Enhavo:



ESPERANTO: VIZI O VIRTÙ?

   Secondo gli avversari dell'esperanto, tre sono i vizi capitali che impediscono a questo idioma di assurgere a rango di lingua internazionale; ebbene io mi riprometto di dimostrare che non si tratta di vizi, ma di splendide virtù...
   Primo vizio: "L'esperanto è una lingua artificiale in quanto creata a tavolino mentre le lingue vere sono organismi viventi che si sviluppano liberamente nel tempo".
In realtà le cose non stanno proprio così. Infatti, l'irlandese, il norvegese, l'indonesiano, l'israeliano, etc.... sono stati creati a tavolino in epoca relativamente recente, derivando i vocaboli dai dialetti locali, l'israeliano soprattutto, dall'aulico ebraico, con razionalizzazione della grammatica.
   Identico è il criterio seguito per l'esperanto con la sola differenza che per esso i vocaboli derivano, anziché dai principali dialetti dell'ambito nazionale, dalle principali lingue in ambito europeo e quindi, nell'epoca in cui è nato l'esperanto, dalle principali lingue mondiali. Ma questo grado di artificialità, per una lingua quale l'esperanto che è stato concepito con l'intento di fargli assumere il ruolo di lingua internazionale per eccellenza, costituisce un pregio e non già un difetto. Infatti ne è uscita una lingua con un'ampia base lessicale e quindi con un ampio respiro internazionale e pertanto minimamente discriminante, e inoltre particolarmente logica e quindi di facile apprendimento.
   Secondo vizio. "L'esperanto è una mistura di lingue, mentre le lingue nazionali sono pure". In realtà tutte le lingue sono più o meno inquinate da lingue straniere; la stessa nostra lingua, figlia primogenita del latino ha mutuato non pochi vocaboli dal greco antico, e soprattutto l'inglese, il cui lessico è formato da vocaboli derivanti dal ceppo latino e dal ceppo germanico, non è forse un guazzabuglio di lingue diverse? Tale fatto però non lo penalizza nella sua funzione di lingua internazionale, anzi come già visto, si tratta di un pregio.
   Terzo vizio. "L'esperanto pretende d'interrompere la consuetudine secondo la quale la lingua internazionale è quella del popolo o della cultura che detiene il primato del mondo". A questo proposito si può facilmente prevedere che i popoli saranno sempre meno disposti a tollerare discriminazioni di qualsiasi genere e come, inaspettatamente, nel volgere di pochi lustri, sono crollate le dominazioni coloniali, è inevitabile che prima o poi ciò accada anche in campo linguistico. Ne è prova nell'Unione Europea la forte opposizione della Francia al predominio dell'inglese e la crescente insofferenza della Germania, sia pure mitigate dal nostro ingiustificato entusiastico favore.
   Se fosse valido il succitato principio, non si capirebbe perché nell'Unione Europea sia stato introdotto l'obbligo dello studio di due lingue straniere, infatti sarebbe stato più che sufficiente l'apprendimento del solo inglese con notevole risparmio di tempo, denaro e sacrifici. Inoltre il passato dimostra che finché la lingua internazionale sarà legata alle fortune di un paese essa è destinata di passare di moda con il migrare del primato da un paese all'altro. Avantieri imperava il latino, ieri il francese, oggi è la volta dell'inglese, domani forse del tedesco, in una corsa sempre più frenetica, perché il mondo ruota sempre più in fretta.
   Comunque, la conferma più clamorosa della validità dell'esperanto come lingua internazionale proviene da un grande linguista, eminente italianista ed esperantista, il Prof. Bruno Migliorini (Rovigo 1896 - Firenze 1975).
   Egli infatti fu presidente dell'Accademia della Crusca, accademico dei Lincei, fondatore della prestigiosa cattedra di Storia della Lingua Italiana dell'Università di Firenze, autore di una monumentale Storia della Lingua Italiana e di altre numerose opere, soprattutto di carattere filologico. In campo esperantista egli fu vicepresidente della "Akademio de Esperanto", l'equivalente dell'Accademia della Crusca, e oltre a numerosi saggi scrisse anche una grammatica di esperanto.
   Infine, un incoraggiamento di grande rilevanza arriva dalla Santa Sede.
   Infatti se Paolo VI ha dato inizio ai programmi della radio vaticana in esperanto. Giovanni Paolo II è andato ben oltre. Egli infatti, dopo l'approvazione del messale festivo in esperanto, su diretto suo interessamento e l'ammissione dell'Organizzazione mondiale degli Esperantisti Cattolici (IKUE) nel Pontificio Consiglio per i Laici, per la prima volta un Papa "osa" esprimersi pubblicamente in esperanto e ciò addirittura in mondovisione, a Pasqua e a Natale, in occasione della benedizione "Urbi et Orbi".
   Di fronte a consensi tanto qualificati penso proprio che per noi poveri mortali non esista via di scampo a una resa senza condizioni per cui, concludendo, si può affermare che l'esperanto rappresenta quanto di meglio può offrire l'attuale "mercato" mondiale delle lingue, per una soluzione radicale del millenario problema della comunicazione tra popoli di lingua diversa.
Leo Franzoni




“ESPERANTO IN CHIESA... SANTO PADRE, PER CARITÀ NON GLI DIA ALTRO SPAGO. LO FERMI!”

