Enhavo:




UN CAMMINO LUNGO 25 ANNI

CONGREGATIO DE CULTU DIVINO
ET DISCIPLINA SACRAMENTORUM
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      Prot. CO 149/90
NORME
per la celebrazione della Messa in esperanto


      In base alla vigente legislazione sulle lingue liturgiche, espressa nella Lettera circolare "Decem iam annos" del 5 giugno 1976, la lingua esperanto non presenta di per sé i requisiti per poter essere considerata lingua liturgica ed essere usata ordinariamente nelle celebrazioni liturgiche, in quanto non è lingua parlata dal popolo.
      Tuttavia, considerate le motivazioni soprattutto di ordine pastorale, addotte dalla Commissione liturgica esperantista, presieduta da S. E. Mons. Wladislaw Miziolek, Vescovo Ausiliare di Warszawa, e dall'Unione Internazionale Cattolica Esperantista (I.K.U.E.), presieduta dal Sac. Duilio Magnani, che hanno richiesto di poter usare questa lingua nelle celebrazioni eucaristiche che si svolgono nei loro Congressi internazionali e nazionali, questo Dicastero stabilisce l'aggiornamento delle "Nome per la celebrazione della Messa in esperanto", rese note il 23 marzo 1981, nel modo seguente :
      1) È necessario che i testi liturgici in esperanto siano confermati dalla Santa Sede prima del loro uso.
      2) La concessione dell'uso dell'esperanto è limitata alla celebrazione:
            a)della S. Messa o di una liturgia della Parola, esclusa la celebrazione dei Sacramenti e degli altri riti liturgici,
            b) in occasione di Congressi esperantisti Internazionali, plurinazionali o nazionali;
            c) la concessione dovrà riguardare i soli congressisti. Non potrà quindi sostituire, ad es., le Messe ad orario delle parrocchie o delle altre comunità dei fedeli.
      3)La celebrazione in esperanto sarà fatta previa informazione dell'Ordinario del luogo, in cui essa si dovrà svolgere.

Dalla Sede della Congregazione, 20 marzo 1990.
(Eduardo Card. Martinez)
Prefetto
     
     
(+Lajos Kada)
Arciv. tit. di Tibica



      Ci riserviamo in altra sede e in altro momento descrivere abbastanza dettagliatamente il lungo e difficile cammino per giungere a questo DECRETO. Cammino come sempre cosparso di gioie e soddisfazioni, ed anche di delusioni e grandi amarezze. Tuttavia, un cammino sempre alla luce del sole, con determinatezza e costanza. Sincerità, comprensione e pazienza perché il frutto potesse maturare in seno alla Chiesa per Cena Santa del Popolo di Dio.
      Possiamo dividere il lungo periodo di tempo (1965-1990) in due grandi momenti: il primo che chiamiamo PERIODO DI PROVA (1965) ed il secondo che chiamiamo PERIODO DI GESTAZIONE .

INIZIO
In NOTITIAE n. 121/122 di Agosto/Sett. 1976, Bollettino della S. Congregazione dei Sacramenti e del Culto Divino che dal 1989 prenderà il nome di Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti, troviamo scritto: «La prima richiesta per l'uso dell'esperanto venne inoltrata al 'Consilium' (Organismo vaticano per l'applicazione della COSTITUZIONE SULLA SACRA LITURGIA del Concilio Vat. II, n.d.r.) nell'agosto 1965, da parte dell'Unione Esperantisti Cattolici Italiani. Dal Consilium fu data la concessione «ad exsperimentum» solo per un'occasione particolare e unicamente per i testi della XIV Domenica dopo Pentecoste».
      Il primo documento ufficiale nelle nostre mani e la lettera del Consilium a P. Giacinto Jacobitti in data 26 Aprile 1966 (Prot.n. 1212/66) che recita testualmente: "Reverendissimo Padre, ho il piacere di comunicarle che il Santo Padre (Paolo VI, n.d.r.), nell'Udienza del 21 Aprile 1966 ha concesso che l'Unione Esperantisti Cattolici, in occasione di adunanze, convegni e congressi, possa usare l'Esperanto nelle Letture e nelle Preghiere dei Fedeli della Messa».
Lo stesso documento stabilisce anche che S.E. Mons. Eduard Macheiner presenti al Consilium i testi in esperanto per la loro approvazione. Ovviamente il fervoroso interessamento di Padre Jacobitti ha fatto si che fossero approvati i testi sia dell'Ordinario e del Canone romano (Prot. n. 4 232/68 del 16/7/68), il proprio delle Domeniche e delle Feste e Solennità, sia quello di alcune Messe votive e di alcuni Santi.

L'ESPERANTA MISALO
      Venuto a mancare S.E. Mons. Macheiner, la S. Congregazione con letteradel27/11/1973incaricaS.E. Mons. Alfredo Pichler, Vescovo di Banja Luka (YU) come revisore dei testi in esperanto per la composizione del MESSALE DOMENICALE secondo l'edizione tascabile apparsa proprio in questi giorni a firma di S.E. Mons. Bugnini, il Segretario del Consilium stesso. Ovviamente è sempre P. Jacobitti il regista di tutto. I lavori vengono accelerati perché si spera di poter presentare l'ESPERANTA MISALO durante il Congresso dell'IKU a Roma per l'Anno Santo 1975. Ma il lavoro dì revisione di tutti i testi, ribatterli a macchina, ciclostilarli ecc. per una sola persona, sia attiva e capace come un Padre Jacobitti, richiede più tempo di quanto previsto, e quando S.E, Mons. Pichler spedisce alla S. Congregazione esemplari dell'ESPERANTA MISALO è troppo tardi...
      Era il 18 Febbraio 1977. Circa anno prima la Congregazione aveva chiuso il periodo «ad exsperimentum» per l'applicazione delle lingue volgari ed aveva emanato nuove norme per il riordino di tutta la materia.

DECEM IAM ANNOS
GIÀ DA DIECI ANNI...
      La S. Congregazione applicando le nuove norme contenute nella Lettera Circolare indirizzata ai Presidenti delle Conferenze Episcopali per l'introduzione delle lingue proprie nella S. Liturgia (Decem iam annos del 5/06/1976, Prot. CD 691/76), non approva l'ESPERANTA MISALO e vengono richiamati all'ordine quanti, compreso Vescovi, celebrano ancora in esperanto.
      Il metro di misura, è errato, a giudizio dell'IKUE che si batte con tutte le proprie forze, perché si applica ad una lingua internazionale quanto la Circolare fissa per le lingue nazionali.
      La sentenza espressa in NOTITIAE sopra citato sembrava definitiva: «Le concessioni della Santa Sede sono state sempre occasionali e ad exsperimentum. Dopo la pubblicazione di questa Circolare, è chiara l'impossibilità che questa lingua possa essere introdotta nella Liturgia». Invece, dietro paziente lavoro di chiarificazione e di confronto, di proteste e di petizioni, arriva uno spiraglio di luce: «...la S. Congregazione dei Sacramenti sta riesaminando il problema...». È il card. Villot, allora Segretario di Stato di Sua Santità Paolo VI, che così risponde al presidente dell'IKUE con lettera del 9/08/77.
      C'è stato anche un tentativo di dirottamento, e cioè di rivolgersi al Presidente delle Conferenze Episcopali Europee, ma l'IKUE ha puntato sul Papa ed è stata la carta vincente. Con Papa Wojtyla le cose migliorano tanto che NOTITIAE del Luglio-Settembre 1979 arriva a scrivere, smentendo se stessa: «L'ultima novità linguistica è l'Esperanto confermato dalla Santa Sede entro certi limiti e a certe condizioni, nonostante il fatto che sia una lingua artificiale, e quindi non appartenga a nessuna famiglia linguistica, e non sia parlata da nessun gruppo umano costituito. Si tratta di un caso particolare che esula da ogni schema».

