Enhavo:
L'UECI è un'associazione di cattolici; e già in questa appartenenza si mostra la nostra posizione di persone controcorrente, considerato il modo di pensare e di operare dominante che è, se non anticristiano, almeno acristiano; e siamo sostenitori di una lingua internazionale in un mondo che fatalisticamente accetta di concedere alla lingua del più forte di imporsi e di sacrificare lutto le altre. Siamo anticonformisti, e denunciamo le contraddizioni del nostro tempo. E nei segnalare tali strambe realtà vogliamo ribadire il nostro impegno a far superare, anche nel campo che più ci è congeniale, la netta incoerenza che si presenta in campo linguistico. Vediamole. "Disinteresse" per Dio o. addirittura, rifiuto di Dio-Verità, con la negazione del soprannaturale, da un lato: irrazionale Fiducia nei maghi e stregoni d'ogni sorta, e cedimento alle più ridicole superstizioni, d'altro lato. Il Santo Padre, nell'Enciclica "Evangelium Vitae" rileva come il diritto alla vita ed alla sua qualità è esaltato e proclamato dall'ONU e accolto in tutte le costituzioni dei Paesi civili; nei fatti sembra dominare, invece, una "cultura di morte" con l'aborto, le guerre, i genocidi, l'eutanasia. La scolarità è cresciuta grandemente in estensione e durata, e le possibilità di acquisire conoscenze sono aumentate e divenute più facili; d'altro canto, però, la cultura è divenuta più superficiale e l'equilibrio intellettuale si è fatto più precario. Si parla del mondo come di "villaggio globale", nel quale i mezzi di comunicazione consentono di ignorare i confini e di annullare gli spazi: si parla di integrazione, di aggregazioni interstatuali; e poi, al contrario, si sviluppano i nazionalismi, si accendono le sanguinose lotte interetniche, si dà spazio ai regionalismi. Si fanno grandi proclami sulla uguaglianza dei diritti e sulla giustizia nei rapporti sociali, sia tra gli individui che fra i gruppi: ma poi ecco la contraddizione, una delle tante dalle quali risulta che uguaglianza e giustizia sono etichette di recipienti alle quali non corrispondono i rispettivi contenuti: se tutte le nazioni hanno pari dignità, se tutte le culture sono da valorizzare, se tutte le lingue vanno difese, perché allora si accetta, di fatto che una lingua sia dominante nel mondo e porti, di conseguenza, alla emarginazione delle altre lingue, al sacrificio delle rispettive culture, alla dipendenza, anche economica, delle relative nazioni? Tale contraddizione, nel campo della comunicazione internazionale, noi stigmatizziamo, tale discriminazione noi combattiamo. È un'opera di verità e di giustizia. questa, che noi. in quanto cristiani, avvertiamo più chiaramente di dover svolgere. Ma anche le altre contraddizioni -come quelle in precedenza accennate- in quanto cristiani ed in quanto esperantisti, sentiamo di dover svelare e apertamente criticare, operando in quell'ambito internazionale in cui l'esperanto già è conosciuto e praticato, adempiendo ad una finalità primaria postaci dal nostro Statuto, di ripresentare e ribadire, alla luce del Vangelo, la verità delle idee e la coerenza dei comportamenti.
