettendo in risalto le grandi potenzialità "propedeutiche" dell'esperanto ai fini dell'insegnamento - apprendimento delle lingue storiche - compresa quella italiana -ho toccato con mano che gli insegnanti assumevano un atteggiamento favorevole, come chi scopre qualcosa di nuovo che prima non aveva mai notato.
   Concludendo...
   Ci sarà un seguito?
   Poiché la speranza è l'ultima a morire, spero proprio di sì, ma non mi faccio illusioni: nel momento in cui scrivo so che alcuni insegnanti sono favorevoli a sperimentare l'esperanto nelle loro classi... con questa speranza la fatica mi è sembrata più leggera e le amarezze sono scomparse. Tenendo i piedi per terra, so bene che le difficoltà sono ancora tante, proverò ad elencarle ponendo delle domande a me stesso e agli amici esperantisti cattolici.
   Gli insegnanti dopo le vacanze estive saranno ancora favorevoli? Il loro Dirigente scolastico li appoggerà, o quanto meno non li ostacolerà? Il collegio dei docenti darà il suo consenso per includere l'esperanto tra gli insegnamenti complementari e facoltativi? Il consiglio di classe darà un minimo di spazio didattico e di collaborazione con una sperimentazione di questo tipo? Che farà il consiglio di istituto o di circolo? Come risponderanno i genitori degli alunni? E infine ci saranno alunni abbastanza motivati per affrontare questa "avventura?".
   Se - ripeto SE - tutte queste domande avranno una risposta positiva, allora, soltanto allora, si potrà cominciare...
Prof. Carlo Pellizzari
ex preside di scuola media


La senpeka lingvo

Tielestis difinita Esperanto dumla itala kongreso de la katolikaj Esperantistoj. Kaj la nacia katolika gazetaro reagas entuziasme.
   La 12a nacia kongreso de UECI, itala sekcio de IKUE, okazis ĉe la marbordo en urbeto tute proksima al Ĝenovo, kie nuntempe pastro Mario German, aktiva organizanto de la kongreso, estas paroĥestro ĉe la urba flughaveno.
   La kongreson, okazintan de la 4- ĝis la 8a de septembro, malfermis la ĉefepiskopo de Ĝenovo kardinalo Dioniĝi Tettamanzi, kiu surprize alparolis en Eo "lingvo, kiun mi eĉ studis kun simpatio kiam mi estis juna". La esenco de tiu kongreso estas en tio, ke dum analizo pri kiu lingvo plej taŭgas hodiaŭ, kaj ĉefe taŭgos en la jaro 2000 por la Katolika Jubileo en Romo, nur Eo montris sian "virgecon". Jes, vi legis bone, virgeco: ne plu la latina, kvankam oficiala lingvo de la katolika mondo ĉar, krom pli kaj pli subfosata de la franca kaj angla, ĝi estas makulita de la iamaj persekutoj kontraŭ la "malfideluloj". Ne la franca kaj la angla, ĉar koloniismaj lingvoj, kiujn pluraj afrikaj Eklezioj ne ŝatas. Cetere, la kardinalo memorigis la profetaĵon de papo Pio la Deka "Esperanto havas antaŭ si grandan estontecon". Kaj eble tiu estonteco havas nun sian ŝancon, ĝuste pro la Jubileo de la jaro 2000. Profitante la klaran simpation de la nuna papo al Eo, la italaj katolikoj strebos por ke ĝi fariĝu la lingvo de la Jubileo. Subteno al tiu propono venos ankaŭ de la ĉefepiskopo de Prago, Miloslav Vlk, jam de longe konvinkita Esperantisto.
   Eo havas cetere solidajn radikojn en la katolika mondo.
   Ĉu kardinalo Wyszynski pravis, antaŭvidante ke "la tria Vatikana Koncilio parolos Esperanton"?.
   Siavice pastro Magnani, el alia itala regiono, Emilio, tre aktive kaj senlace sendas leterojn al Vatikano kaj al ĉiuj katolikaj institucioj, por ke ili serioze konsideru la adopton de Eo kiel oficiala lingvo de la Jubileo, asertante ke "se Eklezio hodiaŭ recitas la pentopreĝon "mea culpa"-n (mia kulpo) pro la pekaj lingvoj, mi ne volus ke la Eklezio de la tria jarmilo devos tion reciti ankaŭ pri esperanto".
Francisko Glavo