   È strano che alle soglie dell'anno Duemila ci siano ancora intellettuali e scrittori, anche cattolici, che avversino una lingua che racchiude in sé tutti i requisiti per essere universale: regolarità, semplicità, logicità. Sono convinto che per la sua ufficializzazione in campo mondiale sia necessario un provvedimento politico, tuttavia nonostante i pregiudizi di molti, la mancanza di appoggio da parte di governi, l'esperanto funziona e si è diffuso in tutto il mondo perché è frutto di libera scelta, e questo ha un valore morale, "concettuale" inestimabile. Né inglesi, né americani, pur pagando profumatamente, per ventisei anni, i migliori linguisti del mondo per creare una lingua internazionale ausiliaria, apparsa nel 1951 e basata sulla naturalezza delle lingue, sono riusciti a superare il progetto scientifico del dr. L.L. Zamenhof. Perché non optare per l'esperanto finché non si escogiterà un altro progetto che lo superi? L'uomo rimane un mistero insondabile...
   Propongo alla riflessione degli associati UECI uno stralcio di quanto ha scritto Franco FOCHI nel libro "E con il tuo Spirito" dal sottotitolo: Chiesa e lingua italiana a più di trent'anni dalla riforma liturgica. Neri Pozza Editore. Non è indicata la città, so che è Vicenza e l'edizione è del 1997.
   A primo acchito, la mia impressione è che probabilmente chi ha scritto quanto sotto riportato l'abbia fatto senza conoscere o, perlomeno, senza avere approfondito la lingua... imputata.
   Nel 1976, a dieci anni dal Concilio Vaticano secondo e dall'introduzione delle lingue nazionali nella liturgia, fu proibito di celebrare la messa in esperanto e si parlava, allora, di pratica impossibilità di introdurlo come lingua liturgica. Perché? Perché una lingua per essere lingua liturgica doveva rispondere a tre principi: primo essere parlata dal popolo, secondo essere insegnata nelle scuole, terzo avere l'approvazione della Conferenza Episcopale internazionale, nazionale o regionale. Non era il caso dell'esperanto... sono occorsi più di dieci anni per capire che una lingua pur pianificata dall'inventore, presentava un "grande valore pastorale" per tutti quei cultori che sono educati al dialogo su un piede di parità e al superamento di ogni etnocentrismo.
   Gli esperantisti cattolici esprimono gratitudine al Santo Padre per avere capito l'importanza di uno strumento neutrale di comprensione tra popoli di lingua diversa; hanno grande stima del latino, lingua di altissima cultura e non hanno mai preteso che l'esperanto tenda a sostituire le lingue nazionali, semmai che le salvaguardi...
   Ma ecco il testo del libro che ci riguarda alle pagine 14-15-16-17 al punto tre rubrica "Motivi di confusione" e "Messa nuova e Messa Vecchia".
   "Riprendo dunque il discorso dopo molti anni in situazione pressoché immutata, forse peggiorata, come, a mio avviso, dimostrerebbero il disagio e l'imbarazzoche accompagna certi "dibattiti " troppo simili a finte battaglie, su argomenti più o meno dicontorno alla questione. E vorrei il più possibile tenermi nel solco d'un puro esame del testo della nuova messa, con speciale riguardo alle parti fisse, cioè al cosiddetto Ordinario, ricorrendo, come farò spesso per comodità, al termine generico di riforma per indicare quest'aspetto particolare di un'impresa vastissima, che abbraccia, anche nella messa stessa, tanti altri elementi oltre la lingua (e poi i vari sacramenti, la liturgia delle ore, le benedizioni, ecc).
   Vorrei anche fare un discorso che rasentasse, per semplicità, il terra terra, con più cose che parole, più arrosto che fumo (se l'immagine mi è consentita): da opporre rudemente a quel cercar sera di cui dicevo sopra... Ma mi rendo conto che l'importanza e la delicatezza del tema suggeriscono uno sguardo anche ai margini della pura analisi linguistica.
   Ecco, per esempio, che mi trovo davanti il meslibro. Che cos'è? Ilmessale romano in esperanto: Roma Meslibro, pubblicato ufficialmente nel novembre 1995 ma già presentato nel 1994 dall'arcivescovo di Praga card. Miloslav Vlk durante l'ultimo congresso dell'IKUE (Unione Internazionale Cattolica Esperantista), di cui fa parte l'UECI (Unione Esperantista Cattolica Italiana). Ha incontrato difficoltà dentro e fuori; dentro, annota la stampa cattolica, vuol dire «in ambiente ecclesiale ed ecclesiastico» (doppia sottile aggettivazione, di cui diremo). Ma son prevalsi i favori, sgombrando il campo a messe celebrate qua e là in quella specie di lingua, mentre dal canto suo la Radio Vaticana le dedica da tempo un programma bisettimanale. E già nella Pasqua del 1994 ilPapa aveva aggiunto l'esperanto alle altre lingue per la sua benedizione Urbi et Orbi; e a Natale aveva ripetuto «l'esperimentoaggiungendo la più nota "lingua universale" ai 53 idiomi prescelti per il suo augurio: terzultima della serie, prima soltanto del patrio polacco e dello "storico " latino» (R. Beretta, "Avvenire", 3 gennaio 1995, p. 19). Povero latino e povera storia. Così anche questa novità dell'esperanto in chiesa viene a infilarsi nel pelago della nostra già tormentata riforma. Santo Padre, per carità non gli dia altro spago. Lo fermi! Non porti anche Lei i cento argomenti degli adepti di quella setta con le sue sigle e il suo medagliere di porporati e nomi illustri. Questo è l'argomento vero, che varrebbe anche se fosse il solo: «Una lingua strettamente universale, qualunque ella mai si fosse, dovrebbe certamente essere di necessità, e per sua natura, la più schiava, povera, timida, monotona, uniforme, arida e brutta lingua, la più incapace di qualsivoglia genere di bellezza, la più impropria all'immaginazione, e la meno da lei dipendente, anzi la più da lei per ogni verso disgiunta, la più esangue ed inanimata e morta, che mai si possa concepire; uno scheletro, un'ombra di lingua piuttosto che lingua veramente; una lingua non viva, quando pur fosse da tutti scritta e universalmente intesa» (Giacomo Leopardi, "Zibaldone", 23 agosto 1823, cari. 3253). C'è bisogno d'altro che di utopie! E quella è tale nel senso più deleterio del termine: u topos, "non luogo", nessun angolo di mente sana" può accoglierla. È come pensare che al posto degli uomini possano starci i robot. E l'esperanto è proprio una lingua-robot. Che duri da cent'anni e oltre mi dice poco; mentre mi dicono e m'allarmano i commenti della stampa cattolica: «Sarà una lingua artificiale la "koinè" ecclesiastica del Duemila? », «Esperanto, il nuovo latino», «II messale per le liturgie festive. Un altro passo verso la conquista del posto di lingua internazionale ausiliaria ufficiale alla pari col sempre più desueto latino»...
   Quanto al fatto che il latino sia «sempre più desueto», non ci son dubbi. Ma è vero anche che il latino ha un'anima (e che anima!), mentre l'esperanto non ce l'ha e non può avercela; e non avendola, non potrà mai parlare né all'anima né a Dio. Tuttavia la lingua latina, «pur raccomandata espressamente dal Vaticano II, è scomparsa in fretta dalla liturgia eucaristica. Così agli abusi, alle fughe in avanti, si sono contrapposte le resistenzele nostalgiefino allo scisma di monsignor Lefebvre» (Svidercoschi, art. cit.); senza considerare che ciò ha anche voluto dire uno altro colpo, in seno alla Chiesa e fuori, al già anemico e traballante studio della lingua dei padri e al suo permeare ogni cantuccio della nostra cultura (brutta coincidenza, ahimè, che un secolo fa o anche meno non si sarebbe presentata). A questo proposito, nel numero di "Belfagor" del settembre 1965 (p. 594), Dino Pieraccioni faceva notare i «non pochi latinismi dì origine liturgica entrati fin qui nella lingua comune, data la familiarità popolare con il culto, ma destinati a scomparire a poco a poco dopo l'introduzione dell'italiano nella liturgia». E osservava ancora: «Locuzioni del tipo "ridotto come un ecce Homo ", dal vangelo della passione, "venire al redde rationem ", dalla parabola del fattore infedele, "pareva un sanctifecetur " presuppongono tutte un contatto vivo con la liturgia latina che ormai va sempre più scomparendo». Così si vanno perdendo - con l'allontanarsi del latino dai nostri usi tante altre espressioni, derivate o no dalla Bibbia ".