Mario Sola
Lorenzo Longoni
2 - PELTIERIl centro del movimento esperantista era passato in Francia, dove troviamo il marchese Louis De Beaufront, che riuscì a convincere ed a far aderire al movimento molte autorevoli personalità, fra le quali alcuni professori universitari e un rettore, alti ufficiali, un cardinale ed un abate. Beaufront aveva studiato filosofia tomista e, pur non essendo sacerdote, si laureò in teologia. Fu il primo esperantista francese: era entrato nel movimento nel 1888 e nel 1892 aveva tradotto in francese la "Unua libro" di Zamenhof. Nel 1893 scrisse e pubblicò il preĝareto por katolikoj". Nel 1898 fondò la rivista "L'Esperantiste". Ma il vero pioniere dell'Esperanto tra i cattolici fu il sacerdote francese Emile Peltier (1870-1909). Era nato il 20 settembre 1870 a Villandray (Tours). A quattordici anni entrò in seminario. Durante la preparazione al Sacerdozio mostrò anche la predilezione per lo studio delle lingue straniere, delle quali sentì il fascino e l'utilità, considerandole come uno strumento prezioso e pacifico per un effettivo avvicinamento tra i popoli. Divenne sacerdote il 27 maggio 1893 e nel 1894, per la sua valida conoscenza delle lingue straniere, venne nominato professore del Piccolo Seminario e del Collegio S. Gregorio a Tours, rivelandosi poi eccellente traduttore di opere straniere.Proprio in conseguenza dei contatti culturali, ebbe l'occasione di conoscere Beaufront e così interessarsi della lingua Esperanto, che iniziò ad apprendere nel 1901. Fin dal 1900 in Germania, a Colonia, era stata fondata una "Agenzia cattolica centrale dì informazione" con lo scopo di diffondere la religione cattolica attraverso la nuova lingua internazionale, così che nello stesso anno fiorivano le prime associazioni cattoliche di esperantisti. Per la prima volta nella storia del movimento esperantista cattolico, nel dicembre 1902, mentre Peltier era parroco a S. Radegonda in Tours, appariva il nome di Espero Katolika per una società di Katolikaj Esperantistoj che visse più o meno fino alla morte del fondatore. Era necessario creare un piano di sviluppo e Peltier già intuiva di poterlo attuare. Scriverà infatti, sul n. 20 di Espero Katolika nell'agosto 1905: "Durante il mese di agosto del 1902 ricevetti lettere di esperantisti che mi proposero la fondazione di una società per la diffusione dell'esperanto tra i cattolici". Peltier non esitò ad accettare la proposta di Henri Auroux. Così si fondò l'associazione "Espero Katolika" e l'Arcivescovo di Tours, mons. Rene Francois, approvò ufficialmente la validità di questa prima forma di associazione internazionale di esperantisti cattolici, dichiarando:"Avete chiesto il mio giudizio in merito all'impresa che mira ad unire tutte le nazioni cattoliche attraverso la lingua internazionale ausiliare, chiamata Esperanto. Molto volentieri approvo questo progetto che a me sembra favorire la diffusione del Vangelo e l'unione dei popoli". Circa 80 esperantisti cattolici risposero all'invito per aderire alla nuova associazione. Il giornale francese "L'Aube" nel gennaio 1903 accettò di funzionare come organo della nascente associazione, stampando quattro pagine in Esperanto. Fino a quel tempo Beaufront aveva messo a disposizione le colonne della sua rivista "L'Esperantiste" dando spazio agli articoli degli esperantisti cattolici. Ma il successo non avvenne in modo rapido. Peltier e Auroux nell'agosto 1903 decisero di lasciare per qualche tempo la "'associazione" e di fondare una rivista, i cui scopi non fossero solo di propagandare l'Esperanto, ma anche di utilizzarlo. Così, dopo diverse difficoltà, nell'ottobre 1903 appariva il primo numero di "Espero Katolika". In esso troviamo l'appello "por la neutralismo". Si trattava di un grosso cambiamento nel movimento; per la prima volta l'Esperanto non era considerato come scopo, ma come mezzo: in questo