LA COMMISSIONE LITURGICA ESPERANTISTA
      Gradualmente le cose migliorano, si concedono autorizzazioni annuali a celebrare in esperanto nei Congressi e si arriva a chiedere la costituzione di una Commissione Esperantista Liturgica per la traduzione dei testi con a capo S.E. Mons. W. Miziolek, Vescovo ausiliare di Varsavia (23/03/1981, prot. CD 5/81). Dietro consiglio del nostro 'esperto' della stessa Congregazione, la Commissione Liturgica Esperantista propone alla S. Congregazione l'approvazione del MESSALE- PARVU'M (mini messale tutto e solo in latino) preso dall'edizione stessa presentata a suo tempo da Mons. Pichler e questo in attesa di rivedere tutti i testi del Messale Festivo.
      Ma la traduzione del MESSALE PARVUM non è concessa né per le lingue nazionali né per l'esperanto. È in latino e rimane in latino. La Commissione allora decide di presentare subito la traduzione del Canone e delle quattro Preghiere Eucaristiche, cosa che è avvenuta il 26/10/85. Le Letture ed il Proprio dei giorni festivi e delle solennità di precetto furono presentate solo il 15/8/88. La delusione è grande perché, nonostante il benestare delle due Congregazioni, quella del Culto Divino e quella della Fede, l'Ordinario della Messa non arriva mai alla firma del Santo Padre. C'è un chiaro palleggio di responsabilità. Gli incaricati della Congregazione a seguire il nostro dossier si avvicendano e si sostituiscono spesso.
      Occorre spiegare e rispiegare, riprendere i documenti in mano, riconvincere e ripersuadere i nuovi arrivati, attendere con pazienza e subire altre revoche e limitazioni. Solo dopo la venuta a Roma (Febbraio 1990) del Presidente della Commissione Liturgica Esperantista S.E. Mons. Miziolek la situazione sembra sbloccarsi come per incanto.
      E così per caso veniamo a sapere, ma solo nel Settembre 1990, che le NORME erano già state fissate fin dal 20 Marzo l990 (Prot.CD 149 90) mentre il Decreto verrà firmato solo l'8 Novembre 1990.

DOPO IL RUBICONE
      I1 dado è stato tratto, il Rubicone è stato passato, l'esperanto fa parte delle lingue Liturgiche anche se con non poche e non lievi limitazioni. Per questo abbiamo detto all'inizio che il concepimento è avvenuto ed ora rimane ancora un ... speriamo non lungo periodo di gestazione, perché l'esperanto sia partorito a tutto il Popolo di Dio e per tutte le sue relazioni liturgiche ed extra liturgiche.
      Un sogno? Un'utopia? ... Ma sono proprio le utopie che realizzandosi col tempo fanno progredire il mondo e la Chiesa.
      Ad ogni modo la Chiesa col Decreto sull'esperanto nella Litugia inaugurato, ufficialmente anche se un po' in sordina, un modo nuvo di intercomprensione possibile fra fedeli di lingua diversa nel pieno rispetto delle singole lingue e culture. E questo è un segno profetico anche per il mondo.

RINGRAZIAMO...
      Il nostro GRAZIE riconoscente abbraccia tutti, quanti hanno fatto poco e quanti hanno fatto molto, ognuno secondo le sue possibilità e capacità. Non facciamo nomi perché ognuno sa. Ma non posso non sollecitare il Vostro GRAZIE al Santo Padre al quale ho fatto avere il mio personale e quello dell'IKUE con queste parole «Il mio cuore di Sacerdote prima e di esperantista poi trabocca di gioia e di riconoscenza. Lo Spirito Santo datore di ogni carisma per l'utilità comune (1 Cor. 12,7), e quindi anche per la promozione della famiglia umana oltre che per l'edificazione della Comunità Ecclesiale, ha posto il Suo sigillo scegliendo a tale scopo, al termine di un cammino difficile durato ben 25 anni, la Sua persona. La Santità Vostra ha giustamente «esaminato tutto e ritenuto ciò che è valido» (1 Tess. 5,21).
Ora non possiamo dormire sugli allori. Altre mete ci attendono per il bene della Chiesa e dell'umanità.

D.D.M.

ESPERANTISMO CATTOLICO, DOVE?
Se desiderate entrare in contatto con Movimento Cattolico Esperantista potete scrivere a:
UNIONE ESPERANTISTA CATTOLICA ITALIANA
Via Carlo Zavagli, 73 - 47037 RIMINI (FO) - Tel. 0541-26447 - Vi invieremo materiale informativo.




BONFARO - CARITAS

KOMUNA KARESMA BONFARO

ADOTTIAMO UN SEMINARISTA ...

      Già nel numero 3-4/90 di KATOLIKA SENTO abbiamo scritto di lui ed abbiamo pubblicalo la sua foto. Purtroppo non sembra essere arrivato alcun dollaro per regalargli una radio onde potersi ascoltare le trasmissioni in esperanto di Radio Vaticana. Quando le partenze sono lente significa che ... il treno è molto carico! Ci speriamo.
      Il giovane studente di Teologia al Seminario «Giovanni Paolo II» di Lomé (TOGO), AGBOVI VINCENT-IRENEE, ha scritto nel frattempo diverse lettere nelle quali fa presente la sua situazione finanziaria familiare che tutti possiamo ben immaginare:
      «... Nun mi volas demandi vin ion. Vi mem scias kiel estas tre dura la vivo de studento en porpastra seminariejo. Mia familio estas tre malriĉa kaj ĝi havas seriozajn problemojn por prokuri al mi la necesaĵojn. Tiel estas malfacile por mi aĉeti librojn kaj aliajn aferojn por mia studado. Ili estas libroj necesaj kaj gravaj por mia intelekta, spirita kaj humana eduko. Tial, kara Pastro, mi kuras al vi por demandi vian helpo-protekton. Mi bezonas helpon por fini perfekte mian studadon en la porpastra seminariejo. Bonvolu helpi min aŭ serĉu al mi iun alian helpanton kaj bonfaranton. Baldaŭ mi ricevos «Lektoraton», la duan etapon de mia ŝtuparo al Sacerdotiĝo ... Kara Patro-amiko, mi esperas ke Dio metu vin sur mia vojo por ke vi helpu al mi per viaj konsiloj. preĝoj ... sed ankaŭ finance».
      In una lettera precedente scriveva: «... mi donas al vi kelkajn detalojn pri nia situacio en la porpastra Seminariejo. Ni dormas en 4, 5, 6, 7 litaj ĉambroj. Ne estas bona biblioteko, nek seriozaj kaj gravaj libroj por nia spirita, humana kaj psikologia eduko. Se la seminarianoj malsaniĝas, ili mem devas aĉeti la medikamentojn, sed multaj ne havas monrimedojn».
      Abbiamo già adottato lo studente SALDARRIAGA LUIS FELIPPE de Medellin (Colombia) al quale assicuriamo 400 dollari americani all'anno. Egli continua e con successo. I poveri sanno fare tesoro di tutto! Si tiene sempre in contatto con noi, manda gli attestati universitari come prova e vi ringrazia, sempre di cuore.
      Ma, cosa c'impedisce di adottare anche questo SEMINARISTA AFRICANO, nostro samideano? Il denaro? ... Ma il nostro DENARO IN SOVRAPPIÙ è dei POVERI. Si «ruba» ai poveri se noi lo consumiamo senza bisogno!...
      La mia Parrocchia è pronta a fare la sua parte. Durante la QUARESIMA, come sempre, si distribuiranno salvadanai di carta perché ogni famiglia vi ponga il risparmio quaresimale per fare assieme questa bella OPERA DI CARITÀ verso il nostro AGBOVI VINCENT-IRENEE. È già prossimo al Sacerdozio e ... chissà che non possa domani venire a conoscerci di persona, a dare una sua testimonianza cristiana ed esperantista nelle nostre parrocchie, cari confratelli esperantisti, e nei nostri UECI-grupoj! Tutto è possibile ... perché l'unione fa la forza!
D.D.M.



Il problema linguistico nella Chiesa alla luce dei nuovi sviluppi in Europa

Pubblichiamo un ampio studio sul problema linguistico nella Chiesa, preparato dal dottor Jiri Laube, esperantista cecoslovacco, e da questi inviato alla sua Conferenza episcopale nazionale. Riteniamo le osservazioni del dottor Laube attuali e importanti anche per noi, per questo offriamo in lettura il suo testo tradotto in italiano.