LE LINGUE MUOIONO IN TUTTO IL MONDO MAN MANO CHE IL PIANETA SI GLOBALIZZA
Dal programma esperanto di Radio Vaticana del 19.5.99

   PAMPA HERMOSA, PERÙ'. Quando sta a stuzzicare i suoi due nipotini che strillano, la donna dai lunghi capelli neri si lascia andare per la gioia e comincia a parlare nella sua lingua materna, il chamicuro.
   Nessuno la capisce. Così Natalia Sangama, un po' pensierosa, passa allo spagnolo, che adesso è la lingua della sua gente, di suo figlio, dei suoi nipotini.
   "Sogno in chamicuro, ma non posso raccontare i miei sogni a nessuno": questo dice, l'ultima persona che parla correntemente quella lingua, a un giornalista che è andato a trovarla nel suo villaggio, un grappolo di casucce di paglia sull'argine di un lago celeste nella giungla amazzonica.
   "Alcune cose non si possono esprimere in spagnolo" dice Sangama "Ti deprime essere l'ultima".
   Altri quattro abitanti più anziani di Pampa Hermosa, che dista 750 chilometri a nord est di Lima, conoscono termini e frasi in chamicuro, ma i linguisti dicono che quando morirà Sangama, la lingua morirà con lei.
   Molte lingue del mondo stanno scomparendo, man mano che le moderne comunicazioni, le migrazioni e la crescita demografica pongono fine all'isolamento di gruppi etnici.
   I linguisti mettono in guardia che il risultato sarà un crollo per la diversità culturale e intellettuale, come quello che molti biologi dicono che avviene nelle specie animali e vegetali quando le aree allo stato brado vengono distrutte. Per i linguisti ogni lingua contiene parole che in maniera univoca rendono un'idea, e quando le parole si perdono, così spariscono le idee.
   Almeno la metà delle 6.000 lingue parlate nel mondo probabilmente moriranno nel prossimo secolo e solo il 5% di queste lingue sono "al sicuro", nel senso che sono parlate da almeno un milione di persone e ricevono aiuti dagli stati.
   "Ci sono centinaia di lingue che si riducono a pochi anziani parlanti e per molte di loro non c'è più speranza di rinascita", dichiara Doug Whalen, linguista dell'Università di Yale, presidente del Fondo per le lingue in pericolo. "È come guardare un ghiacciaio. Puoi dire che si sta muovendo anche se è qualcosa di lentissimo".
   La perdita di una lingua è distruttivo, perché quando una lingua muore, molto della cultura connessa muore con lei, dice Michael Krauss, linguista dell'Università dell'Alaska che compara la diversità linguistica con la diversità biologica, che aggiunge: "La razza umana evolve in mezzo alla diversità delle lingue, che formano un ricco bacino di idee e concezioni del mondo, ma questo bacino si sta velocemente restringendo".
   "È una limitazione culturale" dichiara Whalen "Potrebbe non essere una piaga o una pestilenza, ma di sicuro è un disastro culturale".
   Non appena il contatto tra culture è cresciuto con la globalizzazione, il processo delle lingue dominanti che uccidono le lingue minori è accelerato.
   Il processo di estinzione può essere meglio osservato in posti come la giungla amazzonica, dove si scoprono ancora lingue mentre altre si estinguono.
   "L'America Latina ha lingue che sono state scoperte solo da poco, e non appena vengono scoperte esse cadono in pericolo. Il meccanismo di scoperta le pone immediatamente in pericolo" dichiara Whalen.
   L'Amazzonia peruviana fu chiamata "torre di Babele" dai primi missionari spagnoli, sbalorditi dal numero delle lingue che constatarono nelle comunità isolate, divise dalla densa giungla.