caso come strumento per la difesa della religione e dei dogmi cattolici. H. Auroux doveva essere il redattore ed il sacerdote E. Peltier il direttore, per curare gli interessanti articoli e per la propaganda. Peltier al riguardo si esprimeva così:"L'Esperanto è un mezzo per tutti e per tutti gli scopi internazionali; l'ideata rivista <Espero Katolika> non offra solo una lingua, ma una letteratura e un legame internazionale tra i cattolici; la rivista, attraverso l'Esperanto, parli sull'insieme dei dogmi cattolici, sulla religione, sulle idee di coloro che guidano". Successivamente ribadì il suo punto di vista, che risultò conforme agli ideali di Zamenhof: "Esperanto estas neutrala lingvo, nenies propraĵo; katolikoj, protestantoj, framasonoj povas ĝin uzi kiel propagandilo de siaj ideoj. Oni ne pli povas kulpigi Esperanton, pro la ideoj disvastigitaj per ĝi, ol oni kulpigas la elpensinton de la presarto pro la sama kaŭzo". Nel 1904 Peltier restava solo nel continuare l'intero lavoro ed egli così descriveva la situazione: "Cominciava per me una vita piena di lavoro e di inquietudine: nello stesso tempo dovevo essere redattore, amministratore e propagandista. Le mie forze non erano più in grado di svolgere tali ruoli, dato che dovevo espletare inoltre i miei doveri di sacerdote. Mi ammalai... la mia cattiva salute mi costrinse ad abbandonare la mia parrocchia per fare il professore a Tours. Dopo il fastidioso trasferimento cominciai il secondo anno nell'ottobre del 1904, con piena speranza di successo". Nel primo anno Espero Katolika conteneva articoli inviati dalla Francia, dall'Inghilterra, dalla Svezia, dal Belgio, dall'Austria, dalla Russia, dall'Italia e dalla Spagna. Giunsero richieste di abbonamenti da ogni Paese: dal Cile, dal Messico, dal Brasile, dal Canada, dalla Bulgaria... Attualmente, tra le riviste esistenti in Esperanto, Espero Katolika è la più antica: ciò indica chiaramente la influenza dei cattolici nel mondo esperantista. Intanto a Boulogne sur Mer ebbe luogo, nell'agosto del 1905, il primo Congresso Universale degli Esperantisti, con la partecipazione di 688 persone, provenienti da 22 diverse nazioni. Peltier svolse un importante ruolo in questo congresso, rappresentando in maniera incisiva tutti i cattolici esperantisti. La lingua internazionale per il movimento cattolico acquistava così un significato storico speciale. La domenica 6 agosto 1905 i cattolici esperantisti assistettero alla S. Messa -non in Esperanto- e per la prima volta vennero eseguiti canti in Esperanto da un gruppo di venti giovani del coro della chiesa. L'organo fece sentire l'esecuzione del famoso inno di Dombrowsky. Per tale inno la signora J. Guivy compose una bella e solenne melodia, le cui strofe essa stessa cantò. Si cantò anche il "Patro nia" secondo una melodia di Peltier: l'organista cieco della chiesa, sig. Bucciali, l'imparò a memoria per eseguirla. La predica in Esperanto non ci fu, nonostante il desiderio degli esperantisti, perché il vescovo di Boulogne non ne diede l'autorizzazione. Molti espressero a Peltier il loro rammarico per tale proibizione, in quanto tutti ci tenevano ad ascoltare la predica in Esperanto. Il tema della fraternità, che aveva animato calorosamente il Congresso, divenne l'argomento principale trattato dal direttore di Espero Katolika dal punto di vista cattolico ricordando che "la ideo de frateco" è una essenziale caratteristica cattolica e fa parte "de la ordono de Dio". Ed ecco anche il suo pensiero sulla rivista. Nel rapporto presentato durante il congresso di Boulogne si trovava scritto:"...malgrado il deficit non volli cessare la pubblicazione della rivista. Volli proseguirla fino al Congresso, pensando che in quella occasione i cattolici potessero consigliarmi a trovare mezzi per continuare...". E proseguiva: "...ebbene, che cosa farete voi cattolici? Permetterete che