IL CARNEVALE ESPERANTISTA

   Solitamente si pensa al Carnevale come a un momento di divertimento, di dissipazione e di svago. Perché non concedersi un guizzo di allegria prima della lunga e austera penitenza quaresimale? Lo diceva già ai suoi tempi, con sorriso sornione e con facezia e arguzia, Lorenzo de' Medici nei "Canti Carnascialeschi".
"Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto sia:
di doman non c'è certezza".
   Ma il carnevale ha tutta un'altra funzione; è fantasia, creatività, ironia; e rovesciare la vita per osservarne i risvolti partendo da altre prospettive. In tale luce esso assume una valenza educativa ed essere letto in chiave cristiana. Si spiega così il motivo per cui S. Ambrogio abbia prolungato il Carnevale ambrosiano di tre giorni rispetto a quello romano.
   Che cosa cambierebbe, se guardassimo il mondo invertendo i paralleli e i meridiani? E se facessimo sedere il re su un misero sgabello di paglia e da lì gli facessimo governare il paese? E se invertissimo il rapporto adulti - bambini, nascessimo grandi e diventassimo via via piccini? Giocoforza i frutti devono maturare sui rami dell'albero? E se li mettessimo al posto delle radici? E se ponessimo le fondamenta delle case in su e i tetti in giù, come si capovolge un aereo supersonico, dovremmo stare con le gambe per aria, quando ci sediamo al tavolo di cucina?
   La verità è che non siamo più abituati a ironizzare e che ci risulta difficile l'autoironia; e invece solo così riusciremmo a prendere in seria considerazione i limiti personali, a trovare spazio per la libertà di spirito, a dare il giusto orientamento alla nostra personalità. Come mai la luna è così timida da non mostrare mai l'altra faccia?
   Che cosa vi nasconde?
   L'ironia mi permette di cogliere il fruscio della linfa che scorre nelle tremule foglie dei pioppi, di trasformare gli alberi in esseri umani e di vedere come essi si muovono nella misteriosa penombra del bosco, di ascoltare i commenti che gli usignoli si scambiano nei nostri confronti.
   Gesù si è meravigliosamente destreggiato con l'arte dell'ironia. A nessuno era mai venuto in mente di sfamare con pane e pesci una folla di cinquemila uomini in un deserto. Anzi, per far capire agli apostoli la novità del suo agire, nel Vangelo di Marco Gesù manda addirittura gli apostoli a controllare quanti pani avevano, quasi disponessero di chissà quali vettovaglie.
   Il Vangelo tratteggia la figura di Pietro con sottile umorismo. Cammina sulle acque, e sul punto più bello, dopo di aver percorso parecchi metri, si spaventa delle raffiche di vento; e per il vento, non per le onde, affonda nel lago.
   Perché la Passione è un racconto tragico; però, il povero Pilato esercita il potere, ma chi compie il ruolo del giudice è Gesù.
   Nella stupenda visione idilliaca del profeta Isaia "il vitello e il leoncello pascoleranno insieme; il leone si ciberà di paglia, come il bue".
   Ci vuole una fervida fantasia per immaginare un leoncello al pascolo o sdraiato oziosamente nella stalla di una fattoria. Il profeta si è semplicemente permesso di modificare le regole del gioco culinario.
   L'ascetica cristiana porta a conquistare abitudini diverse rispetto al comportamento usuale. Maria, l'egiziaca, vive per più di quarant'anni nel deserto con tre tozzi di pane e tre monetine che un vecchio, a cui aveva chiesto in quale direzione si trovasse il deserto, le aveva messo in mano. Chissà come erano diventati quei frammenti di pane dopo quarant'anni. E da noi, per digerire certi cibi, non occorrono dei denti ben più robusti?
   A noi manca la bontà di un S. Nilo, i cui occhi dolci avevano ammansito persino l'orso della foresta, che impietosito della povertà di quel monaco si era sentito in dovere di portargli tutte le mattine del cibo, in modo da non distoglierlo dalla contemplazione interiore.
   Se avessimo più armonia tra le diverse sfere che compongono il nostro Io, saremmo meno pretenziosi, più frugali, più temperanti, meno intolleranti.
   I vecchi proverbi ci fanno capire che per il popolo il carnevale rappresenta una dimensione perenne della civiltà. Ogni giorno ci scontriamo con gli aspetti buffi della vita e ci innervosiamo a morte per le sciocchezze e le stupidaggini.
   Per costituzione una gazzella è destinata a correre velocemente e a sfidare le folate del vento; ma come fare a supporre che, con la sua mastodontica mole, con la sua enorme proboscide, un elefante riesca a muoversi così rapidamente?
   Quante cose noi pensiamo, che non sono vere; quante attese o pretese inutili noi ci facciamo.
   Ha avuto un bel fegato quella balena per ingoiare un profeta Giona. Abituato a starsene tranquillo nella stiva delle navi, si era addormentato nel ventre del cetaceo.
   Vi aveva trovato la temperatura ideale, una sufficiente calma; non aveva libri da leggere e quindi non aveva bisogno della luce della candela. E dopo tre giorni il suo viaggio finisce; viene di nuovo scaraventato nel vortice della vita di Ninive, la città dalla quale voleva fuggire; e deve riprendere il suo assillante e angosciante lavoro.
   Avrebbe voluto essere al posto di quella pianta di ricino, per evitare di porsi dei problemi, per starsene in pace, indifferente a quanto sarebbe successo.
   Ha ragione Michael Ende. Se un re possedesse una zuppiera magica e il sovrano confinante un mestolo altrettanto magico, due ragazzini unirebbero immediatamente i due regni. Invece gli adulti no; ne fanno una questione di stato e così le cose semplici si ingarbugliano, si arruffano e si complicano.
   Volevo soltanto giocare sul Carnevale e mi accorgo di aver varcato invece le colonne d'Ercole della serietà. Ma forse è proprio questo il modo migliore per ritrovare se stessi, per verificare le proprie aspirazioni e il proprio progetto di vita, per comprendere le capacità di cui siamo dotati e che magari lasciamo sonnecchiare in qualche angolo riposto del nostro spirito, per fare un bilancio dei talenti che Dio ci ha affidato e che abbiamo chiuso a chiave nell'armadio sconquassato della soffitta. Zamenhof ha giocherellato con la radice dei nomi; ha messo insieme le radici simili; e ti ha tirato fuori, guarda un po'!!!, una nuova lingua. Se nelle nostre pubbliche relazioni giocherellassimo nello stesso modo, se ci costringessimo a parlare la lingua degli altri e non la lingua madre lingua, piena di preconcetti, di segnaletica precostituita e di illogici ragionamenti logici, se incominciassimo a porci dei dubbi circa il significato dei termini a cui sovente ricorriamo e dovessimo almeno di tanto in tanto sfogliare il vocabolario, forse sul nostro carro allegorico si instaurerebbe una più spensierata cordialità e umanità. Le parole per noi nascondono dei segreti; sono come il portafoglio che conserviamo gelosamente lontano dagli altrui sguardi indiscreti. È la stessa storia dell'elemosina; mettiamo nelle mani del povero solo qualche spicciolo per non costringerlo (in fondo, non è un atto di carità?) a darci il resto. Tolstoj si è convertito vedendo l'amico consegnare al povero cinque copechi.
   Gliene chiese due di resto; il povero si trovò imbarazzato ed egli glieli lasciò tutti e cinque. Quanti copechi dovrei dare al povero, si domandò Tolstoj, io che ne ho ha disposizione seicento al mese?
   L'esperanto è un trasmettere giocosamente la verità; è una manciata di coriandoli; è un moto atipico di fare il Carnevale. Terminata la sfilata, ai passanti rimane l'interrogativo, che li graffia nel profondo dell'animo. Ma perché quella gente porta quelle strane maschere, interloquisce con quello strano linguaggio, instaurando tanta cordialità e coralità? Eppure non erano dei marziani atterrati, per caso, sul nostro pianeta!
Mons. Giovanni Balconi