      Tutti gli uomini di buona volontà hanno accolto con calore la notizia, data dal Santo Padre a Velehrad (Moravia) il 22 aprile 1990, di voler convocare un Sinodo dei Vescovi sul tema della situazione attuale in Europa. È un segno che egli abbia desiderato annunciare questo avvenimento proprio a Velehrad, nel luogo reso santo dall'azione dei copatroni di Europa, i santi Cirillo e Metodio.
      Sentiamo tutti di essere alle soglie di un'epoca nuovissima, e ringraziamo Dio di poter partecipare a nuovi eventi storici, a una serie di miracoli, come riconobbe il presidente Havel dando il benvenuto al Papa in Cecoslovacchia il 21 aprile 1990.
      Ma constatiamo anche dei pericoli. Secondo il consiglio di San Benedetto: Prega e lavora, o, come si dice in ceco: aiutati che Dio ti aiuta, dobbiamo rivolgerci a Dio e contemporaneamente dobbiamo fare tutto ciò che ci permettono le nostre forze.
      Come «in principio era il Verbo, e tutto fu fatto da Esso», così anche nelle azioni umane di solito vi sono all'inizio parole. È detto che la «parola», ossia la capacità di parlare, unisce gli uomini, ma che le lingue li dividono. Come le frontiere non devono dividere, ma rappresentare luoghi di contatto fra le nazioni, così pure la lingua dovrebbe essere un elemento di unione, e non di divisione.
      Ho preparato il presente breve studio e sarei davvero felice se in qualche forma esso possa servire come contributo al lavoro dei Vescovi. Prima di descrivere il tema citato nel titolo, desidero, nella maniera più concisa, dare informazioni sulla soluzione del problema linguistico in altri settori, ossia nei settori:
I. politico,
II. cultura generale,
III. di categoria.

I. Aspetti politici
del problema linguistico

      Via via che nel passato cessava l'uso del latino nei contatti internazionali e di settore, le lingue delle singole nazioni, in primo luogo quelle delle nazioni più potenti, diventavano oggetto e strumento di politica.
      Ben conosciuti sono i tentativi di germanizzazione compiuti da Giuseppe II, e molto più ricordati, quelli durante l'occupazione nazista. Si può notare come il problema linguistico vada a braccetto con ogni tipo di impero armato, economico e politico. L'Atto finale di Helsinki considera lo squilibrio e disuguaglianza linguistica come uno che dei gravi fattori che turbano la pace. L'Atto finale dedica a questo problema una notevole attenzione e propone di mettere a disposi/ione aiuti alle lingue e culture delle nazioni «minori».
      Si evidenzia, e i sociologi lo attestano spesso, che un moderato patriottismo rappresenta un pezzo della vita della società, ovviamente mantenendo il rispetto degli altri. Questo è stato anche
lo slogan della giornata mondiale della pace 1989: Per costruire la pace, rispetta le minoranze.
      Il predominio delle lingue delle nazioni più potenti, per quanto in alcuni casi porta un vantaggio pratico nelle regioni interessate, è sempre fonte di scontentezza, proteste e qualche volta anche di violenza e odio. È qualcosa di simile alla differenza di possesso e di economia nella società.
Esempi pratici di questa osservazione si possono avere nei disordini in Jugoslavia, Irlanda, Unione Sovietica come pure in Gran Bretagna, India e in fin dei conti anche nelle discussioni tra cechi e slovacchi nel nostro paese.

II. Il settore culturale

      Il già citato Atto finale di Helsinki si occupa in maniera relativamente vasta delle influenze degli squilibri culturali e linguistici sulla pace e armonia in Europa. Si tratta principalmente della posizione dei diversi diritti dei valori culturali delle nazioni più piccole, difficile penetrazione di manifestazioni culturali sulla scena mondiale. Ricordiamo soltanto che anche nelle nazioni più piccole appaiono opere notevoli, ma non disponendo di sostegno economico, esse non raggiungono una diffusione mondiale uguale a quella dei opere simili di paesi più grandi. Per essere brevi, basti solo questo esempio: il poeta ungherese Petòfi è ritenuto allo stesso livello del tedesco Schiller, ma la loro importanza nel mondo è diversa, proprio per la differenza delle loro nazioni di origine. Uguale la situazione anche dei nostri scrittori, compositori e di altri creatori di valori culturali.
      L'appello dell'Atto finale - sostenere lo studio delle lingue «minori» e la traduzione delle loro opere - è certamente da lodare, ma nei fatti non ci si può aspettare che si imparino ad esempio il danese, il greco moderno e il ceco, quando si riesce a malapena a imparare almeno le 3 lingue necessario per la propria specializzazione.
      E, avvicinare le culture di queste nazioni attraverso le traduzioni nelle lingue più importanti, ad esempio in tedesco o inglese, è pieno di problemi, poiché questa o quelle lingua intermediaria modifica sostanzialmente l'opera tradotta. In maniera più evidente si può constatare ciò nei riguardi delle lingue extra-europee, come il giapponese o il cinese.
      Se la lingua di tramite è l'Esperanto, la situazione è assai diversa. In primo luogo l'Esperanto non appartiene a nessuna sfera di influenza. Poi, sempre nel caso delle lingue nazionali, il traduttore di solito appartiene alla lingua in cui si traduce e tutto dipende fino a che punto il traduttore riesce a esprimere pensino il senso nascosto delle
parole. Con l'Esperanto la questione è diversa: chi traduce un testo appartiene alla nazione/lingua dell'originale e perciò conosce perfettamente la realtà propria della nazione interessata.
      E, fatto più importante: la lingua è incomparabilmente più semplice (si calcola, da 3 a 5 volte più facile del tedesco o dell'inglese) e più adatta per esprimere le sfumature. L'ho sperimentato io stesso leggendo una tipica poesia giapponese tradotta in esperanto, e me lo ha confermato anche un mio amico russo, quando mi ha scritto che la traduzione in esperanto di un libro ceco era migliore di quella in russo, letta prima.
      Le letterature ceca e slovacca giunsero, tramite un'antologia in esperanto, per la prima volta negli anni 30 in Giappone e in Cina.
      L'Esperanto ha raggiunto il riconoscimento dell'Unesco: nel 1954 la sua Assemblea generale a Montevideo approvò una risoluzione in favore dell'introduzione dell'Esperanto, e di nuovo nel 1985. nel corso della conferenza generale a Sofia fu accettata una risoluzione che invitava i paesi-membri a sostenere e introdurre l'Esperanto e a organizzare cerimonie in onore del centenario di questa lingua (1987).
      L'avvenimento più importante fu la fondazione di un centro culturale esperantista nella città natale dì Zamenhof, a Biatystok. Furono messi a disposizione 4 ettari nel centro della città, e fino al 1997 verrà costruita una serie di impianti (saloni per congressi, hotel, biblioteca e classi, anfiteatro, centro di telecomunicazioni e così via). Tutto sotto il sostegno del governo polacco, delle autorità locali e dell'associazione universale di Esperanto.