l'arma cada dalle mie mani e si rompa? Permetterete che si dica che i cattolici non sono sufficientemente generosi per sostenere una rivista, per collaborare alla fratellanza dei popoli o non abbastanza intelligenti per capire il meraviglioso strumento che la lingua internazionale fornisce loro per la diffusione delle idee?". In una prefazione per il terzo anno (1906) dichiarava: "lo sogno una grande rivista con 100 pagine mensili, che abbia corrispondenti in ogni nazione, una rivista in cui si parli del movimento religioso in tutto il mondo, dell'unificazione delle diverse Chiese (progetto molto caro a Leone XIII), sulla teologia, filosofia, psicologia, sulle scienze e sulle domande sociali attuali, mettendo in risalto le più importanti e fondamentali questioni per l'umanità futura". Più dettagliatamente indicava un ipotetico piano di realizzazione: "In tale rivista si darebbero rapporti critici su libri importanti, capaci di interessare le nazioni civili e sui più attesi articoli pubblicati sui giornali nazionali circa la stampa e la letteratura esperantista. La rivista sarebbe come uno specchio del modo di vivere cattolico. Sarà solo un sogno?". (continua nel prossimo numero) Mons. Lorenzo Longoni
Karegaj gefratoj! Nur kvin jaroj dividas nin de la fino de nia jarcento kaj samtempe de fermo de la dua jarmilo de kristana epoko. Tio certe estas argumento por enmedito kaj inventaro Ni rigardu do, unue, nian dudekan jarcenton ĝenerale kaj poste ankaŭ de vidpunkto de nia E-movado. Oni ne povas dubi, ke ĉi tiu lasta periodo de homa historio alportis renversajn ŝanĝojn en homa socio sur kampoj scienca. teknika, ekonomia. La mondo travivis ek de la duono de la pasinta jarcento tute esencan salton. Tamen, ĉu estis tiu granda disvolvo socia akompanata ankaŭ de progreso spirita? Ni devas kun bedaŭro konfesi, ke tio vidiĝas male. Homa racionalismo kaj tre ofte eĉ fiero kaj egoismo ombris valorojn, kiuj dum longaj epokoj estis rekonataj kiel trezoro de homeco kaj moralo. Sed ĉu homo fariĝis nun vere pli feliĉa? Ekzaltiĝo pro materia progreso je la fino de la dua jarmilo malardiĝas kaj venas seniluziiĝo kaj ofte eĉ timo rilate al estonto. Du kruelegaj mondomilitoj, atoma armado, nekredebla sufero kaj malsato en multaj landoj de la mondo kontraste al senrespekta monavideco de riĉuloj kaj potenculoj, grave difektita vivomedio, ekstermado de diversaj bestoj kaj, en konsekvenco, danĝero ke vivo sur la terglobo en proksima estonto povus perei: tio ĉi estas bilanco de la dorsflanko de nia "iluminita" epoko, kiu altigis liberecon de homo super Dian ordon kun sia fiksa kodekso. Moralecon oni konsideras ofte nur kiel relativan, kriterio de sintenado fariĝas persona intereso de unuopulo. Religiaj principoj kaj valoroj estas konsiderataj kvazaŭ ili estus io arkaika kaj superigita, kio ne plu konvenas al nia tempo. Kaj la rezulto? Generala demoralizo, krizo de familioj, aplikado de drogoj, disvastigado de pornografio, propagando por mortigado de nenaskitoj, de eŭtanazio ktp. Certe, ekzistas ankaŭ sanaj fluoj kaj movadoj, sed ilian voĉon oni nur tre sporade aŭdas. Nia granda papo Johano Paŭlo la II-a al ni montras ĝustan direkton, li senlace rememorigas al ni, kiujn principojn ni sekvu. Sed kiom da homoj volas aŭdi liajn vortojn kaj obei ilin? Solvo de konfuzoj de la fino de la 20-a jarcento baziĝas vere en karaktera vivo laŭ evangelio. Ĉu homoj volas ekiri tiun vojon? Tamen ne ekzistas alia ĝusta solvo. Jesuo diris ja klare: "Mi estas vojo, vero kaj vivo". Iu saĝa homo eldiris ĉi tiun frazon: "La 21-a jarcento estos aŭ kristana aŭ ne ekzistos tute". Ni ekmeditu pri gravaj demandoj de nia epoko. Ĉiu el ni devas ja meti antaŭ si plej unue ĉi tiun demandon: "Kion faras mi por tio, ke la mondo estu pli bona?" Karaj gefratoj, rilate al tio ne taŭgas la respondo, ke mi mem ne ŝanĝos ion. Kontraŭe, la afero dependas ankaŭ de vi. Jes, vi