CONTINUAMENTE ATTRATTI VERSO L'UNITÀ
18-25 gennaio 1999

   Cari lettori, in questo primo numero di K.S. del nuovo anno voglio richiamare la vostra attenzione al n° 2/98 del nostro periodico dal titolo "In spirito di servizio" nel quale rivolgevo un invito ad "essere aperti al dialogo ecumenico", "a pregare incessantemente per l'unità dei cristiani" non solo nella settimana annuale dedicata a questo scopo ma anche nel corso dell'anno come è buona abitudine di qualche gruppo della nostra associazione. A titolo di cultura religiosa vi propongo di leggere il documento papale "Ut unum sint" e qui sotto la storia della preghiera per l'unità dei cristiani e la bella preghiera concepita da uno dei padri dell'ecumenismo spirituale l'abate Paul Couturier.
   La personalità di questo sacerdote francese è stata ricordata da me in occasione del 13° Congresso Ecumenico Esperantista a Nantes (Rezé) e la riflessione è stata pubblicata sul numero di novembre 1998 di "Dia Regno" organo mensile ufficiale del "K.E.L.I." = Kristiana Esperantista Ligo Internacia.
   Per la prima volta il titolo del testo biblico proposto per la Preghiera 1999 ci è giunto dall'Asia, precisamente dalla Malesia da parte del gruppo internazionale del Consiglio delle Chiese.
   È tratto dall'Apocalisse 21, 1-7 e suona così: "Egli dimorerà con loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il Dio-con-loro". Il testo dei sette versetti biblici invita i cristiani a guardare l'avvenire con speranza. Esso sarà utile ai cattolici che concentrano la loro riflessione su Dio Padre nel corso dell'ultimo anno di preparazione al Giubileo dell'Anno Duemila. Lo Spirito susciti in tutti noi tanta "sete di unità da provare il bisogno di continuare la ricerca e di fare passi concreti verso la piena unità visibile delle Chiese". Infine rivolgo un invito agli esperantisti cattolici a partecipare numerosi, dal 7 al 14 agosto del corrente anno, al 14° Congresso Ecumenico che si celebrerà a Gliwice (Polonia). Il tema è "... che tutti siano una cosa sola...". Sarà l'occasione per esprimere la nostra gratitudine a Dio per tutto quello che abbiamo ricevuto da lui e per tutto quello che è stato compiuto dal movimento ecumenico, in particolare nel corso di questo secolo.


STORIA DELLA PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI

1740 circa - Scozia: in Scozia nasce un movimento pentecostale con vincoli nell'America del Nord: nel suo messaggio per il rinnovamento della fede invita a pregare per tutte le Chiese e con esse.
1820 - James Haldane Stewart: il reverendo James Haldane Stewart pubblica: "Consigli per l'unione generale dei cristiani in vista di un 'effusione dello Spirito".
1840 - Ignatius Spencer: il reverendo Ignatius Spencer, un convertito al cattolicesimo romano, suggerisce una "Unione di preghiera per l'Unità dei cristiani".
1867 - Lambeth: la prima assemblea dei vescovi anglicani a Lambeth insiste sulla preghiera per l'unità nell'introduzione alle sue risoluzioni.
1894 - Leone XIII: il Papa Leone XIII incoraggia la pratica dell'Ottavario della Preghiera per l'Unità dei cristiani nel contesto della Pentecoste.
1908 - Paul Wattson: celebrazione dell'“Ottavario per l'Unità della Chiesa” su iniziativa del reverendo Paul Wattson.
1926 - "Fede e Costituzione": il movimento "Fede e Costituzione" incomincia la pubblicazione di "Suggerimenti per un Ottavario di Preghiera per l'Unità dei Cristiani".
1935 - Paul Counturier: in Francia l'abbé Paul Couturier si fa avvocato della Settimana Universale di Preghiera per l'Unità dei Cristiani sulla base d'una preghiera concepita per 1'“unità che Cristo vuole, con i mezzi che vuole”.
1958 - "Unità Cristiana": il centro "Unità Cristiana" di Lione, Francia, incomincia a preparare il tema per la "Settimana di Preghiera" in collaborazione con la commissione "Fede e Costituzione" del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
1964 - II Concilio: il Decreto sull'Ecumenismo del Concilio Vaticano II sottolinea che la preghiera è l'anima del movimento ecumenico e incoraggia la pratica della Settimana di Preghiera.
1966 - "Fede e Costituzione" e Segretariato per l'Unità dei Cristiani: la commissione "Fede e Costituzione" e il Segretariato per l'Unità dei Cristiani (ora Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei cristiani) decidono di preparare insieme il testo per la Settimana di Preghiera d'ogni anno.
1968 - La prima volta: per la prima volta la Preghiera è celebrata sulla base dei testi elaborati in collaborazione tra "Fede e Costituzione" e Segretariato per l'Unità dei Cristiani.
1994 - Il gruppo internazionale che prepara la "Preghiera per l'Unità" è allargato alla partecipazione di due organismi ecumenici laici: l'Alleanza Universale delle Unioni Cristiane dei Giovani (YMCA) e l'Alleanza Universale delle Unioni Cristiane delle Giovani (YWCA).



Preĝo por la unuigo de la kristanoj
(de Abato Paul Couturier - 1881-1953)

Sinjoro Jesuo,
kiu je la antaŭtago de via morto
por ni preĝis
por ke ĉiuj viaj disĉiploj
estu en perfekta unueco,
samkiel Vi estas kun la Patro kaj la Patro kun Vi,
igu nin dolorige konsciaj
pri niaj malkonkordoj.
Signore Gesù,
che alla vigilia di morire per noi
hai pregato
perché tutti i tuoi discepoli
siano perfettamente uniti,
come tu lo sei col Padre e il Padre con te,
rendici dolorosamente consapevoli
delle nostre divisioni.
Donu al ni la lojalan kapablon
agnoski nian staton
kaj la kuraĝon liberiĝi de indiferenteco,
de malfidemo kaj de malamikeco.
Donaci la lealtà
di riconoscere il nostro stato
e il coraggio di liberarci dall'indifferenza,
dalla diffidenza e dall'ostilità.
Permesu, ke ni ĉiuj renkontiĝu en Vi
por ke niaj animoj kaj niaj lipoj
preĝu senĉese por la unuigo de la kristanoj
laŭ Via volo kaj laŭ Via deziro,
tia, kia ĝin Vi volas kaj kiel ĝin Vi volas.
Accordaci di incontrarci tutti in te
cosicché le nostre anime e le nostre labbra
preghino incessantemente per l'unità dei cristiani
quale tu la vuoi
e come tu la vuoi.
En Vi, kiu estas la perfekta Amo,
helpu al ni trovi la vojon,
kiu kondukas al la unueco
obeante Vian Amon kaj Vian Veron. Amen.
In te, che sei il perfetto amore,
aiutaci a trovare la via
che conduce all'unità,
obbedendo al tuo Amore e alla tua Verità. Così sia.



