Enhavo:
Gli esperantisti sanno che la lingua internazionale adempie alla sua funzione collegando. in una dimensione mondiale, persone accomunate da identici interessi, siano essi di natura professionale, artistica. economica o religiosa. In quest'ultimo ambito, accanto alle nostre associazioni cattoliche -quella internazionale. IKUE. e le varie sezioni nazionali- esistono le organizzazioni di evangelici, buddisti. bahai. islamici. quaccheri. seguaci di Hoomoto. L'esperanto fornisce così la sua utilità all'interno di ciascuna realtà religiosa, ma esplica pure un servizio apprezzabile allorché, in occasioni di congressi internazionali di larga e variegata partecipazione, viene usato in celebrazioni di carattere ecumenico. È noto che esistono nel mondo esperantista. così come al di fuori di esso. movimenti volti a favorire l'incontro tra gli appartenenti a religioni diverse per cercare e valorizzare tutto quanto di valido hanno in comune e, così, proporre all'umanità quei valori di cui essa ha gran bisogno. Lo stesso Zamenhof pensò ad una sorta di religione universale, che attraversasse ed andasse oltre le singole confessioni religiose. Ora è bene dire, anche in relazione a recenti iniziative in campo esperantista che propongono movimenti con un marcato riferimento alla divinità e un forte richiamo al rispetto per l'uomo, che se, da un lato, è buona cosa parlare di Dio ad una società spiritualmente impoverita, dall'altro non è sufficiente ne pienamente soddisfacente presentare un Dio nebuloso, “generico”, buono per ogni fede ed ogni orientamento culturale. Una religiosità vaga. spesso poeticamente colorata, può essere una buona introduzione alla ricerca della Verità, ma non è la Verità. Noi sappiamo che Dio. fonte d'ogni cosa. è anche l'unica fonte della conoscenza -certo, piccola e pallida sin che restiamo su questa terra- di Lui. Ed è nella sua Rivelazione che si trova la Verità. Verità che Cristo ci ha portato. perché è Lui stesso la Verità: “Io sono la Via. la Verità e la Vita” (Giov. 14. 6). E sappiamo pure che la salvezza ci viene da Cristo. dalla sua Grazia, e che non basta la nostra volontà e la conoscenza di noi stessi. La nostra testimonianza di cattolici convinti deve essere, sì di tolleranza e collaborazione. che non sconfini però in arrendevole irenismo, ma deve essere altresì affermazione convinta che Dio si e rivelato attraverso Cristo, seconda Persona della Trinità, morto e risorto. Salvatore del mondo. operante nel tempo attraverso la Chiesa della quale noi siamo membri fedeli e, per quanto limitati, annunciatori operosi.
Mario Sola
VII FAVORIRE L'ADOZIONE DELLA LINGUA Abbiamo ricordato che lo statuto dell'UECI (art. 1, lettera d) dice di promuovere l'uso della lingua internazionale Esperanto (di ciò appunto abbiamo parlato nel numero precedente di KS) e aggiunge: favorendone anche l'adozione, come semplice mezzo di intercomunicazione, indipendente ed ecumenico, adatto alla promozione umana. Ci fermiamo adesso sulla seconda frase. Chi può adottare questa lingua? Penso alle scuole, alle associazioni, ai gruppi di ogni genere e particolarmente ai gruppi missionari. Ma non è facile favorirne l'adozione. Se ne è fatta propaganda in molte scuole, particolarmente in quelle cattoliche, con lettere, pieghevoli, manifesti ed altri strumenti di informazione ma il risultalo è stato quasi sempre insoddisfacente. Tra i perché di tale risultato negativo c'è sempre quello del “già troppo carico” del programma scolastico, quello della pregiudiziale convinzione dell'inutilità dell'esperanto in ordine alle prospettive di un impiego di lavoro. E questo nonostante che si sia dimostralo che lo studio dell'esperanto, anche fatto nelle scuole elementari quasi come un gioco, faciliti poi molto l'apprendimento della lingua o delle lingue straniere. Abbiamo tra mano anche il documento del Ministero della Pubblica Istruzione con la relazione finale, datala 22 dicembre 1993, del lavoro svolto dalla "Commissione sulla lingua internazionale detta Esperanto", istituita dal Ministro Jervolino, che ha operato dal 29 aprile al dicembre 1993. In tale relazione -di cui auspico la pubblicazione su Katolika Sento affinché sia dato a tutti di poterla conoscere- si afferma la necessità di introdurre nella nostra scuola l'insegnamento di una lingua straniera non