III. Il problema della lingua nei settori specialistici

      Partecipiamo a cambiamenti essenziali nella società, nell'economia e nelle relazioni internazionali.
      Si sottolinea come la società futura darà più attenzione ai valori spirituali che non oggi.
      In tema di economia il fattore principale è il livello di produzione, i nuovi metodi di lavoro e tutto ciò basato sulla facile trasmissione di informazioni: in breve: sull'informatica.
      Una collaborazione internazionale è richiesta non soltanto dalla produzione e dalla ricerca, ma anche dai problemi ecologici, dalla valanga di informazioni dal mondo e anche la quantità di lingue nelle quali tali informazioni sono prodotte. Tutto ciò rende non gestibili tali informazioni. Lo scambio di informazioni avviene sia con contatti personali in diverse consultazioni, e tramite la letteratura, ma negli ultimi tempi, sempre più per mezzo dell'elettronica. In tutti questi mezzi il caos linguistico rappresenta un grande ostacolo.
      In diverse parti del mondo, in epoche diverse, gli uomini imparano altre lingue, le più importanti. Chi abbia già imparato e conosca una data lingua sa bene quanto lavoro abbia speso e alla ! fine avverte di non conoscere perfettamente la lingua studiata, specialmente se deve dedicare le sue forze anche allo j studio della propria specializzazione.
      Sono state spese molte energie per la ! traduzione con macchine, ma i risultati non brillano. Le lingue nazionali sono notevolmente irregolari, con uno] sviluppo altrettanto irregolare e ciascuna ha delle eccezioni di tipo diverso. La traduzione con macchine, se avrà successo dopo grandi sforzi e ingenti spese, avrà bisogno di esperti linguistici di entrambe le lingue trattate per adattare e rendere comprensibile il testo tradotto. È necessario elaborare per ogni coppia di lingue un sistema indipendente, che le nazioni più povere non possono avviare. Gli esperti ritengono che non sia possibile una traduzione totalmente automatica dall'inglese, poiché in inglese ogni parola ha più di un significato.
      Dopo queste esperienzezela dittattatta olandese BSO di Utrecht ha cominciato a lavorare sul progetto DLT - Distribuita Lingva Tradukado (Traduzione linguistica distribuita), che con unaconuna lingua-ponte interna, l'Esperanto. Il sistema è essenzialmente automatico; solo quando vengono immessi i testi, l'apparato domanda in caso di dubbio il significato di una parola, quale dei significati proposti è valido. Chi introduce i testi non ha bisogno di conoscere né l'Esperanto né la lingua in cui si traduce.
      Questo progetto ha raggiunto il primo posto fra gli altri progetti concorrenti, perché il DLT rende possibile la traduzione di tutte le lingue in tutte le lingue. Varie prove hanno superato le attese. Un riconoscimento è stato attribuito al DLT nel corso della conferenza internazionale sulle nuove vie della traduzione automatizzata, avvenuta a Budapest nell'autunno del 1988.
      In estrema sintesi, ecco altri passi avanti: sono state create accademie internazionali delle scienze una a San Marino, l'altra in Svezia, entrambe con l'Esperanto quale lingua di lavoro. Negli ultimi tempi l'Accademia cinese delle scienze prepara la fondazione di una università internazionale a Pekino con l'Esperanto come lingua di insegnamento.
      E non ho trattato del settore del turismo individuale o di gruppo, del servizio accoglienza per turisti all'estero, del servizio dei delegati esperantisti a disposizione in quasi tutti i paesi del mondo ecc.
      Forse queste notizie assolutamente inesaurienti, vi potranno aiutare ad avere un quadro del problema e della sua soluzione in qualche sfera della vita e del bisogno di intercomprensione.

IV. Il problema linguistico nella Chiesa

      Nel corso dei secoli, il latino è stato la lingua della Chiesa. Più tardi si sostituì l'italiano. Apparsero in uso pure altre lingue come il francese e l'inglese.
      I viaggi apostolici del Santo Padre in diversi paesi del mondo sottolineano maggiormente la necessità di risolvere il problema linguistico.
      Il Sinodo dei Vescovi del 1987 ebbe come tema principale: «La missione dei laici nella Chiesa». In questo senso desideriamo realizzare la nostra missione e da parte nostra contribuire alla soluzione di questo problema con il mezzo che abbiamo a disposizione.
      Come all'inizio del Buon Messaggio vi fu la Parola, così all'inizio di ogni comunità umana ci fu e sempre dovrebbe esserci la parola umana, il linguaggio, l'intercomprensione. La Parola fu all'inizio dell'azione degli Apostoli. La traduzione della Scrittura e la comprensione con il popolo fu l'inizio e anche il fondamento del successo.
      La riforma della liturgia in direzione dell'uso di lingue etniche contribuì ovviamente a una più profonda e diretta partecipazione ai servizi divini.
      Lo sviluppo della scienza e della tecnica nella nostra epoca ha reso possibile un sempre più facile contatto fra gli uomini di nazioni diverse e di continenti diversi. Conoscere le cosiddette «lingue mondiali» non è più sufficiente, perché «mondiali» sono diventate anche le lingue di paesi fino a poco tempo fa arretrati, come il cinese, l'arabo, l'hindi, lo swahili ecc. In Cecoslovacchia il russo era materia di studio obbligatoria; importantissimo il tedesco; per lo studio di letteratura specialistica è necessario l'inglese; per i contatti nella vita della Chiesa, l'italiano. Per chi desidera aggiungere alla conoscenza delle lingue anche la propria formazione specialistica, è impossibile realizzare tutto quanto si desidera. L'introduzione della lingua internazionale è spesso comparata all'accettazione fatta due secoli or sono del sistema metrico-decimale. Anche questo sistema è in parte artificiale, ma semplificò moltissimo il caos delle diverse unità di misura regionali preesistenti. Non vi sono dubbi sulla sua funzionalità, tuttavia ci sono ancora paesi in cui si misura in yard, miglia, barili, ecc.
      La Chiesa e anche il movimento ecumenico hanno bisogno di una lingua comune sia nei fatti che in senso simbolico.
      Anche l'ultimo Sinodo dei Vescovi non è potuto avvenire con l'uso di un'unica lingua; si è reso necessario creare dei gruppi linguistici. Gli stessi esercizi spirituali mondiali per sacerdoti, tenutisi in Vaticano nel settembre dell'anno scorso, che hanno avuto 6 gruppi linguistici di sole lingue europee, è un segno di una certa crisi linguistica.
      Non si dimentichino gli incontri della gioventù mondiale, dove i partecipanti si sorridono fra loro, incapaci di colloquiare: essi pregano e discutono in piccoli gruppi linguistici. La presenza in tali incontri, spesso assai costosa, perde molto del proprio significato.
      L'introduzione di una lingua nazionale come lingua di intercomprensione nella vita della Chiesa, sarebbe, per molti motivi, una cosa irrealizzabile né pratica, come non è possibile per la politica, la scienza, la tecnica o per lo sport. Ciò condurrebbe al predominio e ai vantaggi notevoli di alcuni sugli altri; rappresenterebbe il soffocamento di singole, non sufficientemente forti culture. Anche l'universalità della Chiesa ne soffrirebbe.
      Le cosiddette «lingue mondiali» hanno raggiunto l'attuale diffusione per lo più non per le loro qualità, ma con la forza delle armi e lo sfruttamento impietoso. Ogni lingua nazionale, come insegna esteriore di un dato popolo, risveglia in altri popoli ricordi dal passato, spesso spiacevole, qualche volta persino di odio.
      L'Esperanto non è legato a nessuna forma di oppressione, colonizzazione o di sfruttamento. Esso è nato ed è cresciuto sotto valori culturali, con la t'orza del desiderio di fratellanza, amicizia e pace duratura. E soprattutto con il dolore causato dall'odio e dall'intolleranza.
      Il dottor Zamenhof era un uomo di fede. Nel primo congresso universale di Esperanto (Boulogne-sur-Mer, 1905) fece il discorso di inaugurazione inserendo anche una preghiera da lui composta per l'occasione. Una preghiera rivolta al Dio di tutti gli uomini, di tutte le razze e religioni. L'Esperanto un mezzo di collegamento fra tutti, per questo anche la preghiera fu accettata da tutti. Anche da quelli che non credevano. Fu quello un «esperimento» di preghiera ecumenica, forse non da approvarsi pienamente [dato il suo aspetto tendente al sincretismo, ndT], ma certamente da ammirare perché avvenuto nel 1905 quando ancora non esistevano idee o movimenti ecumenici.
      Come cattolici esperantisti dobbiamo cercare le possibilità di utlizzo di una lingua internazionale per risolvere i problemi linguistici fra i cristiani durante i diversi incontri di giovani o meno giovani laici, pellegrini, teologi o anche di vescovi.
      Il Santo Padre nei suo già citati viaggi ha dimostrato una straordinaria capacità linguistica che solo pochi possiedono. Forse, il suo successore non l'avrà. Tuttavia finora egli ha usato solo lingue indoeuropee, simili alla sua lingua materna o all'italiano. La promessa, fatta a Najrobi nel corso del primo viaggio in Africa, di usare in futuro lo swahili, non è stata mantenuta, perché non possibile. Non è facile cominciare a usare una lingua di tutt'altra struttura, specialmente per chi ha l'età e le occupazioni del Papa. Questa promessa fu allora accolta con entusiasmo. Ovvio: l'inglese e il francese sono le lingue degli ex-colonizzatori e sono parlate - secondo studi condotti - in quelle ex-colonie dal 2 al 7% della popolazione; gli altri ne conoscono poche parole o frasi.
      Il Santo Padre nel corso delle sue visite in Giappone e in Estremo Oriente ha predicato anche in giapponese e in altre lingue locali. Ma nonostante il considerevole sforzo di preparazione, non si è trattato di piena padronanza della lingua.
      Vale la pena di citare che in quei paesi orientali, in Cina, l'Esperanto conosce una grande diffusione, sostenuta dal governo e dalle università. Avvengono trasmissioni radiofoniche e televisive di corsi di Esperanto. In Giappone, oltre ad associazioni attivissime, esiste una fiorente attività editoriale, per presentare al mondo l'amica e la nuova letteratura giapponese che altrimenti non conosceremmo.
      Occorre considerare che l'entusiastica accoglienza dell'Esperanto in quei paesi dell'est asiatico si basa non solo sul fatto che «finalmente appare una lingua che non porta con sé un dominio straniero», ma anche perché l'Esperanto, per quanto «europeo», è in realtà una lingua agglutinante. Questo può aiutare noi europei a comprendere la spirito delle lingue e culture asiatiche
      Esistono altresì una serie di settori in cui il caos linguistico frena od ostacola seriamente: è il caso della radiofonia e della stampa.
      I problemi si accumulano ed esiste solo una soluzione: una lingua comune per tutti e da tutti accettabile.
      Dal 1910 esiste l'Ikue - Internacia Katolika Unuigo Esperantista (Unione Internazionale Cattolica Esperantista), con sede oggi a Roma. L'Ikue pubblica il mensile «Espero Katolika» (Speranza Cattolica). Nel 1980, con approvazione della Congregazione per il culto divino e per la disciplina dei sacramenti, fu creata una Commissione liturgica esperantista. Presidente di quella Commissione fu il Vescovo ausiliare di Varsavia, mons. Wladyslaw Miziolek. Lo scorso anno, a novembre, la Congregazione per il culto divino ha approvato i testi del Messale e del Lezionario romano e dell'Ordo Missae, tradotti in esperanto e presentati dalla Commissione liturgica citata.
      In molte località (ad esempio in Polonia e Ungheria) avvengono durante l'anno esercizi spirituali e anche congressi mondiali di cattolici esperantisti. Nel 1977 al Congresso internazionale dell'Ikue a Czestochowa (Polonia) sotto il patronato dell'allora cardinal Wojtyła. Egli avrebbe dovuto celebrare, secondo l'autorizzazione del Papa Paolo VI, una Messa in esperanto, ma in quei giorni avvenne il funerale dell'Arcivescovo Haraniak che gli impedì di presenziare al Congresso.
      Nelle trasmissioni radiofoniche l'Esperanto è presente maggiormente in Polonia: ogni giorno 5 trasmissioni di mezz'ora; Radio Pekino trasmette quattro programmi di mezz'ora ogni giorno in Esperanto. Alle trasmissioni di Vienna, Berna e Roma si affiancano i programmi della Radio Vaticana che trasmette in Esperanto ogni domenica alle 21 e il giovedì alle 6.40. Nel corso della Messa latina le seconde letture sono talvolta in Esperanto.
      Il nostro impegno per l'introduzione e l'uso di questa lingua internazionale si basa sulle encicliche «Populorum Progressio» e «Sollicitudo Rei Socialis».
      È necessario sostenere gli sforzi del le nazioni meno favorite per liberarsi della dipendenza culturale ed economica delle nazioni più grandi. Si tratta principalmente di dipendenza dalle fonti di conoscenza, istruzione e informazione specializzata per i paesi del cosiddetto Terzo Mondo.
      È necessario che tutti gli uomini comincino a capire che occorre risolvere questo problema, che occorre sensibilizzare in primo luogo i giovani.