sole preskaŭ nenion faros, sed kun helpo de Dio ĉiuj problemoj estas solveblaj. Tamen mi ne intencas dum ĉi tiu prelego pli proksime analizi ĉiujn interligitecojn de politika kaj socia faradoj. Mi volas prefere rigardi problemojn de hodiaŭo el vidpunkto de la ano de nia esperantista movado, precipe de tiu katolika. La internacia lingvo verkita antaŭ proksimume 110 jaroj fare de L.L. Zamenhof senĉese vivas kaj eĉ tio, ke ni renkontiĝis en nia 48-a kongreso de IKUE, tion dokumentas. Kaj nin -ĉeestantojn - plie kunligas kredo je instruado de Jesuo Kristo. Certe ni en tiu ĉi salono estas ĉiuj konvinkitaj pri genieco kaj praktika utileco de la menciita unika eltrovo. Malgraŭe - kiel aspektas la afero ekster nia agadkampo? Ni rekonu realecon, kia ĝi estas. Post pli ol unu jarcento de ekzisto de Esperanto la plejmulto da loĝantaro de la terglobo scias pri ĝi aŭ nenion aŭ bagatele malmulte, ofte eĉ distorde. Tamen ĝiaj konvinkitaj kontraŭuloj estas raraj. Longa praktikado de Esperanto konfirmis ĝian vivokapablon. Bedaŭrinde ties disvastigado dependas, ĝis nun, nur de entuziasmo fare de ĝiaj portantoj kaj favorantoj, al kiuj mankas bezona ekonomia bazo. Ĝia vivopovo ankriĝas ja en forteco de la ideo de interkompreniĝo kaj frateco inter homoj sur egalrajta fundamento. En nuna periodo ni estas atestantoj de evoluo, kiam la angla lingvo trapenetras sisteme en preskaŭ ĉiujn fakojn de homa agado. Oni povus eble taksi tiun ĉi situacion kiel lingva angligado aŭ pli precize amerikigado de samtempaj kulturo kaj informsistemo en plimulto da landoj de la mondo. Precipe en la meza Eŭropo ni sentas tion nun tre forte. Certe ĉi tiu stato ne plaĉas al kelkaj nacioj, ĉefe al tiuj, kiuj signifis en politiko ankoraŭ dum proksima estinto gravan rolon. Tial estiĝas kompreneble ankaŭ nepraj kontraŭpremoj, ekzemple per konkuro de la germana aŭ aliaj lingvoj. Kaj tiamaniere pere de ekonomiaj kaj kulturaj premoj malgrandaj nacioj parte libervole. parte pro neceso iom post iom estas superregataj de tiuj pli potencaj. Konsekvence ili perdas sian propran identecon. Diskreta sinsekva subpremado de tiuj malfortaj nacioj helpe de lingvo fariĝas kutima praktiko. Ĉu tia evoluo estas ĝusta kaj justa? Ĉu oni devas tion akceptadi? Ni montru al publiko, ke ni konas solvon kaj havas perilon, kiu estas por ĉiuj akceptebla. Tio estas Esperanto kun sia facileco, logiko, belsoneco, kaj filozofio - la lingvo neŭtrala, demokratie respektanta la tutan mondon. De sia komenco ĝi bezonis urĝe komunan interkomprenan rimedon. Dum du miljaroj al ĝi servis la latina lingvo. Ekde la II-a Vatikana Koncilio tamen post oficialigo de nacilingvoj en liturgio uzado kaj scipovo de la latina abrupte malleviĝis. Samtempe oni devas jam rekoni fakton, ke ĝi ne plu estas vaste uzebla por praktika interkomunikado. Konkluda atesto de ĉi tiu aserto estas episkopaj sinodoj, kie kunvenadas reprezentantoj de hierarĥio el diversaj nacioj. Hodiaŭ estas de oficialaj strukturoj de la katolika eklezio uzata plej ofte la itala, lingvo kiun la plejparto de la monda klerikaro ne scias. Praktike oni interkompreniĝas helpe de pli multaj lingvoj, tio estas do sistemo komplika, neunueca, plie malavantaĝa por anoj de malgrandaj nacioj. Por ni esperantistoj estas ĝojige, ke nia internacia lingvo -kvankam malrapide, sed tamen sisteme- akiras sian pozicion ankaŭ en ekleziaj rondoj. Elsendoj de Vatikana Radio havas jam sian tradicion. Esperanto estis oficiale aprobita kiel liturgia lingvo, sankta Patro Johano Paŭlo la II-a envicigis ĝin al aliaj lingvoj dum siaj famaj salutoj "Urbi et Orbi". Ĝi akiras tiel paŝeton post paŝeto simpatiojn kaj montras sian uzeblon. Ni jam el spertoj scias kia longdaŭra procedo nian movadon ankoraŭ atendas. Nia devo tamen estas senlace prezentadi ĉie kaj senĉese la unikan rimedon por komprenemo precipe sur tereno de la eklezio. Ni rememorigu ĉiam signifoplenajn