etnica, ma autenticamente internazionale (cioè, appunto, l'Esperanto). In essa, oltre le preziose documentazioni dei relativi progetti presentati fin dal 1920 alla “Società delle Nazioni” e poi all'O.N.U. per promuovere l'insegnamento dell'esperanto, con le difficoltà "politiche” incontrate, vengono anche ricordati molti esempi di positivi esperimenti attuati in molte parli del mondo e anche in Italia (ad esempio Cesena, Cagliari. Chiavari mostrandone i risultati. Vi si cita, per I Italia, anche la relazione di E. Formaggio. Nelle conclusioni si rilevano i valori dell'introduzione dell'Esperanto per l'educazione e la costruzione della pace, per la salvaguardia delle diversità linguistiche, per le relazioni transnazionali, culturali e commerciali, per l'apprendimento delle lingue straniere, e nelle proposte si parla dell'Esperanto come fine, cioè come lingua di comunicazione autenticamente internazionale, e come mezzo, cioè come strumento glottodidattico. Suggerisce poi punti particolari per l'attuazione pratica. Anche da prima dei lavori di questa Commissione -della cui relazione ora non sappiamo lo stato di attuazione- nelle scuole c'è giuridicamente in Italia la possibilità dell'insegnamento facoltativo dell'Esperanto, ma in realtà se Direttori didattici e Presidi non ne sono convinti, non c'è nulla da fare. E continuano a prevalere i soliti pregiudizi. Ci sono comunque esempi di scuole di diverso grado che svolgono questa attività promozionale e molte persone che si sono impegnate a prendere contatti con le Autorità scolastiche delle loro città e province, per promuovere questa adozione. Di fatto la propaganda accennata sopra (circolari, pieghevoli, manifesti e quant'altro di simile) lascia il tempo che trova, mentre è il contatto personale -rispettoso, discreto ed amico- che supera le difficoltà, smonta i pregiudizi e mostra positivamente i valori, le finalità e l'utilità stessa dell'Esperanto. Potrei ricordare quanto abbiamo ascoltato durante il convegno dello scorso settembre ad Armeno. Abbiamo sentito infatti dal dr. Boschin e dal prof. Pellizzari dei loro contatti con Scuole, Istituti, Docenti, Seminari nel Veneto. Così pure abbiamo sentito del lavoro svolto dal prof. Bourlot nella scuola “Salvemini” di Torino, nella quale durante il normale orario scolastico si svolge un corso di esperanto ufficialmente riconosciuto, e dei suoi contatti personali col Distretto Scolastico di Legnano. Non pochi hanno potuto vedere negli scorsi anni la mostra “Apriamo le finestre sul mondo” che ha avuto sede in molte città e paesi (Pisa, Modena, Milano, Monza, Cesano Maderno, ecc). Essa ha mostrato visibilmente e sensibilmente il valore e l'efficacia di conoscenza, scambi, iniziative, incontri tra scuole di diverse nazioni tramite l'Esperanto. Non posso dimenticare anche libri che partono dal gioco. Così quello di Elisabetta Villisics Formaggio "Ludu kun ni!", che è appunto un corso di propedeutica linguistica per bambini. Quanto detto per le scuole vale, a livelli diversi, anche per le associazioni e i gruppi sopraccennati. Basta che si capisca che la lingua Esperanto è innanzitutto “un semplice mezzo di intercomunicazione”. Il successo degli esperimenti di scuole o classi che si sono anche "gemellate" per mezzo dell'Esperanto (con scuole e classi di altre nazioni, di lingua e cultura diverse, ha mostrato quanto questi scambi di corrispondenze, di iniziative, di programmi, di lavori giovino allo sviluppo, oggi quanto mai necessario, del senso dì internazionalità e di una mentalità aperta, premesse necessarie per la intercomprensione tra gli uomini di lutto il mondo. Ho accennato particolarmente ai “gruppi missionari”. Proprio per il fatto che siamo “esperantisti cattolici”. Non sono pochi i gruppi -nelle parrocchie, negli oratori, negli istituti- che si impegnano per le Missioni e per lo sviluppo del “Terzo Mondo”. Spesso hanno rapporto con missionari di loro conoscenza e scambiano con essi notizie e domande, desiderando anche di comunicare coi cristiani -e non- dei loro villaggi e con coloro che frequentano le loro residenze missionarie, i laboratori. le scuole, gli ospedali e perfino i lebbrosari annessi alle missioni, anche per riuscire a organizzare qualche aiuto concreto. In ogni parte del mondo ci sono gruppi che conoscono l'Esperanto. Elenchi