EDITH STEIN
figlia di Israele

   Edith Stein, arrivata a Cristo attraverso la scienza e al Carmelo attraverso le opere di S. Teresa d'Avila, è stata canonizzata 1'11 ottobre 1998 da Papa Giovanni Paolo II, con il nome di S. Teresa Benedetta della Croce. Nata a Breslavia in una famiglia ebrea il 12 ottobre 1891, rimasta orfana di padre in tenerissima età, educata dalla madre nella religione ebraica, a quattordici anni "si era già consapevolmente e di proposito disabituata alla preghiera". Fin da piccola Edith mostra un forte senso morale, un'intelligenza precoce, una accentuata sensibilità, spontaneità, apertura di cuore; tutte doti ereditate, coltivate e seguite dalla madre che per i figli era "modello di ogni virtù". Intelligentissima e studiosa, ricercatrice insaziabile, si laurea nel 1916 discutendo una tesi su "Immedesimazione nella sua evoluzione storica e dal punto di vista fenomenologico". A soli venticinque anni, a Friburgo, è già assistente del grande filosofo Edmund Husserl, padre della fenomenologia e suo maestro, anch'egli ebreo. Ma non sono solo i motivi filosofici o intellettuali che portano Edith Stein alla conversione. La sua vita e una continua e incessante ricerca della "Verità" e "tutta la ricerca della verità fu una continua preghiera. Edith non ha mai abbandonato la ricerca filosofica, nemmeno nel Carmelo, è una ebrea cattolica e carmelitana. Essa stessa scrive una frase famosa: "Dio è la verità. Cercare la verità, lo si sappia o no, significa cercare Dio".
   Ci sono parecchi episodi nella sua vita, episodi semplici ma determinanti che a poco a poco la avvicinano sempre più a Cristo, e dopo aver trascorso una notte a leggere la "vita di S. Teresa d'Avila confessa a se stessa: "Questa è la verità". Davanti a Cristo il Giudaismo di Edith impallidisce. Si fa cristiana e dopo anni di intensa attività apostolica entra al Carmelo nel monastero di Colonia dove rimane per cinque anni. Qui gusterà la gioia dell'intimità divina e del duro cammino accanto a Gesù Crocifisso.
   La terribile e disumana caccia agli ebrei obbliga le consorelle di Edith a trasferirla in un altro monastero, al Carmelo di Echt in Olanda. Ma purtroppo anche lì non c'è pace. I nazisti la raggiungono e insieme con la sorella Rosa viene deportata nel campo di sterminio di Auschwitz/Oswiecim (Polonia) dove muore nella camera a gas il 9 agosto 1942. Edith mirava al cielo; convertendosi non si è facilitata la carriera, e non si è convertita come tanti intellettuali ebrei, compreso il suo maestro Edmund Husserl, che si convertivano per poter entrare nella più ambita società tedesca.
   Edith non tradisce il suo sangue.
   Nel 1987 Giovanni Paolo II beatificandola ebbe a dire: "Ci troviamo di fronte a un'ebrea, filosofa, religiosa e martire che, in unione con Cristo Crocifisso, ha dato la propria vita per la pace e per il suo popolo. Nel campo di sterminio è morta come figlia di Israele...".
   Nel proclamarla santa il Papa ha detto, tra l'altro, "Nel celebrare d'ora in poi la memoria della nuova Santa, non potremo non ricordare di anno in anno anche la Shoah, quel piano efferato di eliminazione di un popolo, che costò la vita a milioni di fratelli e sorelle ebrei".
M. Maddalena Bortolato


A titolo informativo - culturale vediamo ora le reazioni suscitate dalla proclamazione a santa di E. Stein. Stralciando da “Mondo e Missione” dicembre 1998.
   "Sono state diverse le reazioni della comunità ebraica di fronte a questa canonizzazione. La stessa Conferenza episcopale degli Stati Uniti è intervenuta con una sua dichiarazione ufficiale sulle implicazioni che la canonizzazione della Stein avrebbe potuto provocare, nel dialogo tra ebrei e cattolici.
   Un dato di fatto ci sembra scontato: non c'è stata una presa di posizione comune nell'ebraismo. Efraim Zuroff del Centro Wiesenthal di Parigi ha parlato di «schiaffo alla comunità ebraica». Per il rabbino David Rosen, presidente dell'Anti Defamation League di Gerusalemme, la canonizzazione della Stein sarebbe un tentativo di presentare la Chiesa Cattolica come «vittima del nazismo».
   Sul versante italiano, Amos Luzzato, da pochi mesi presidente della Comunità israelitica italiana, ha sottolineato che Edith Stein «non è morta come un cristiano votato al martirio. La vita le è stata tolta dai nazisti perché ebrea».
   Giuseppe Laras, rabbino capo di Milano, da tempo aveva messo in guardia circa le possibili reazioni negative negli ambienti ebrei più ostili al dialogo con il mondo cattolico.
Su Il tempo e l'Idea. Una finestra ebraica sul mondo (n. 9, maggio '97, pp. 59-60) Bruno Di Porto analizza la scelta cattolica di canonizzare la Stein con una serenità ammirevole proprio perché sofferta. «Mi dolgo - scrive - che Edith Stein non abbia soddisfatto la sua spiritualità e la sua sete di fede in Dio attingendo alle fonti, al travaglio, alla rinascita di Israele, ma non metto in dubbio l'autenticità della sua conversione al cristianesimo e della sua vocazione monastica di carmelitana. La Chiesa l'ha accolta e non l'ha obbligata. Ha cercato di salvarla, ha sofferto la sua cattura, avvenuta con la violazione del chiostro, e la sua angosciosa morte in camera a gas».
   «Non ho da eccepire se, seguendo le sue tradizioni e, i suoi riti, la fa santa. Se pensa di rendere, con questo atto (che non è l'unico), un proprio e specifico omaggio alla tragedia di Israele, nella persona di un'ebrea entrata nella sua fede. Certo, la conversione di Edith rientra in una fiumana di defezioni dall'ebraismo nella borghesia israelitica tedesca e mitteleuropea (...) Comunque la conversione di Edith si distingue dalla fiumana per un altro timbro e anelito. Si distingue da quella di tanti intellettuali ebrei, compreso il suo maestro Edmund Husserl, che, sullo spregiudicato modello di Heine, si convertivano, per farsi il passaporto all'ingresso nella più ambita società tedesca ed europea».
   «Edith mirava al cielo, non ai salotti. Edith, convertendosi, non si è facilitata la carriera nell'università.
   L'ha mollata, per andare ad insegnare in una scuola femminile domenicana. (...).
   Io, che dall'ambiente familiare e da una voce interiore sono stato preservato all'ebraismo, dissento dalle sue scelte, ma le rispetto. Rispettarla vuol dire anche sapere ammettere quella altrui logica di valori e di passaggi, in cui ella è entrata e da cui i suoi nuovi fratelli, il suo nuovo padre la elevano agli altari di una fede che non è la nostra. Io resto in una civiltà che persegue la santità in altri modi, ma non grido all'affronto e non trovo da ridire.. . Io, ebreo, credo fermamente al valore della nostra coesione di popolo, ma non la circondo di cordoni e paletti. Ammetto, nella libera dinamica dello spirito, la possibilità degli scambi e delle folgorazioni. Edith rifulge di più, ai miei occhi, come santa cristiana portatrice dell'origine ebraica, che come stanca, scettica, svogliata o nevrotica ebrea. (...). Rispetto la canonizzazione di Edith, martire cristiana, nata mia sorella ebrea, gassata ad Auschwitz da chi fissava indelebile la sua fraternità di carne e di sangue con me".