   I missionari calcolarono che vi fossero più di 500 lingue in un'area pari alla metà dell'Iran. I linguisti stimano oggi che vi fossero probabilmente 100-150 lingue, ma con una vertiginosa varietà di dialetti.
   Oggi ne sopravvivono solo 57 e 25 di esse sono in via di estinzione, dichiara Mary Ruth Wise, linguista dell'Istituto di linguistica di Dallas.
   "Il processo di estinzione di una lingua inizia quando i bambini smettono di studiarla. Spesso questo si spiega con la vergogna di parlare una lingua "primitiva", dice la Wise. "Una leva per salvare quelle lingue, allora, è di insegnare alle persone di tenerle in considerazione". E porta l'esempio degli indiani Taushiro, che vivono sulle sponde del fiume Aucuyacu nella regione peruviana Ucayali, coperta dalla giungla. Una dozzina circa dei membri della tribù, i più anziani, sono gli ultimi parlanti Taushiro, una delle pochissime lingue del mondo senza consonanti labiali, come la "p", la "b" o la "m", che richiedono movimento delle labbra per essere pronunciate.
   "Probabilmente non sopravviveranno a questa generazione. La perdita potrebbe apparire insignificante" dice la Wise "ma per un linguista si tratta di un delitto".
   A Pampa Hermosa gli ultimi chamicuros vivono senza strade, elettricità o telefono. La giungla si intreccia attorno al villaggio come un denso muro verde.
   Ma una stazione radio di Yurimaguas, città a 8 ore di navigazione sul lago, strombazza notizie in spagnolo e musica salsa. La scuola insegna ai bambini in spagnolo che le donne hanno dovuto cambiare le loro tradizionali gonne variopinte, le loro perline e pitture facciali con i jeans e i vestiti in poliestere.
   Il vaiolo, le migrazioni e l'assimilazione nella cultura dominante spagnola ha ridotto il numero dei chamicuros dai 4.000 dell'epoca della conquista spagnola ai 125 di oggi. Vivono pescando con canoe ricavate dai tronchi degli alberi, con la caccia e coltivazione di cereali, yucca e fagioli.
   "Alla scuola dei missionari ci facevano inginocchiare sul granturco se parlavamo chamicuro" ricorda Sangama.
   Più in là lungo il lago Achual Tipishca vivono i cocama-cocamillas, una tribù più numerosa di ex cacciatori di teste che hanno perduto la maggior parte della loro cultura per la dominante società meticcia spagnola.
   Circa 15.000 cocama-cocamillas rimangono, con 570 abitanti del villaggio Achual Tipischa, il cuore della cultura cocama-cocamilla.
   Persino lì solo un decimo degli abitanti parla ancora la lingua tribale.
   Il governatore distrettuale, Orlando Pereira, che non è un cocama-cocamilla, raccomanda ai visitatori di portarsi dietro del liquore se vogliono sentir parlare il cocama-cocamilla: "Si vergognano della cocamilla: "Si vergognano della loro lingua. La parlano solo davanti agli stranieri quando hanno bevuto".
   Carlos Murayari, un pescatore di fiume di 64 anni, ha 11 figli, ma nessuno di loro parla il cocama-cocamilla.
   "Ho provato ad insegnarglielo ma lo spagnolo ha preso il sopravvento", dice "È come remare contro corrente".
   Mentre tira fuori dalla cesta i pesci pescati nel lago, Murayari dice di sognare il "paese senza il Maligno", il paradiso dei cocama-cocamilla che accoglie le persone che hanno vissuto bene. È un paese di abbondanza e armonia.
   "Forse là non sarò così solo", dice Murayari.