in proposito si trovano sulle pubblicazioni dell'Universala Esperanto-Asocio e anche sulla nostra rivista internazionale “Espero Katolika”. Mandando le nostre lettere ai missionari ponemmo aggiungere allora anche i nostri messaggi in Esperanto, rendendo possibile uno scambio diretto. Pensate che ciò sia poca cosa per aiutare tra tutti i cristiani del mondo il senso di comunione e dì fraternità, come membri dell'unica Chiesa? Potrei ricordare l'utilità missionaria pratica di Padre Andreoni. missionario in Thailandia, che nello scorso anno ha realizzato con l'Esperanto un 'autentica tournée missionaria in Australia. Questo mezzo dì intercomunicazione è "indipendente ed ecumenico, adatto alla promozione umana". Non è infatti la lingua dei “colonizzatori” -vecchi e nuovi-, non è una lingua “dominante” che inevitabilmente riduce ogni altra lingua a situazione di dialetto e di inferiorità. Èveramente ecumenico: vale infatti per tutte le nazioni e per tutte le culture, per tutto il mondo, per tutte le latitudini, per tutti i popoli anche di lingue assai diverse. Tutti gli uomini hanno diritto all'intercomunicazione.
Mons. Lorenzo Longoni
PREĜO AL LA MADONO DE LORETO
Ciò che abbiamo detto ci aiuta a vedere più chiaramente quale potrebbe essere la funzione dei grandi Santuari, particolarmente quello di Loreto, nel nuovo contesto religioso di oggi: non luoghi del marginale e dell'accessorio ma, al contrario, luoghi dell'essenziale, luoghi, dove si va per ottenere «la grazia», prima ancora che «le grazie». Oggi è necessario, per rispondere alle nuove sfide della secolarizzazione, che i Santuari siano luoghi di evangelizzazione, vere e proprie cittadelle della fede, nel senso globale che questa parola aveva sulla bocca di Gesù quando diceva: «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). «Si potrebbe forse parlare - scrivevo sempre nella Redemptoris Mater- di una specifica «geografia» della fede e della pietà mariana, che comprende tutti questi luoghi di particolare pellegrinaggio del popolo di Dio» (n. 28). È noto il ruolo determinante che svolsero nella prima evangelizzazione dell'Europa alcuni grandi monasteri, quali centri di spiritualità e veri campi-base nel cammino della fede. I grandi Santuari - divenuti oggi, anche grazie all'accresciuta mobilità umana, luoghi di più grande concorso di popolo - sono chiamati ad assolvere una funzione analoga, in vista della nuova ondata di evangelizzazione, di cui avvertiamo tanto urgente il bisogno per l'Europa e per il mondo. Occorre l'opera sapiente e zelante delle persone poste a servizio dei Santuari e di quelle che accompagnano spiritualmente i pellegrini. Per questo non si raccomanda mai abbastanza la necessità di una adeguata pastorale, aperta alle grandi sfide del mondo o ai segni dei tempi, ispirata alle direttive conciliari e del magistero più recente della Chiesa, soprattutto per quanto riguarda l'efficace amministrazione dei sacramenti o la centralità della Parola di Dio. Quante persone si sono recate ad un Santuario per curiosità, come visitatori, e sono tornate alle loro case trasformate e rinnovate, porche vi hanno ascoltato una parola che le ha illuminate! Vale in modo tutto particolare per i Santuari ciò che Dio dice per mezzo del profeta: «Il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli» (Is 56,7). L'efficacia dei Santuari si misurerà sempre più dalla capacità che essi avranno di rispondere al bisogno crescente che l'uomo sperimenta, nel ritmo frenetico della vita moderna, di un contatto silenzioso e raccolto con Dio e con se stesso. Quale grazia poter fare questo proprio presso la Santa Casa di Nazareth, dove Maria e lo stesso Gesù dedicarono gran parte del loro tempo alla preghiera silenziosa e nascosta. Mi auguro, dunque, che si avveri sempre più quanto ebbi a dire nell'occasione già ricordata: «A Loreto folle innumerevoli, ogni giorno e da tutto il mondo, si accostano al Sacramento della Confessione e dell'Eucaristia e molti si convertono dall'incredulità alla fede, dal peccato alla grazia, dalla tiepidezza e dalla superficialità al fervore spirituale ed all'impegno della testimonianza. Loreto è una sosta di pace per l'anima; è un incontro particolare con Dio; è un rifugio per chi cerca la Verità e il senso della propria vita» (Angelus dell'8 dicembre 1987).