vortojn de la papo Pio X-a: Esperanto havas grandan estontecon. Mi persone kredas, ke tiuj estas profetaj vortoj de elstara sanktulo kaj ĉiela patrono de nia katolika movado, kiuj iam vere efektiviĝos. Kunligo de evangelio kun nia internacia lingvo kaj situigo de ĉi tiu genia eltrovo en praktikan vivon povas alporti al la homaro eksterordinaran utilon. Dankon al ĉiuj, kiuj por tiu celo senlace kaj ofereme laboras. Ankaŭ nia IKUE-movado en kunlaborado kun KELI havas certe malantaŭ si grandan meriton malgraŭ ne tro favoraj kondiĉoj. Karaj gefratoj, nun ni rigardu almenaŭ skize ankaŭ estonten La 2-a jarmilo finiĝas kaj baldaŭ ekstartos la 3-a. Nia generacio havas en ĉi tiu momento egan respondecon, ĉar ĝi estas ĝuste tiu, kiu transiras epokan limon. La E-movadon ĝenerale atendas novaj taskoj. Kio estas farenda? Antaŭ ĉio ni devas turni nian atentemon internen. Absolute necesa estas perfektiĝo de ni mem. Ne nur la spirita, sed ankaŭ la filologia. Ni nepre devas atingi en ĉi tiu sfero profesian nivelon, sen tio ni ne povas sukcesi. Esperanto ne darfas ludi rolon nur de nia hobio, ni ne povas resti ĉiam amatoroj, sed ni devas ĉiuj fariĝi ĝiaj respondecaj portantoj kaj konsciaj propagandantoj. La movado transpaŝu sojlon de la nova jarmilo ankaŭ al pli alta kvalito. Ni bezonos instruistojn de la lingvo kun oficialaj atestoj, tio signifas, ke antaŭe necesas klerigi ilin. Granda tasko estas varbi junajn homojn. Ni montru al ili altacelon kaj belecon de nia idealo. Ekzistas ja diversaj internaciaj grupoj kaj movadoj, kiuj senutile luktas kun malfacilaĵoj rilate al komunikado, ili uzadas interpretistojn kaj perdas energion bezonan por pli gravaj streboj. Precipe gejunuloj kapablas ekkompreni signifon de neŭtrala komuna lingvo kaj emas akcepti ĝin. Bedaŭrinde tre malofte ili renkontas tiujn, kiuj scipovas transdoni al ili bezonajn ilin formojn pri ĝi. Tamen ne ĉiu metodo de la propagando estas bona kaj rekomendinda. Ĝiaj manieroj devas esti modernaj, allogaj kaj efikaj. Bone organizataj renkontiĝoj, amuzaj programoj, tendaroj, vojaĝaj agadoj, internaciaj pilgrimoj, ktp. nur montras diversecon de ebloj. Oni devas eldonadi bonajn lernolibrojn, vortarojn -eĉ fakajn- ĵurnalojn, gazetojn, prospektojn kaj librojn. Sed nun ni turnu nian atentemon speciale al nia katolika asocio. Kia vojo estas por ĝi esperplena? Tio estas certe la vojo de servo kaj ofero. Ni havas grandajn eblojn kontribui al informsistemo pri agado de la eklezio, al eldonado de gravaj dokumentoj, al pilgrimado, al misiistaj laboroj, al helpo por landoj de la tria mondo ktp. Certe vi povas oponi, ke tiu agado ne estas ebla sen financa bazo. Jes, vi pravas. Sed kion ni faris por tio, ke ni havu proprajn fontojn de ekonomia prospero? Homoj nepre devas vidi, ke esperanto vivas, ke ĝi estas uzata, ke ĝi estas tre utila, ili devas ofte renkonti nian lingvon. Ju pli ofte ili konvinkiĝos pri ĝia uzeblo, des pli rapide ĝi sukcesos. Esperanto devas enpenetri kulturon, politikon, ekonomion. Pri ĝi oni devas skribi en ĵurnaloj, paroli en radioelsendoj, en televidaj programoj. Sed ne kredu, ke iu alia krom esperantistoj faros tiun penigan laboron, tio vere dependas nur de ni. Neniu registaro, eĉ ne la eklezio apogos efike nian lingvon pli frue ol ĝi vere disvastiĝos kaj montros plene siajn avantaĝojn. Ni rigardu realisme la estontecon. Sen oferemaj. entuziasmaj kaj kleraj samideanoj oni ne povas plenumi tiajn malmodestajn taskojn. Jesuo diris: "Vi estas salo de la tero" kaj "Vi estas lumo de la mondo". Ĉu tio ne validas ankaŭ pri esperantistoj? Ni ricevis de Dio pere de nia internacia lingvo unikan rimedon, kiu povas solvi egan problemon de la homaro -lingvan Babelon- sur vere justa kaj frateca fundamento. Ni ekpaŝu en la trian jarmilon de kristana epoko kiel lumportantoj kaj protagonistoj. Ni helpu ĉiuflanke plenumi deziron de nia Sinjoro. "Por ke ĉiuj estu unu".