Attenzione:
Primo incontro culturale-religioso a VICENZA 20/21 marzo 1999
Organizzato dal Centro Esperantista Cattolico di Milano in collaborazione con esperantisti di Vicenza.
Sede: Casa Sacro Cuore, Corso Padova, 122 - VICENZA (autobus n° 1 da staz. F.S.)

Tema della "due giorni": "Il Padre" con riflessioni letterarie e religiose da parte di G. Corrado, G. Conti, Lodi-Longoni, Suor Paolina, Prof. Galdino Pendili, Prof. Serenella Giacchino Teruzzi, Ing. P. Campani e Mons. Giovanni Balconi. Discussioni e dibattiti aperti a tutti i partecipanti con uso della lingua esperanto.
20 marzo 1999 sabato - incontro alle ore 10 presso l'edicola della stazione F.S. di Vicenza per breve visita alla città. Pranzo alle 12,30 presso Casa Sacro Cuore. Inizio culturale per tutti alle 14,45 che durerà fino alle 20,45 con brevi intervalli e cena alle 19,30. Continuerà la domenica del 21 marzo dalle ore 9 fino alle ore 14. Messa in esperanto alle ore 11,30. Pranzo alle 12,30.
Il costo, comprendente i tre pasti e il pernottamento, sarà di circa 90.000 lire.
Chi partecipa senza pernottamento sappia che un pasto costa 23.000 lire.
Date la vostra adesione entro il 10 marzo a uno dei seguenti numeri telefonici: a Milano 02/66301958 (G. Conti), 02/26140244 (G. Corrado); a Vicenza: 0444/961747 (E. Canevarolo) comunicate pure i vostri desideri circa la camera singola o per la preferenza del compagno di stanza.
I dettagli del programma saranno forniti in sede:
Un caloroso invito a partecipare numerosi, grazie, cordiale saluto e arrivederci da:
Centro Esperantista Cattolico - Piazza Duomo, 16 - Milano in collaborazione con Vicenza.

“VIVO DE LA GRUPOJ”

   Fidenza Esperanta Grupo "Remo Fioretti". Il nostro associato Prof. Renzo Sommi informa.
   L'esperanto appare nella città di Fidenza nel 1913 con il consenso e la collaborazione del Vescovo, successivamente penetra a Piacenza, Fiorenzuola e Busseto per merito di Padre Modesto Carolfi, frate francescano dell'ofm. Nel 1957 è tenuto un corso di esperanto nelle scuole medie "A. Zani". Nel 1961 l'Amministrazione Comunale intitola "Via Esperanto".
   Nel 1988 convegno a Fidenza di oltre 50 esperantisti, donazione di materiale alla Biblioteca Comunale. Nel 1991 grande raduno a Fontanellato. Fidenza è gemellata con la cittadina di Herrenberg (Germania), il dialogo tra esperantisti si fa sempre più vivace.
   Nel 1993 è stata allestita una mostra d'esperanto durata più di un mese.
   Il Prof. Renzo Sommi, delegato dell'U.E.A. dal 1961, ha tenuto corsi di esperanto nella scuola superiore per geometri e ragionieri "Luca Paciolo", e dal 1992 insegna anche all'UNITRE = Università della terza età. Dal 1970 al 1998 il gruppo di Fidenza ha partecipato a più di nove congressi universali, inoltre fa parte del "CERER" Coordinamento Esperantista Emilia-Romagna, ha una fitta corrispondenza in particolare con esperantisti del Giappone, Cina, Corea e Brasile; infine, esempio da seguire, da quest'anno è stato regalato al Vescovo di Fidenza Mons. M. Galli il messale in esperanto, il libro "L'Esperanto in Emilia-Romagna e, importante, l'abbonamento a "Katolika Sento".
   Un sentito grazie e congratulazioni da parte del Comitato Centrale dell'UECI per l'infaticabile attività anche nel campo cattolico.



DANKE

Per L'UECI Da Rimini
Da Milano
Da Verona
£.50.000
£.80.000
£.22.000
(D.D.M.)
M.G.B.)
(D.F.R.)
Per fondo "Alfabetizzazione" Da Bologna £.100.000 (N.N.)


NI FUNEBRAS KAJ KONDOLENCAS
   Da notizia degli eredi del 9.1.99, il 21 novembre 1998, all'età di 84 anni, è deceduto il nostro socio Lieto CASADIO di Forlì. Ricordiamolo al Signore, ricco di misericordia.



NORME ASSOCIATIVE E QUOTE INVARIATE PER IL 1999

L'Unione Esperantista Cattolica Italiana (UECI) è sezione della Internacia Katolika Unuiĝo Esperantista (IKUE), pertanto ogni associa­to dell'UECI è contemporaneamente socio dell'IKUE.

LE QUOTE PER L'ANNO 1999:

Associato ordinario
Associato giovane
Associato familiare
Associato ordinario con Espero Katolika
Associato giovane con Espero Katolika
Associato sostenitore
Associato vitalizio
Associato sostenitore Espero Katolika
Associato vitalizio Espero Katolika
Solo abbonamento a Katolika Sento
Solo abbonamento a Espero Katolika
£.
£.
£.
£.
£.
£.
£.
£.
£.
£.
£.
25.000
12.500
12.500
60.000
30.000
50.000
500.000
120.000
1.200.000
12.000
35.000

N.B. II periodico Katolika Sento viene inviato a tutti gli associati, tranne che ai familiari.
  • E' associato giovane chi non ha superato i 25 anni.
  • E' associato familiare chi convive con altro associato.
  • Per l'abbonamento all'estero aggiungere lire 50000 per spese di spedizione.
  • Specificare nella causale del versamento la categoria dell'associato, l'anno di nascita dei giovani, l'esatto indirizzo per il recapito del periodico K.S., la destinazione di eventuali offerte.
  • I gruppi locali con almeno 10 soci trattengono 4.000 lire per l'associato ordinario e 2.000 per 1' associato giovane o familiare, mentre la quota dei soci individuali va interamente all'UECI.
  • Per gli eventuali amici o simpatizzanti dell'UECI è sufficiente inviare la somma di lire 10.000 per ricevere materiale informativo sulla vita dell'Associazione.
I versamenti vanno fatti sul C.C.P. n. 11129475 UECI, viale C. Zavagli 73, 47900 RIMINI