RISERVATO AI GIOVANI
   L'Unione Esperantista Cattolica Italiana su delibera del Comitato Centrale in data 14 novembre 1997 e a seguito di offerta anonima, mette a disposizione la somma di £. 1.500.000 per n. 3 importi ciascuno di £. 500.000 da assegnare a giovani italiani di ambo i sessi, di età compresa trai 18 e 30 anni, iscritti all'UECI o all'IKUE che conseguano il diploma di esperanto di 3° grado.
   Il premio sarà erogato quale contributo per la partecipazione a un Congresso dell'IKUE o a un Congresso esperantista ecumenico. I concorrenti aventi i requisiti richiesti devono segnalarsi al dr. Serio Boschin, via Eritrea 8, 31100 Treviso, tel/fax 0422-235381.



KIOM AL LA FINO?
La profeta fibrilacio de la katastrofismoj de la dumilajrfino

   Jen la punkto en kiu laikoj kaj religianoj unuiĝas en la anonco kaj priskribo de la apokalipsaj eventoj sur la homaro. Se estus spaco, kaj venus en nin la necesaj dotoj, povus priskribiĝi la "ruinografio" tia kian oni povas alpreni el la "kantadoj" de religioj kaj intelektulaj skoloj.
   Ĉi tie per laiko oni ne aludas al nekredanto aŭ plejmalbone al kontraŭreligiano, simple oni intencas diri ke la laikaj profetioj ne devenas el vizioj aŭ konsideroj religiaj; kaj religia nesignifa rifuzon de la aspektoj spertaj aŭ science deduktaj, oni simple intencas diri ke la apokalipsaj profetioj originiĝas nur el religia mondkonceptado.
   Oni komencu el Budhismo, kies tradicio antaŭvidas, ke la mondfino kaj homarfino okazos post 2500 jaroj disde la iluminiĝo de Gutamo Sakyamuno, kiu vivis 500 jarojn antaŭ Kristo. Atentu do, mankas nur... minutoj!
   Tradicio Islama anoncas, ke la kurso de la historio elĉerpiĝos kiam la homo sukcesos atingi la lunon. Oj ve, la tempo fermiĝis!
   La hindua Kali Yuga (lasta tago) la ĉiofino devus plonĝi ĉirkaŭ la fino de 1900. Do, atentu!
   Fermu la liston la Atestantoj de Ĝeovo kun sia Armagedono tralumanta en la horizonto.
   Se specimeni el la laika sortimento, la scenaro ne ŝanĝiĝas. Ni komencu per tiuj kiuj oportune montriĝas zorgoplenaj pri la sorto de la planedo Tero, ekzemple la klubo de Romo de la fama jam forpasinta Peccei: la memfagocitanta eksplodo de la homaro alproksimiĝas ĉiam pli.
   Ni ne alkroĉiĝu konsideri, ĉar tro Konataj, Orwell aŭ Hukley aŭ Amalrik (Ĉu plu vivtenos URSS ĝis 1984?). Iru citaĵo al ĉiamcitita Erich Fromm: "Katasfrofo estas ekfalanta sur nin... Ankoraŭ unu mispaŝo...". Cernobyl kaj Aids estis viditaj kiel la komenco de la fino. Futurologo Roberto Vacca estas konvinkita, ke jam revenas la Mezepoko (kial ofendi la Mezepokon?). Jam Einstein...
   En la agonon katastrofprofetan eniras ankaŭ la papoj. Paŭlo VI: "Malhelaj ombroj densiĝas sur la homaro": kaj la aktuala papo: "La mondo ne povas pluiri laŭ tiu strato...".
   Kaj sekve kiel varmo sur la fajro, jen la profetaĵoj mariaj de Fatima kaj Medjugorje: "Homoj estas provizantaj al si pli grandajn dolorojn...".
   Ni lasu tiun liston por albordiĝi al io utila por nia inteligento.
   Ni provu kelkajn komparojn kaj konsiderojn. Ĉu licas miksi katastrofismojn laikajn aŭ varispecajn kun tiuj kristanaj? Aŭ el ili eliras kaj brilas diversaj perspektivoj? Ĉu malsamaj motivoj?
   En la kampo kristana ne ekzistas profetaĵoj koncernantaj la mondofinon: katolikoj kun ortodoksuloj kaj protestantoj (ignoru la sektajn pseŭdoekleziajn) scias ke la mondo estas aĵo pasema, sed ilia kono haltas tie ĉi: kiu pretendus scii pli, certe ŝajnigus koni! La diversaj apokalipsoj bibliaj estas nur ĝenroj stilaj por esprimi grandiozajn nekompreneblajn diajn eventojn, ne vidaĵoj sur la estonteco.
   La papaj vortoj kaj ankaŭ la instigoj mariaj havas ĉiam tonon de espero: eblas superi kaj venki la ostaklojn, se oni diverse orientigas la vivon. Kaj por diversa orientigo oni intencas ekpenton, moralan renoviĝon, internaniman, rilate Dion kaj homojn. Entute ŝajnas ke la malgajaĵoj estas akirontaj aŭ evitontaj tute fare de homoj kiuj per sia morala agado povas harmoniigi aŭ disharmoniigi la vivon: Dio respektas tiun agadon eĉ kiam tiuj volas trakuri la vojon de la malbono. Ne Dio provokas la katastrofon, Dio nur permesas ke la homoj, malgraŭ liaj avertoj, instigoj, sugestoj, profetaĵoj, ĝin konfekciu.
   La katastrofismo laika ne ŝajnas enteni tiujn karakterizojn. Temas pri anonco kun malmultaj aŭ nulaj fuĝvojoj. Unu el tiuj ŝajnas, foje, tiu de la detruo mem de la moralo originita el la inteligenta naturo de l' homo. La morala aspekto de la renoviĝo estas ignorata aŭ reduktata al io utila aŭ pragmata.
   Katastrofismo kristana: homo akceptas la dian helpon por morale renoviĝi kaj per tia renoviĝo li sukcesas plibonigi la mondon. Katastrofismo laika, foje, proponas encentriĝon en la mondon por la mondo.
   Ĉu vi deziras scii pli komplete pri katastrofismoj kaj iliaj diferencoj? Legu "Quanto manca alla fine?', Ancora, 250 p. di Antonio Gentili.
Armando Zecchin