Jiri LAUBE
Kratochvilova 969
41301 Roudnice n.L

traduzione dall'esperanto
di Carlo Sarandrea




IKUE-LIBROSERVO
1) SANKTA BIBLIO (12.5x18.5 cm) ...... Lit. 40.000
2) LA NOVA TESTAMENTO (8x12.5 cm) ..... Lit. 5.000
3) LA IMITADO DE KRISTO T. a Kempis (10.5x15.5 era, 336 p.) Lit. 6.000
4) LA SKLAVOJ DE DIO G. Gàrdony (14x20 cm, 410 p.) Lit. 6.000
5) KATOLIKA PREĜARO (12x17 cm, 104 p.) Lit. 2.000
6) INTERNACIA LINGVA KOMUNIKADO EN LA EKLEZIO KAJ NUNTEMPA MONDO J. Korytkowski (14.5x19.5 cm, 90 p.) Lit. 5.000
7) LA CHIESA E IL PROBLEMA DELLA LINGUA AUSILIARE INTERNAZIONALE J. Korytkowski (17x24 cm, 176 p.) Lit. 2.000
8) LA IGLESIA Y EL PROBLEMA DE LA LENGUA AUXILIAR INTERNACIONAL J. Korytkowski (15.5x23 cm, 142 p.) Lit. 6.000
9) FRANCISKO EL ASIZO, PROFETO POR NIA TEMPO N.G.M. van Doornik (biografio, 12x17 cm, 320 p.) Lit. 10.000
10) SANKTA FRANCISKO S. Riabinin (poemoj, 15x21 cm, 15: Lit. 5.000
11) LA VOJOJ DE LA EKLEZIO ('Ecclesiam Suam') Papo Paŭlo 6a (13x19.5 cm, 78p.) Lit. 5.000
12) ENKONDUKO AL EKUMENAJ PROBLEMOJ Mons. W. Miziolek (15x21 cm, 80 p) Lit. 4.000
13) LA LIBRO DE LA AMO R. Follereau (14x20 era, 66 p.) Lit. 5.000
14) LA DIA AVARULO J. Dobraczynski (biografio de S.M.Kolbe. 14x20 cm, 88 p.) Lit. 7.000
15) DECIMALA KATALOGO DE LA PLANLINGVA LITERATURO ĈELA KATOLIKA UNIVERSITATO DE LUBLINO POLLANDO E.T. Wojlakowski (17x24 cm. 306 p) Lit. 5.000
16) EN LA LUMO DE LA BIBLIO Prelegoj de la Ikue-Kongreso en Dalfsen (15x21 cm. 50 p) Lit. 4.000
17) DIO ESTAS AMO E. ar Menga (13.5x21 cm, 80 p.) Lit. 5.000
18) LA ŜUISTO DE GWIDEL E. ar Menga (13.5x21 cm, 95 p.) Lit. 5.000
19) Revuo 'ESPERO KATOLIKA'            
      Nebinditaj jarkolektoj jaroj 1980-1985 po Lit. 10.000
      Nebinditaj jarkolektoj jaroj 1986-1990 po Lit. 15.000

BILDKARTOJ
1) PREĜO DE SANKTA FRANCISKO (sur luksa papero, kolora, 14x22cm) Lit. 2.000
2) HIMNO DE LA KREITARO (10 diversaj, koloraj) Lit. 3.000
3) NIA SINJORINO DE LA ESPERO (10 ekzempleroj, koloraj) Lit. 2.000
4) SANKTA FRANCISKO ('Kantiko', "Sinjoro, faru min...', 2 diversaj, koloroj Lit. 400
5) RADIO VATIKANA (kun tekstoj en esperanto. 4 diversaj, b/n) Lit. 400
6) LAUDO AL LA SINJORO PRO LA SOCIAJ KOMUNIKILOJ P.G. Alberione (esperato-traduko, dukolora) po Lit. 200
7) RAPORTILO PRI AŬSKULTO DE KURTONDAJ RADIOELSENDOJ (en esperanto, verda) po Lit. 200

Mendu skribante al:
Unione esperantista Cattolica Italiana - Viale Carlo Zavagli. 73
47037 RIMIN1 FO (telefonnumero 0541-26447
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Al tiuj kiuj aĉetos je almenaŭ 30.000 lirojn ni sendos donace libreton.