PREGHIERA DEL PAPA PER IL 3° ANNO DI PREPARAZIONE AL GRANDE GIUBILEO DEL 2000
Dio, creatore dei cielo e della terra, Padre di Gesù e Padre Nostro
PREĜO DE LA PAPO POR LA TRIA JARO DE PRETIĜO AL LA GRANDA JUBILEO DEL LA JARO 2000
Dio,kreanto de la ĉielo kaj de la tero. Patro de Jesuo kaj Patro nia
Benedetto sii tu, Signore,
Padre che sei nei cieli,
perché nella tua infinita misericordia
ti sei chinato sulla miseria dell'uomo
e ci hai donato Gesù, tuo Figlio, nato da donna,
nostro salvatore e amico, fratello e redentore.

Grazie, Padre buono,
per il dono dell'Anno giubilare;
fa' che esso sia tempo favorevole,
anno del grande ritorno alla casa paterna,
dove tu, pieno di amore, attendi i figli smarriti
per dar loro l'abbraccio del perdono
e accoglierli alla tua mensa,
rivestili dell'abito di festa.
Estu benata Vi, Sinjoro,
Patro, kiu estas en la ĉielo,
ĉar en via senfina mizerikordo
Vi kliniĝis super la mizero de la homo
kaj donis al ni Jesuon, vian Filon, naskitan de virino,
nian savanton kaj amikon, fraton kaj elaĉetanton.
Dankon, bona Patro,
pro la donaco de la jubilea jaro;
igu, ke ĝi estu tempo favora,
jaro de la granda reveno al la patra domo,
kie Vi, plena de amo, atendas la perdiĝintajn gefilojn
por doni al ili la ĉirkaŭbrakon de la pardono
kaj por akcepti ilin ĉe via bankedo,
vestitaj por la festo-vestaĵo.
A te, Padre, la nostra lode perenne! Al vi, Patro, estu nia eterna laŭdo!
Padre clementissimo, nell'Anno Santo fiorisca vigoroso
l'amore verso di te e verso il prossimo:
i discepoli di Cristo promuovano la giustizia e la pace:
ai poveri venga annunciata la Buona Novella
e ai piccoli e agli emarginati
la Madre Chiesa rivolga il suo amore di predilezione.
Padre giusto, il grande Giubileo sia occasione propizia
perché tutti i cattolici riscoprano la gioia
di vivere nell'ascolto della tua parola
e nell'abbandono alla tua volontà;
sperimentino il valore della comunione fraterna,
spezzando insieme il pane e lodando te
con inni e cantici spirituali.
Tre indulga, Patro, dum la jubileo pli kaj pli floru
la amo al Vi kaj al la proksimulo:
la disĉiploj de Kristo akcelu justecon kaj pacon;
al malriĉuloj estu anoncita la Bonsciigo
kaj al etuloj kaj marĝenigitoj
la Patrino Eklezio adresu sian preferan amon.
Justa Patro, la granda jubileo estu la taŭga okazo
por ke ĉiuj katolikoj remalkovru la ĝojon
vivi en la aŭskulto de via parolo
kaj en mem-forlaso al via volo;
ke ili spertu la valoron de la frata kunuleco,
kune pecigante la panon kaj laŭdante Vin
per himnoj kaj kantikoj inspiritaj de la Spirito.
A te, Padre, la nostra lode perenne! Al vi, Patro, estu nia eterna laŭdo!
Padre, ricco dì misericordia,
il santo Giubileo sia tempo dì apertura,
di dialogo e di incontro con tutti i credenti in Cristo
e con tutti i seguaci delle altre religioni;
nel tuo immenso amore sii largo di misericordia con tutti.
Dio, Padre onnipotente, fa' che tutti i tuoi figli sperimentino
che nel cammino verso di te, ultimo approdo dell'uomo,
li accompagna benigna Maria Santissima,
icona dell'amore puro,
da te prescelta per essere Madre di Cristo e della Chiesa.
Patro, riĉa je mizerikordo,
la sankta Jubileo estu tempo de malfermiteco,
de dialogo kaj renkontiĝo kun ĉiuj kredantoj je Kristo
kaj kun la sekvantoj de aliaj religioj;
en via senfina amo, estu abunde mizerikorda kun ĉiuj.
Dio, ĉiopova Patro, igu, ke ĉiuj viaj gefiloj spertu,
ke dum la irado al Vi, lasta celatingo de la homo,
akompanas kun kun boneco Maria Sanktega,
ikono de la pura amo,
de Vi elektita por esti Patrino de Kristo kaj de la Eklezio.
A te, Padre, la nostra lode perenne! Al vi, Patro, estu nia eterna laŭdo!
A te, Padre della vita, principio senza principio,
somma bontà ed eterna luce,
con il Figlio e con lo Spirito,
onore e gloria, lode e riconoscenza,
nei secoli senza fine. Amen.
Al Vi Patro de la vivo, komenco sen komenco,
supera boneco kaj eterna lumo,
kun la Filo kaj kun la Spirito,
estu honoro kaj gloro, laŭdo kaj dankemo,
dum la jarcentoj kaj jarcentoj. Amen




Illuminanti riflessioni del Papa su Dio Padre

Dio è il Padre che con amore eterno e preveniente chiama l'uomo e lo costituisce in un meraviglioso e permanente dialogo con lui, invitandolo a condividere, da figlio, la sua stessa vita divina.
L'uomo è chiamato a vivere nella Chiesa in dialogo costante con Dio infinito, il quale non deve essere avvertito come una realtà astratta e lontana, ma deve essere conosciuto in Cristo come Padre provvido e sempre vicino ai suoi figli.
La tenerezza, come atteggiamento sinceramente filiale verso Dio, s'esprime nella preghiera.
«Dio è amore». Ciascuno, dunque, può rivolgersi a Lui nella fiduciosa certezza di essere da Lui amato.
Dio è gioia, e nella gioia di vivere c'è un riflesso della gioia originaria che Dio provò creando l'uomo.
Dio non si lascia vincere dal peccato dell'uomo. Anche se grande. Dio rimane fedele nell'amore, «fedele alla sua paternità».
Nel cuore della Chiesa persevera l'immagine del Padre che aspetta il figlio prodigo e lo accoglie con le braccia aperte quando torna alla casa paterna.
Noi sappiamo che Dio «ricco di misericordia» (Lettera agli Efesini 2,4) come il padre della parabola, non chiude il cuore a nessuno dei suoi figli.