51a KONGRESO DE IFEF
(Internacia Fervojista Esperanto-Federacio)
De la 8-A ĝis la 15-A de majo 1999 en Le Mans (Francio)

   La prezidanto de UECI partoprenis kun aliaj dek italoj en la 51-a IFEF-Kongreso kaj, en la nomo de IKUE, salutis kun bondeziroj la 225 partoprenintoj el 21 landoj inter la 285 aliĝintoj. Li kunlaboris en diversaj agadoj precipe en la faka terminara komisiono kaj, kiel sube raportite el la kongresa kuriero, en la ekumena diservo kaj en la libera diskutado.

EKUMENA DISERVO

   Dimanĉe, je la oka kaj duono okazis Ekumena Diservo, bone kaj perfekte preparita de J.P. Angevis en la bela kaj moderna preĝejo Sankta Bertrando.
   Bertrando, Bertrano, Bertramo,... Ne gravas precizigi lian veran nomon. La sanktulo, episkopo Cenomana en la 7-a jarcento, kunigis en sia patronumata preĝejo, ĉirkaŭ 100 kongresanojn por preĝi, kanti, mediti... Ĉu kredante, ĉu nekredante, ĉiuj esperante! La diservon Celebris pastro Andre Héroux, kaj Jean-Paul... (la 3-a!) gvidis kantojn, kelkajn de li mem faritajn. Poste estis arde dirata la preĝo de la Asiza povruleto Francisko, gvide de S-ro Boschin. Simbolan panon (simbolon kaj signon de amo kaj atentemo al ĉiuj homoj) fine ni dividis unu kun la aliaj, ĝoje kaj esperante... la ĉiaman vivon. Fine de la diservo ni ĝoje kantis faman kaj konatan kanton laŭ melodio de la 9-a simfonio de Beethowen kaj kuniĝante kun paroĥestro ni kolektis monon por helpo al Kosova tero.
Zdzislawa Kazmierczak (Pollando)