ANDREA CHITI-BATELLI
Una pulce nell'orecchio della glottodidattica

"Poca favilla gran fiamma seconda"(DANTE)

      Molti sanno che una nota sovietologa francese, Hélène Carrère d'Encausse, ha predetto con almeno dieci anni di anticipo che i crescenti conflitti etnici avrebbero fatto esplodere il sistema sovietico. Quasi tutti invece ignorano che la stessa previsione era stata fatta ancor prima di lei da un allora giovanissimo studioso, anche lui francese. Interrogato circa un anno addietro ad "Antenne 2", nella trasmissione "Apostrophes" oggi scomparsa (è di lì che ho la notizia), su come egli avesse potuto antivedere il futuro tanto esattamente e con tanto anticipo, detto studioso - purtroppo ne ho dimenticato il nome - rispose semplicemente, che lo aveva capito dalle statistiche sovietiche sulla mortalità infantile: che per vari anni fornivano dati sempre peggiori (con percentuali incomparabilmente più elevate che in Occidente), finché a un certo momento, per decisione dall'alto, non erano state più pubblicate. Da quest'ultimo fatto egli aveva capito che il sistema sovietico aveva i giorni contati. Non per nulla Leibnitz diceva che una mente infinita, vedendo l'orma del piede di Ercole, avrebbe potuto "ricostruire" l'intera figura del semidio greco.

* * *

      Credo che occorra, invece, solo una modesta intelligenza per trarre importantissime conclusioni da una piccola notizia, nascosta fra le scartoffie della Comunità Economica Europea. Questa, com'è noto, si è anche ritagliata una qualche competenza in campo culturale, con particolare interesse per il problema dell'insegnamento delle lingue. Ebbene, appunto a una delle riunioni - quella del 12-13 dicembre 1990 - di alti funzionari dei Paesi membri che si svolgono a Bruxelles nell'ambito del Comitato per l'Istruzione del Consiglio dei ministri comunitario, il Ministero della Pubblica Istruzione del Lussemburgo ha presentato una breve memoria con osservazioni, dovute al prof. Portante, sui risultati della politica linguistica seguita in questo piccolo Paese, dove fin dalle elementari si studiano tre lingue: il lussemburghese (che è, in sostanza, un dialetto tedesco), il tedesco e il francese.
      Il documento espone, in sintesi, i vantaggi e gli svantaggi di una tale politica: e fra questi ultimi indica il fatto -davvero di non piccola importanza, anche se non vengono fornite percentuali - che non pochi scolari non riescono, per le loro deficienze nelle tre lingue sopra ricordate, a conseguire il diploma a cui aspirano, mentre essi lo potrebbero in base ai risultati ottenuti in tutte le altre materie. E tali difficoltà, aggiunge il documento, sono ovviamente ancora maggiori per i figli degli
stranieri - e non sono davvero pochi - che frequentano le scuole lussemburghesi.

* * *

      La piccola notizia deve esser fonte, dicevo, di importanti riflessioni perché essa mette in piena luce l'assurdità della politica d'insegnamento delle lingue oggi seguita, almeno a parole, anche da tutti gli altri Stati membri della C.E.E.: politica che è quella di favorire e incoraggiare, sia pure dopo le elementari, il multilinguismo (o di fingere di farlo).
      Non c'è bisogno di aver letto un libro americano che ha avuto, qualche anno fa, un certo successo (Howard GARDNER, Formae meniis: saggio sulla pluralità delle intelligenze, Milano, Feltrinelli, 1987) per rendersi conto che, come già sapevano gli antichi, non omnia possumus omnes e, come precisava Dante, chi è nato a cinger la spada non può, senza danno per lui e per gli altri, esser obbligato a divenir un religioso, mentre gli svantaggi per la società, oltre che per il singolo, sono ancora maggiori se si fa re di tal ch'è da sermone (Par., VIII, 145-8).
      Si obietta che le lingue sono indispensabili per relativizzare la propria cultura nazionale ed aprirsi a quelle straniere; ma è qui che risiede il pregiudizio, che vorrei definire "antropomorfico". Senofane diceva che, se i cani o i cavalli fossero forniti d'intelligenza, si raffigurerebbero i loro dèi in forma canina o cavallina. Non diversamente i professori di lingue - forniti di attitudini e interessi prevalentemente, appunto, linguistici, sì che questa è la loro antenna privilegiata per entrar in contatto col mondo e capirlo - s'immaginano che anche tutti gli altri loro simili abbiano lo stesso tipo di ricettività e d'intelligenza, e vorrebbero imporlo agli altri. È come se tutti venissero obbligati, per decisione degl'insegnanti di musica, a far proprio, invece che il plurilinguismo
il "pluristrumentalismo", perché solo chi sa suonare almeno un paio di strumenti, tra cui il pianoforte, può davvero capire e "sentire" la musica, mezzo privilegiato e insostituibile, per loro, per entrar in contatto con altri mondi e altre culture.

      Tutto ciò non è falso, ma è unilaterale. Come vi sono più cose nella realtà che non nella filosofia di Polonio, così vi sono più attitudini e più intelligenze di quanto non ritengano i glottodidatti, schiacciati fra una grammatica e un vocabolario: e, a seconda delle vocazioni e attitudini particolari del singolo, il mezzo per la comprensione degli altri saranno volta a volta la letteratura (grazie a buone traduzioni), le belle arti, le scienze, la storia, i costumi sociali, ecc.

* * *

      Il risultato dell'unilateralità e degli errori lamentati è sotto gli occhi di tutti: a scuola le lingue si studiano, ma non s'imparano, perché chi non e fortemente motivato ad apprenderle fa progressi scarsi e lenti e dimentica rapidissimamente, appena interrompe lo studio.

      Orbene, questi dati elementari non possono passar inosservati, neppure a coloro che fanno finta di non vederli e li scotomizzano. Perciò si finirà, e prima di quanto non si creda, per adattare la politica scolastica alla realtà. Il cittadino comune, i genitori, gli scolari sanno che quello di cui c'è bisogno, e che val la pena di studiare, è una lingua, e una sola, che serva, e serva davvero, per la comunicazione internazionale a fini pratici. (Così è per la massa: poi chi si avvia ad altri studi e al dottorato di ricerca dovrà - lui si - imparare altre lingue, varie a seconda della sua specialità, ma in ogni caso più d'una).
      Oggi questa lingua "passe-partout" è, ed è ogni giorno di più, l'inglese. L'obiettivo, a parole, del plurilinguismo è solo la foglia di fico che maschera, e rende così più facile e meno traumatica, questa marcia irreversibile dell'inglese, che sta diventando - o è già - quello che è stato il latino durante l'Impero romano: la lingua internazionale. E come il latino ha distrutto in radice le lingue autoctone dell'Europa antica in cui la presenza di Roma si è affermata, dalla Penisola iberica alla Dacia, così l'inglese distruggerà le nostre lingue, prima ridotte al rango di dialetti, poi parlate, anche in tale condizione precaria, solo dalle vecchie generazioni, finalmente non più lingue vive.
      Allo Stato non c'è alternativa, e l'obiettivo dell'Esperanto, per grandi che siano i suoi pregi, resterebbe un pio desiderio, senza presa sulla realtà, perché i fatti di dominanza linguistica sono essenzialmente fatti politici, di dominanza politica (il latino ha trionfato per i meriti militari dei suoi eserciti, non per quelli letterari di Virgilio, di Orazio o di Cicerone): anche l'Esperanto, dunque, finché non avrà una forza politica comparabile a quella del mondo anglosassone in genere e statunitense in specie, non potrà affermarsi come lingua franca europea e mondiale.
      Vi è però una speranza che esso possa, fra non molto, aver dalla sua questa forza: la Federazione Europea. Se questa nascerà, e - condizione altrettanto essenziale - avrà vivo il sentimento, e l'orgoglio, della propria "identità" culturale, come oggi si usa dire, da preservare e promuovere nella sua caratteristica essenziale che è quella del pluralismo nell'unità, allora le autorità federali si renderanno conto della gravità della minaccia di "ecocatastrofe linguistica" che l'attuale, malsana preminenza dell'inglese fa pesare sull'Europa e sul mondo, e ricorrerà a una lingua pianificata. (E se lo farà, si può tranquillamente scommettere che tutto il Terzo mondo la seguirà senza esitare).
      Se nascerà la Federazione Europea e - condizione altrettanto essenziale - avrà vivo il sentimento, e l'orgoglio, della propria "identità" culturale, come si usa dire, da preservare e promuovere nella sua caratteristica essenziale che è quella del pluralismo nell'unità, allora le autorità federali si renderanno conto della gravità della minaccia di "ecocatastrofe linguistica" che l'attuale, malsana preminenza dell'inglese fa pesare sull'Europa e sul mondo, e ricorrerà a una lingua pianificata. (E se lo farà, si può tranquillamente scommettere che tutto il Terzo mondo la seguirà senza esitare).