L'AQUILA: CONGRESSO DELL'UNIONE ESPERANTISTA CATTOLICA ITALIANA

IL VOLTO DEL PADRE
Programma Provvisorio

VENERDÌ3 SETTEMBRE
Pomeriggio: Arrivo dei congressisti e sistemazione alloggio
Sera: reciproca conoscenza

SABATO 4 SETTEMBRE
Preghiere, lodi e messa in esperanto
ore 10.30 Inaugurazione congresso: Prima relazione:
"La Perdonanza" tenuta da Padre Quirino Salomone.
Pomeriggio: ore 15-18 visita al Castello Museo Nazionale

DOMENICA 5 SETTEMBRE
Dopo le preghiere, lodi e messa
ore 10.30 Seconda relazione:
"IIvolto del Padre"
(Relatore: Mons. Giovanni Balconi o altro sacerdote)
Pomeriggio: ore 15-18 Assemblea annuale dell'UECI
ore 20.30 Serata musicale o recita teatrale da parte di giovani

LUNEDÌ 6 SETTEMBRE
ore 8.45 –12.00 Visita alla città
ore 15-18 Visita alla città. Messa concelebrata per l'unità dei cristiani al Santuario di San Bernardino.
Ore 20.30-21.30 Serata musicale, tombola a premi o sorprese???
Si vedrà...

MARTEDÌ 7 SETTEMBRE
dalle 8.45 alle ore 12.00 Pellegrinaggio al santuario di S. Maria di Collemaggio definito anche "il Santuario della Riconciliazione" con visita del Centro Celestiniano e concelebrazione della messa in onore del nome di Maria. (Omelia su "II volto del Padre " da parte dell'Ass. Eccl.Dell'IKUE Don D. Magnani).
Ore 12.00 Rientro all'Istituto Salesiano.
pranzo e chiusura del 13° Congresso.

Colazione al mattino dalle 7.30 alle 8.30, pranzo 12.30, cena 19.30.
Sono previsti un incontro con il Vescovo e uno con le autorità comunali.
N.B.: Chi è disponibile per canti (categoria: tenore, basso o soprano etc.) o per recite di poesie o teatro si annunci alla Vice Presidente Paola Ambrosetto. Grazie!
Invito caloroso. Partecipate numerosi e date la vostra adesione al congresso il più presto possibile. Fino al 20 febbraio sono pervenute 19 adesioni.
Federica FARDA ci ricorda: Meditare "II Volto del Padre" a L'Aquila, città del primo Giubileo, equivale a prepararci degnamente e anticipare il grande Giubileo del 2000. Papa Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo nel 1300 riprendendo l'idea del suo predecessore. Celestino V (San Pietro del Morrone) che nel giorno della sua incoronazione papale il 29 agosto 1294 donò alla città de L'Aquila l'atto di Riconciliazione Sociale (noto come Perdonanza).
Infine il Centro Celestiniano oltre a studiare e divulgare la figura di Papa Celestino V si è prefisso anche la promozione dell'Esperanto, che, per le sue idealità, ben si sposa con il principio ispiratore di quel Papa "II potere inteso non come privilegio, ma come servizio a favore degli umili, degli ultimi". E il 13... non dovrebbe portarci fortuna... per ingrandire la "famiglia" dell'UECI?
Aderite numerosi al 13° Congresso! Anziani e giovani!...

QUOTA DI ISCRIZIONE

Lire 35.000, ridotta a 25.000 per i giovani di età non superiore a 25 anni. La quota dà diritto alle pubblicazioni e alla partecipazione a tutte le fasi del congresso.

SISTEMAZIONE: VITTO E ALLOGGIO

La sistemazione è prevista presso l'Istituto Salesiano San Giovanni Bosco, viale S.B. Bosco, 6 - 67100 L'AQUILA. Camere singole e doppie tutte con servizi.

QUOTA PER ALLOGGIO E VITTO A PERSONA

In camera    entro il 31 marzo    entro il 30 giugno dal 1°luglio in poi
□ singola 260.000 280.000 310.000
□ doppia 220.000 240.000 270.000

N.B.: La quota comprende la pensione completa dalla cena del giorno 3 al pranzo del giorno 7 settembre, incluse le bevande ai pasti. Per l'iscrizione e la prenotazione alloggio utilizzare la scheda qui sotto o sua fotocopia.

SCHEDA DI ADESIONE E PRENOTAZIONE
13° CONGRESSO DELL'UNIONE
ESPERANTISTA CATTOLICA ITALIANA
L'AQUILA 3 - 7 SETTEMBRE 1999

NOMO____________________
ANTAUNOMO_ STRATO____
POŜTA KODO_______URBO____________
LANDO______TELEFONO________
NASKIĜDATO (por junuloj ĝis 25 jaroj)_________
□ Ho versato la quota di iscrizione £. 35.000 (£. 25.000 per i giovani fino ai 25 anni)
□ L'acconto per sistemazione alloggio (£. 30.000)
□ Ho versato un contributo per il congresso di £.....
Desidero alloggiare
□ In camera doppia con_____________________
□ In camera singola
In data______ Ho versato la somma di £.________
sul C.C.P. n° 11129475,intestato: UECI, viale C. Zavagli 73, 47900 RIMINI
DATA__________ FIRMA___________
N.B.: Inviare la scheda di adesione a:
Segreteria UECI via Eritrea 8, 31100 TREVISO



Rubrica a parte: 68aItala Kongreso de Esperanto Riva del Garda (Trento), 21-26.08.1999. Oni celebros meson en esperanto matene dimanĉon la 22an de aŭgusto antaŭ la malfermo de la kongreso. Katolikoj partoprenu multnombraj! Dankon.



COMITATO CENTRALE UECI

Presidente: Serio BOSCHIN, via Eritrea 8, 31100 Treviso, tel.-fax 0422-235381
Segreteria e cassa: via Eritrea 8, 31100 Treviso, tel.-fax 0422-235381
Vice presidente e incaricata giovanile: Paola AMBROSETTO, via Emo, 9/C, 30173 Mestre (VE), tel. 041-5341532 - fax 041-612516
Consiglieri: don Duilio MAGNANI (segretario per l'informazione), viale C. Zavagli 73, 47900 Rimini, tel.-fax 0541-26447; Antonio CAPPELLO, via A. Colombo 6, 13100 Vercelli, tei. 0161-392707 - fax (di sera) 0161-257262; Giovanni CONTI, via F. Filzi 51, 20032 Cormano (MI), tel. 02-66301958 - fax 02-66302110; don Mario GERMAN, via Canepa 57 - frazione Canepa, 16030 Sori (GE), tel. 0185-709010 (internet: marger@split.it); Marsilio GUAZZUMI, via Coletti, 108 -47900 Rimini - tel. 0541-22993; Carlo SARANDREA, via di Porta Fabbrica 15, 00165 Roma, tel. 06-631805-fax 06-632839
Assistente Ecclesiastico: mons. Giovanni BALCONI, p.zza Duomo, 16, 20122 Milano, tel. 02-878014,02-8556274
Grafica e impaginazione di Katolika Sento: Mario GUILLA, via Benadir 62,13100 Vercelli, tel. 0161-259397