Tion ĉi rakontis fonto nesuspektebla, nome ĉefrabeno de Jerusalemo, Meir Lau, okaze de sia renkonto kun Papo Johano II. La epizodo, kiun neniu konis antaŭe, malkaŝas personan menslarĝecon kaj donas doktrinajn sugestojn... Dum la lasta monda milito du junaj polaj geedzoj sukcesis altrudi inter la brakojn de iu sinjorino sian infaneton dirante klare en la agitiĝo de la tragedia momento: “Se ni ne revenos plu, memoru ke tiu ĉi estas hebreo... ke li ne forgesu tion!” Sinjorino Jakowiezowa -daŭrigas rakonti la ĉefrabeno- multe korinklinadis al tiu neatendita infano kaj kiam ŝi eksciis ke liaj gepatroj estis mortintaj en la koncentrejo de Auschwitz en Pollando, ŝi decidis kun sia edzo adopti lin laŭleĝe. Dume la infano okjariĝis kaj la adoptaj gepatroj, estante katolikoj, prezentis lin ĉe la parokejo de Krakovo por ke la pastro zorgu la bezonatan preparon cele de bapto laŭ la kredo de la nova familio. La juna sacerdoto, estimata kiel inteligenta kaj aperta persono, mirinte ke la gepatroj estis tiom prokrastintaj tian religian taskon, insiste petis ke la patrino rakontu la kaŝitan historion de la knabo kaj la sinjorino devis sciigi ke tiu infano estis naskiĝinta en hebrea familio. La sacerdoto demandis: “Ĉu vi konas la lastan deziron de la gepatroj pri ilia infano?” “Jes. La patrino de la infano al mi diris: Se ni ne reiros plu, konigu ke li estas hebrea kaj ke li klopodu ĉiumaniere reveni en la Israelan hejmon”. “En tiu ĉi kazo ni ne povas lin bapti -konkludis la pastro- ni devas respekti la gepatran volon”. La ĉefrabeno konkludis sian rakonton jene: “Tiu okjaraĝa knabo estis mi, kaj la juna pola sacerdoto nomiĝas Karlo Wojtila, Johano Paŭlo la Dua”.
Armando Zecchin
Kardinalo Ersilio Tonini, emerita episkopo de Ravenna, krom konata kaj estimata predikanto estas aprezata komentisto ĉe ĵurnaloj kaj televido. Pier Giorgio Liverani faris al li intervjuon kiun ni eltiris el “Sì alla Vita”, monata revuo de la itala "Movimento per la Vita". ESTI DONACO
Kion signifas por kristano, Eminenca Moŝto, esti
donaco?
Do, Eminenco, esti filo, esti donaco kaj filo samtempe
kion aparte signifas?
Kion interŝanĝi?
Ĉi tio en nia homa mondo, ĉar ni estas
mortemaj. Sed esti donaco de Dio?
Al ĉi tio malmultaj pensas. Kial, Eminenco, en la
nuntempa socio, kaj foje ankaŭ en la Eklezio, oni
estas pri tio malmulte konvinkita? Malmulte konvinkitaj ke
ĉiu filo estas donaco. Kial?
Simpla forgeso?
La Eklezio ilin nomas Laŭdoj.
(Traduko de M. S.)
La proposta di “metodi naturali” non è
soltanto una questione di teologia morale cattolica, ma e
ancor prima una questione di etica naturale e di scelta per
la civiltà. Mons. Elio Sgreccia, del Comitato di
Presidenza del Pontificio Consiglio della Famiglia, nella
conferenza stampa per la presentazione dell'opera, ha a
questo proposito rilevato come i "metodi naturali" sono
"proposti e praticati in vari contesti culturali, anche non
cristiani, come nella cultura indù, nelle culture
influenzate dalle religioni naturaliste, nella società
islamica” (fine della citazione!). a) Il rispetto della ritmicità naturale della fertilità umana. La fertilità umana è ritmica e ciò è in rapporto alla fertilità della donna. Conoscere questa ritmicità, rispettarla, valorizzarla. “per cercare come per distanziare i concepimenti” (annota il documento) è adeguarsi ad un disegno profondo che è scritto nel corpo, ma implica la responsabilità della persona e il suo bene totale; b) L'ecologia biologica della persona umana.