      Il problema è solo: quel momento non verrà troppo tardi, e non si cercherà di chiuder la stalla dopo che i buoi sono già scappati?

      La sopravvivenza delle nostre lingue nazionali è certo assicurata per qualche generazione ancora: e poiché è difficile pensare "diacronicamente", nessuno vede l'imminenza del pericolo. Ma se le cose continuano a procedere nel senso attuale, il secolo che seguirà al XXI vedrà la fine delle grandi lingue europee, e con esse delle cultura di cui sono portatoci: una Chernobyl linguistica di dimensioni incalcolabili. Davvero non c'è alternativa e occorre rassegnarsi a tanto disastro?

      La mente ricorre qui - l'ho notato più volte - al virile ammonimento di Kant che nella sua opera sulla pedagogia afferma: Prima occorre soltanto che l'idea sia giusta: poi, anche di fronte a tutti gli ostacoli che si frappongano alla sua realizzazione, nulla sarà da considerare impossibile.

Andrea CHITI-BATTELLI



L'ideale cristiano esperantista

Il 30 settembre 1990 si è tenuta a Bologna, presso l'Antoniano, una riuscita manifestazione per commemorare padre Modesto Carolfi e per i 70 anni dalla fondazione dell'Unione esperantista cattolica italiana, creata proprio da padre Carolfi. Pubblichiamo la relazione svolta durante il convegno dal professor Mario Sola di Vercelli.


      Gentili Amici,
      ci sono bisogni che l'uomo sente in ogni tempo e in ogni luogo. Il massimo, il più forte e il più insistente credo che sia il bisogno di Dio, che è il bisogno di capire, di comprendere, di interpretare questo cammino più o meno breve della vita umana. Il bisogno di evitare che questo cammino si compia nel deserto spirituale e nell'oscurità; il bisogno di capire il perché si nasce, il perché si muore. È un bisogno che l'uomo sente ovunque e in tutte le epoche. E non si può ragionevolmente parlare mai di morte di Dio, perché nonostante i tanti sforzi di far credere che ci sia la morte di Dio, in realtà tutti gli uomini, anche nelle situazioni più difficili, di Dio sentono forte il bisogno.
      Ci sono altri bisogni che in gerarchia di importanza, evidentemente, stanno al di sotto di questa esigenza centrale dell'uomo, che è l'esigenza di Dio, che è l'esigenza di una visione religiosa dell'Universo e della propria vita. Tra questi ce n'è uno, quello di comunicazione; un bisogno che è andato secondo un ampliarsi concentrico di cerchi, che si è andato evolvendo nei secoli, nei millenni: il bisogno di comunicare in piccola cerchia quando la società era una società rinchiusa entro i margini del clan; il bisogno di comunicare in àmbiti più grandi, man mano che i rapporti si facevano più intensi e più complessi; il bisogno di comunicare in spazi nazionali e poi al di là dei confini delle nazioni, in àmbito mondiale. Bisogni che ci sono sempre stati e che ci saranno sempre, ma ci sono momenti in cui i bisogni a cui ho fatto riferimento, si presentano più forti, più insistenti, più marcati: questo è uno di quei momenti.
      In una società come la presente: disorientata, turbata, una società violenta, una società egoista, edonista, si va scoprendo sempre più l'insufficienza di quello che è il terreno e il bisogno di una visione soprannaturale delle cose, il bisogno di Dio, il bisogno della religione e, io dico da cristiano convinto, il bisogno del Cristianesimo come quello che può spiegare nel modo più completo i perché del nostro vivere.
      Il disordine morale che esiste, le inquietudini che tutti avvertiamo, chiamano urgentemente a una soluzione dei problemi secondo un'impostazione cristiana. E oggi più che mai c'è bisogno di Dio e c'è bisogno di Cristo.
      Ma anche quell'altro bisogno di comunicazione, di relazione estesa, ampia, anche quell'altro, proprio al nostro tempo, si manifesta massicciamente, perché i mezzi tecnici hanno reso possibile con facilità di raggiungere gli uomini in ogni parte del globo e i rapporti sempre più stretti, di ordine economico e non solo, rapporti sotto tale aspetto, fanno sentire sempre più urgente il bisogno di poter comunicare facilmente, che vuoi dire non soltanto poter arrivare all'altro capo della Terra istantaneamente attraverso i mezzi di comunicazione tecnici, ma che vuoi dire anche potere cogliere quello che viene comunicato e riuscire adeguatamente a far conoscere il proprio pensiero.
      Ebbene, assistiamo in questo campo della comunicazione, come in altri del vivere umano, a una sorta di sperequazione, a una sorta di dissociazione. Ci sono mezzi tecnici, mancano i mezzi più caratteristicamente umani per poter adeguare al bisogno la possibilità di comunicazione. Noi esperantisti, ma chiunque sia attento al problema e non lo consideri con faciloneria, con superficialità, si accorge delle difficoltà che a livello politico tra i grandi personaggi che fanno la Storia, che fanno gli eventi che contano e che ci influenzano, ci sia la barriera della lingua. Si supera, in qualche modo, per carità. Si supera, ma in qualche modo, faticoso, direi anacronistico; ci si parla per tramite di terza persona; viene meno quella spontaneità, quell'immediatezza, direi anche quella precisione che è possibile realizzare soltanto attraverso il colloquio diretto. In campo economico si comunica, ma a quali costi... Nelle organizzazioni internazionali si comunica, ma con quali enormi spese... Ma nel rapporto poi che forse è quello che più ci deve interessare, nel rapporto a tu per tu della gente comune, della gente che viaggia, della gente che riceve le visite delle persone che sono alla ricerca di qualcosa di più di qualche cosa di diverso, di quello che si può trovare nel proprio àmbito limitato, regionale o nazionale, ebbene queste persone riescono veramente a comunicarsi sentimenti, riescono a trasferire dall'uno all'altro le proprie impressioni? E c'è dunque la possibilità nell'ambito internazionale di ricavare tutte quelle ricchezze che si potrebbero conseguire se ci si potesse capire e se ci si potesse far capire come si vorrebbe. Ho detto che questo bisogno di comunicazione oggi è più forte che mai, di fronte a un fenomeno politico che si è verificato nei mesi scorsi e che tutti ci ha sorpresi e anche confortati: il cadere di quelle barriere che divìdevano l'Europa occidentale dall'Europa orientale. Ed ecco allora che si apre una possibilità nuova, più grande di interrelazione, ma di fronte a quei popoli, a quelle nazioni così desiderose di prendere contatto con la realtà del mondo occidentale ecco che mancano i mezzi adeguati o questi sono comunque insufficienti.

L'impegno degli esperantisti cattolici.