Jan Kalny. ĈR La prelego estìs prezentita dum la 48-a
kongreso de IKUE en Olomouc. la 11 -an de julio 1995.
È già in piena attività il Comitato organizzatore del Congresso nazionale dell'UECI che avrà luogo dal 6 al 10 settembre 1996 con il tema generale "Fedeli a Pietro". Sede confortevole dell'assise annuale degli esperantisti cattolici italiani sarà l'Istituto Filippin di Paderno del Grappa posto in amena posizione a ridosso dei Colli Asolani. Il programma in via di definizione comprenderà, oltre alla trattazione del tema congressuale ed i momenti di preghiera e di culto, un omaggio a S. Pio X. patrono degli esperantisti cattolici, nella città natale di Riese, visite a Treviso ed in altre località di interesse artistico e paesaggistico, serate di intrattenimento. È bene prevedere sin d'ora la propria partecipazione. Nel prossimo numero sarà pubblicata la scheda di iscrizione al Congresso, ma è possibile sin d'ora riservarsi un posto, in camera a un letto o a due letti, versando l'acconto di lire 50.000 (30.000 per iscrizione e 20.000 per prenotazione del soggiorno) sul CCP n° 33511106 intestato a Franca Concina. strada Lucento 73. 10151 Torino, inviandone comunicazione al medesimo indirizzo.
Sullo slancio impresso al movimento esperantista cattolico della Repubblica Ceca dal Congresso svoltosi nel luglio scorso in quello Stato, si va costituendo la sezione giovanile ceca dell'IKUE che riunisce esperantisti di età compresa tra 15 e 32 anni. Tale sezione già realizza un importante appuntamento annuale con il campeggio di Sebranice ed ora intende conquistare spazi riservati ai giovani sia sui periodici dei cattolici esperantisti che nei congressi dell'IKUE. L'attività dei giovani cattolici cechi potrebbe costituire modello per i loro coetanei italiani. Ma è compito di tutti gli esperantisti italiani favorire l'aumento dei giovani nelle loro file ed incoraggiarli ad un loro proprio impegno nel più ampio ambito dell'UECI e dell'IKUE.
* * *
L'Unione Esperantista Cattolica Italiana ha istituito un premio, dell'importo di lire 500.000. da assegnare ad un giovane italiano iscritto all'UECIoall'IKUE, di età compresa tra 18 e 30 anni, che abbia conseguito il diploma di esperanto di 3° grado. La somma sarà erogata quale contributo per la partecipazione ad un Congresso dell'IKUE o ad un Congresso esperantista ecumenico. I concorrenti aventi i requisiti richiesti devono segnalarsi al dr. Serio Boschin, via Eritrea 8. 31 100 Treviso. tel/fax 0422-25381
Esempio da imitare in tutte le province il cui Provveditore non abbia sinora adempiuto al suo dovere.
Il Centro sta attualmente preparando l'ormai tradizionale convegno che avrà luogo a Gazzada nei giorni 16 e 17 del prossimo mese di marzo.
Prosegue attivamente, da parte del Gruppo trevigiano, la preparazione del 10° Congresso dell'UECI che avrà luogo a Paderno del Grappa. |