ANONCO

   D-ro Boschin anoncis dum la publika kunsido pri la libera diskutado jene:
Premio por orientaj landoj.
Dank' al financado de bonfaranto, kiu deziras resti anonima, IKUE (Internacia Katolika Unuiĝo Esperantista), por honori la jubilean jaron kaj por helpi gejunuloj, starigas stipendion de 5 000 000 da italaj liroj (2582,28 eŭroj) dividita en 10 kvotoj, distribuotaj al sekvaj landoj kaj laŭ jenaj kondiĉoj. Po 2 kvotoj al Hungario, Pollando, Rumanio kaj Ukrainio; po 1 kvoto al Ĉeka Respubliko kaj Slovakio. Oni aljuĝos la stipendiojn al gejunuloj, membroj de IKUE aŭ de nacia sekcio de IKUE, aĝaj inter 6 ĝis 30 jaroj, kiuj sukcesis en altgrada E-ekzameno aŭ kiuj elmontras bonan konon de la lingvo kaj estas viglaj aktivuloj de la movado. La monon oni liveros kiel kontribuon por partopreni en IKUE - aŭ ekumena E-kongreso.
Petu informon de la Centra Oficejo de IKUE,
Via di Porta Fabbrica 15 1-00165 ROMA - ITALIO



13° CONGRESSO DELL'UNIONE ESPERANTISTA CATTOLICA ITALIANA U.E.C.I.
L'Aquila, 3-7 settembre 1999, presso l'Istituto Salesiano S.G. Bosco

Tema: IL VOLTO DEL PADRE
Programma

VENERDÌ 3 SETTEMBRE
Pomeriggio: Arrivo dei congressisti e sistemazione alloggio
Sera: reciproca conoscenza

SABATO 4 SETTEMBRE
Preghiere, lodi e messa in esperanto
ore 10.30 Inaugurazione congresso: Prima relazione:
"La Perdonanza"
Pomeriggio: ore 15-18 visita al Castello Museo Nazionale
ore 20.30 serata musicale

DOMENICA 5 SETTEMBRE
Dopo le preghiere, lodi e messa
ore 10.30 Seconda relazione:
"Il volto del Padre"
(Relatore: Mons. Giovanni Balconi o altro sacerdote)
Pomeriggio: ore 15-18 Assemblea annuale dell'UECI
ore 20.30 Serata musicale.

LUNEDÌ 6 SETTEMBRE
ore 8.45 –12.00 Visita alla città e, alle 11.30, alla sede municipale
ore 15.15 – 18 Visita alla città. Messa concelebrata per l'unità dei cristiani al Santuario di San Bernardino.
Ore 20.30 – 21.30 Serata musicale.

MARTEDÌ 7 SETTEMBRE
dalle 8.45 alle ore 12.00 Previa visita alla Fontana delle 99 cannelle, pellegrinaggio al santuario di S. Maria di Collemaggio definito anche "il Santuario della Riconciliazione" con visita del Centro Celestiniano e concelebrazione della messa in onore del nome di Maria. (Omelia su "IIvolto del Padre " da parte dell'Ass. Eccl.dell'IKUEDon D. Magnani).
Ore 12.00 Rientro all'Istituto Salesiano.
pranzo e chiusura del 13° Congresso.

Colazione al mattino dalle 7.30 alle 8.00, pranzo 12.30, cena 19.30.
È previsto un incontro con il Vescovo mons. Giuseppe Molinari.

QUOTA DI ISCRIZIONE

Lire 35.000, ridotta a 25.000 per i giovani di età non superiore a 25 anni. La quota dà diritto alle pubblicazioni e alla partecipazione a tutte le fasi del congresso.