L'insegnamento prodotto dalla contraccezione di ogni
tipo in questi trenta anni, con ogni sorta di sostanze
chimiche e di strumenti talora devastanti e gli effetti
secondari dovuti alla contraccezione, alla sterilizzazione.
all'aborto sono documentati e documentabili. Ma la ragione
che chiede questo rispetto della fisiologia naturale e
ancor più profonda della considerazione dei danni e
degli effetti avversi della contraccezione: si tratta di
raggiungere l'armonia tra la natura e la persona, tra le
ragioni della corporeità e quelle della
responsabilità. c) Il principio di comunione sponsale.
È' un'esperienza convalidata, ed è nella
logica dei metodi di regolazione naturale della
fertilità, il fatto di favorire l'intesa
interpersonale degli sposi per prendere coscienza,
rispettare la ritmicità della fertilità e quindi
l'amore responsabile, così fondamentale per la
comunione sponsale e per la procreazione dei figli.
d) La morale cattolica esprime su questo punto la sua
proposta positiva. Positiva. in questo caso. significa che
la morale cattolica non si limita a dire "no" alla
contraccezione, che manipola la procreazione ed è
contraria al progetto di Dio. Quest'ultimo viene
espresso nella costituzione e nella struttura profonda
dell'unione degli sposi, come "comunione totale plenaria",
"unitiva e procreativa".
Il momento deliberativo. La coscienza degli sposi.
illuminata dalla fede, prende la decisione se ricercare una
nuova vita. La coscienza si confronta con Dio. con le
condizioni fisiche e psicologiche degli stessi sposi. con
le condizioni di carattere educativo e sociale (il
documento riporta qui passi dalla "Humanae Vitae". il
numero 10 ).
II momento esecutivo. È quello della
scelta dei metodi naturali e chimici. La morale cattolica
esige che i coniugi pratichino la astensione dai rapporti
coniugali nei periodi fertili. Rimane aperta la
possibilità di esprimere l'amore coniugale. nella
pienezza del dono di sé, senza manipolazione, nei
periodi fertili. L'“Humanae Vitae” così si
esprime:
Nello stesso tempo. come detto, l'assunzione di questa
visione e dei metodi naturali, aiuta a costruire una nuova
mentalità e una cultura di rispetto della persona del
coniuge.
― continua ―
LORETO / GROTTAMMARE 8-1 2 SETTEMBRE
1995 Tema: La Lettera Enciclica "Redemptoris Mater" di Giovanni Paolo II Sede del Congresso: OASI S. MARIA DEI MONTI - Grottammare (Ascoli Piceno) Il programma di massima è il seguente. Arrivo a Loreto il mattino di venerdì 8 settembre. Celebrazione della S. Messa nel Santuario e visita di esso; dopo il pranzo seguiranno tempi di meditazione e preghiera. Partenza in autopullman e arrivo a Grottammare in serata. Inaugurazione ufficiale il mattino di sabato 9 e visita a S. Benedetto del Tronto nel pomeriggio. Lunedì 11, escursione-pellegrinaggio con meta ai santuari di Lanciano e Manoppello, visita di Ascoli Piceno e omaggio alla tomba di P. Albino Ciccanti. Si prevede di organizzare un soggiorno-vacanza a Rimini nei giorni precedenti l'inizio del Congresso e di effettuare poi il trasferimento in pullman a Loreto il mattino del giorno 8. Quote di partecipazioneAdesione entro il 30 aprile: £. 240.000 in camera singola, £ 220.000 in camera doppia; entro il 30 giugno: £. 260.000 in camera singola, £. 240.000 nella doppia: dal 1° luglio: £. 280.000 nella singola, £. 260.000 nella doppia. Per i giovani che non superano i 25 anni si applica una riduzione di lire 30.000. Le quote comprendono 1'iscrizione, le pubblicazioni, la partecipazione al programma (esclusi i viaggi ed i trasferimenti), vitto ed alloggio dalla cena del giorno 8 al pranzo del 12 settembre. La quota (o l'acconto di £. 50.000) va versata sul c/c postale n° 33511106 intestato a Franca Concina, strada Lucento 73, 10151 Torino oppure pagata alla stessa con vaglia postale specificando la causale; la scheda di adesione pubblicata a fianco è da spedirsi al medesimo indirizzo.
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