SISTEMAZIONE: VITTO E ALLOGGIO

La sistemazione è prevista presso l'Istituto Salesiano San Giovanni Bosco, viale S.B. Bosco, 6 - 67100 L'AQUILA. Camere singole e doppie tutte con servizi.

QUOTA PER ALLOGGIO E VITTO A PERSONA

In camera    entro il 31 marzo    entro il 30 giugno dal 1°luglio in poi
□ singola 260.000 280.000 310.000
□ doppia 220.000 240.000 270.000

N.B.: La quota comprende la pensione completa dalla cena del giorno 3 al pranzo del giorno 7 settembre, incluse le bevande ai pasti. Per l'iscrizione e la prenotazione alloggio utilizzare la scheda qui sotto o sua fotocopia.

COLLEGAMENTI PER RAGGIUNGERE L'AQUILA
Via Stradale
da ROMA
Autostrada A24 Roma - L'Aquila uscita L'Aquila Ovest da Autostrada Adriatica A14
Venendo da Nord uscita Giulianova proseguire direzione Teramo
prendere poi A24 Teramo - L'Aquila.
Venendo da Sud uscita Roseto degli Abruzzi proseguire direzione Teramo prendere poi A24 Teramo - L'Aquila.
da NAPOLI Autostrada A2
Uscita Cassino proseguire Superstrada Cassino - Sora
Avezzano poi Autostrada Avezzano - L'Aquila
Uscire l'Aquila Ovest
Autolinea da ROMA
Società ARPA autolinee regionali pubbliche abruzzesi - Tempo di percorso 1h 30 m.
OBBLIGATORIO L'ACQUISTODEI BIGLIETTI PRIMA DI SALIRE
da ROMA la partenza avviene dal Terminale Autolinee all'esterno
della Sta/ione Ferroviaria e metropolitana di Roma Tiburtina:
partenza (feriali):6.15 - 6.45 - 7.30 - 8.10 - 10.00- 11.00- 12.25- 13.20- 14.15- 14.45- 17.15- 17.45- 18.00- 19.30-21.00-22.45
partenze {festivi): 6.00 - 8.00 - 10.10- 12.30- 15.00- 15.20- 18.00- 19.00-20.00
Autolinea da PESCARA
Società ARPA
Partenza dal piazzale esterno stazione ferroviaria - Tempo di percorso 1 h 40m
Da Pescare - Partenze (feriali): 6.00 - 6.35 - 8.00 - 8.30 - 10.30 - 13.10 - 17.50 - 19.30
Partenze (festivi): 8.00 - 13.00 - 15.30 - 21.10
TRENO
Sconsigliabile poiché i collegamenti sono estremamente disagevoli. Conviene arrivare a ROMA o a PESCARA per poi proseguire in Pullman.



SCHEDA DI ADESIONE E PRENOTAZIONE
13° CONGRESSO DELL'UNIONE
ESPERANTISTA CATTOLICA ITALIANA
L'AQUILA 3 - 7 SETTEMBRE 1999

NOMO____________________
ANTAUNOMO_ STRATO____
POŜTA KODO_______URBO____________
LANDO______TELEFONO________
NASKIĜDATO (por junuloj ĝis 25 jaroj)_________
□ Ho versato la quota di iscrizione £. 35.000 (£. 25.000 per i giovani fino ai 25 anni)
□ L'acconto per sistemazione alloggio (£. 30.000)
□ Ho versato un contributo per il congresso di £.....
Desidero alloggiare
□ In camera doppia con_____________________
□ In camera singola
In data______ Ho versato la somma di £.________
sul C.C.P. n° 11129475, intestato: UECI, viale C. Zavagli 73, 47900 RIMINI
DATA__________ FIRMA___________
N.B.: Inviare la scheda di adesione a:
Segreteria UECI via Eritrea 8, 31100 TREVISO


Il Comitato Centrale UECI invita caldamente gli associati a partecipare al Congresso. Ci sono ancora disponibili camere singole e doppie, tutte con servizi.