      C'è quest'associazione di cui oggi celebriamo il settantesimo anniversario di esistenza la quale vuoi coniugare, mettere insieme la due finalità: quella di propagandare e di contribuire a realizzare (con le deboli forze naturalmente che ognuno di noi ha) il Regno di Dio e quella di far conoscere lo strumento dell'esperanto e di utilizzarlo nella finalità principale che il movimento si prefigge, usarlo per diffondere il Verbo di Dio. Leggo che cosa dice lo Statuto dell'Unione esperantista cattolica italiana. C'è un'associazione la quale promuove "la formazione umana e cristiana dei suoi soci secondo i principi della Chiesa cattolica, l'apostolato e la testimonianza del Vangelo, in particolare nell'ambito del movimento esperantista, sia nazionale che internazionale, attuando le opere di misericordia, specie quella dell'ospitalità; la partecipazione al dialogo ecumenico secondo le indicazioni ufficiali della Chiesa cattolica; l'uso della lingua internazionale esperanto, favorendone anche l'adozione come semplice mezzo di intercomunicazione comune, indipendente ed ecumenico, adatto alla promozione umana". (Statuto Ueci, art. 1)
      Motivazioni dell'Unione esperantista cattolica italiana altissime e nobili, motivazioni che si ricollegano a quelle due finalità a cui prima accennavo e che evidentemente valgono a far corrispondere un'azione a quel bisogno, a quell'esigenza di cui ho detto. Io dico che è un abbinamento perfetto questo tra l'ideale religioso cristiano e la proposta esperantista. Essere cristiani vuol dire operare per l'attuazione del Regno nella vita dell'uomo in concreto, usando tutti i mezzi che Dio ci ha messo a disposizione, propugnando tutto ciò che è buono. E non è buono uno strumento linguistico che per la sua facilità, che per essere sovranazionale cioè neutrale, vuole avvicinare gli uomini di ogni lingua e vuole far sì che comunichino su un piano di eguaglianza, di parità, dunque anche di giustizia? Quando enuncio queste caratteristiche della lingua internazionale esperanto, in sostanza parlo di ideali tipicamente cristiani e c'è talvolta da meravigliarsi, e lo dico con una certa amarezza, che molta parte del mondo dei credenti non porge sufficiente attenzione, adeguato ascolto alla proposta degli esperantisti, che è una proposta tipicamente cristiana e che si collega e tanto fa da supporto all'impegno fondamentale del cristiano. E l'esperanto non è soltanto valido come strumento per diffondere il messaggio evangelico, per operare quindi all'esterno del mondo cristiano, per fare quella che si dice "l'opera missionaria", ma è anche strumento validissimo per una comunicazione all'interno della comunità cristiana, che è una comunità universale, nella quale il capirsi riesce difficile proprio per la molteplicità delle lingue. E poiché è sempre più facile viaggiare, trovarsi insieme da parte dei cristiani, questo bisogno di capire quello che viene a loro annunciato, in incontri internazionali, è un bisogno della cui realtà non si può non prendere atto. L'Unione esperantista cattolica italiana è un movimento che merita rispetto, attenzione, appoggio, partecipazione. Proprio perché propone di operare in un senso nettamente positivo, con questo accompagnamento dell'ideale cristiano a quello esperantista. E i 70 anni che si sono compiuti mi sembra che rappresentino veramente un motivo di vanto per l'organizzazione cattolica esperantista, la quale svolge la sua attività grazie all'opera di uomini di grande sensibilità, dotati di grande spirito di sacrificio. Celebriamo oggi qui uno di questi uomini: Padre Modesto Eugenio Carolfi.
      Proprio per l'opera di costoro, il movimento esperantista cattolico è presente come una realtà viva, vitale. E vorrei sottolineare non soltanto l'impegno culturale, l'impegno spirituale nel senso più profondo e più alto del termine, ma vorrei anche indicare quella finalità che è qui, nello Statuto riportata: "attuando le opere di misericordia, specie quella dell'ospitalità". Vorrei proprio considerare come un punto di merito particolare l'impegno nella carità da parte del movimento esperantista, che va incontro alle esigenze che in diverse parti del mondo si sentono, con mezzi che non sono grandiosi, certo, ma mezzi, che proporzionati alla dimensione del movimento, sono ragguardevoli. Questi sono motivi di vanto per considerare gloriosa la storia del movimento esperantista cattolico. E questi sono anche incentivi a un'azione ulteriore: ad andare avanti credendo nella bontà di quanto si fa e cercando di abbracciare in numero sempre maggiore aderenti, che vogliono operare in questa direzione: presentare il più ampiamente possibile il messaggio del Vangelo, presentarlo nella lingua moderna, nella lingua neutrale, nella lingua pacifica dell'esperanto. Mi auguro che il movimento riesca sempre di più ad affermarsi nella realtà odierna e possa contribuire sempre meglio a raggiungere quei fini che sono all'origine del movimento e che, speriamo, siano sempre più accolti, accettati.
      Grazie.
Prof. Mario Sola



IL MESSALE IN ESPERANTO APPROVATO DALLA SANTA SEDE

II prof. Antonio De Salvo, segretario dell'Unione internazionale cattolica esperantista e della Commissione liturgica per la lingua esperanto ci presenta il documento di approvazione.

      Il decreto di approvazione reca la data dell'8 novembre 1990 ed è in latino: io leggerò una traduzione in italiano; vi sono in allegato delle "Norme". È indirizzato alla Commissione liturgica per l'esperanto. Bisogna dire che nel 1981 era stata creata una Commissione liturgica composta di esperti della lingua esperanto e anche di esperti di liturgia e di latino, che aveva il compito di tradurre e di revisionare il testo della Messa in esperanto. Il testo comprende più di 600 pagine: è un'opera quindi abbastanza imponente.
      Questa Commissione era composta di 16 persone di vari paesi: dell'Est, dell'Ovest, dell'Europa e di altre nazionalità, alcuni erano non resi pubblici all'epoca per esempio c'era un cecoslovacco il cui nome non era stato reso pubblico per ovvi motivi di compatibilità con la situazione politica dell'epoca. Queste persone hanno tradotto e revisionato il testo, lo hanno sottoposto al Presidente della Commissione, il Vescovo polacco Wladyslaw Miziolek, Vescovo ausiliare di Varsavia, il quale ha a sua volta presentato questo testo alla Santa Sede per l'approvazione definitiva.
      Questo Decreto è rivolto al Presidente della Commissione Liturgica sulla lingua esperanto. Questa la sua traduzione in italiano:
      «Su istanza del Eccellentissimo Signore Ladislao Miziolek, Vescovo titolare di Presidio e Vescovo ausiliare di Varsavia, Presidente della Commissione liturgica per la lingua esperanto, istanza resa con lettera del 15 dicembre 1988, in forza dei poteri attribuiti a questa Congregazione dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, volentieri approviamo ovvero confirmiamo la traduzione in esperanto del Messale romano, del Lezionario romano, per le domeniche e le feste, nonché la parte ordinaria della Messa, così come consta nell'allegato esemplare, in modo che possa essere usato secondo le Norme per la celebrazione della Messa in esperanto stabilite da questo Dicastero il 20 marzo 1990 e annesse a questo Decreto.
      Nel testo che verrà stampato dovrà essere inserito integralmente questo Decreto con il quale viene concessa dalla Sede Apostolica la richiesta conferma, e del lesto due copie dovranno essere trasmesse alla Congregazione.
      Dato dalla Sede della Congregazione, l'8 novembre 1990»
      Le firme sono del Prefetto della Congregazione, Cardinal Edoardo Martinez Somalo e del Segretario, l'Arcivescovo Ludovico Kada.
      Poi seguono delle Norme in italiano per la celebrazione della Messa in esperanto. Si tratta di Norme che hanno costituito per gli esperantisti cattolici un punto fermo, un grosso passo in avanti e nello stesso tempo una certa forma di limitazione, che vedremo come potrà essere eventualmente in qualche modo mitigata in futuro.
      Queste Norme, del 20 marzo 1990, dicono:
      In base alla vigente legislazione sulle lingue liturgiche, espressa nella Lettera circolare "Decem iam annos" del 5 giugno 1976, la lingua esperanto non presenta di per sé i requisiti per poter essere considerata lingua liturgica ed essere usata ordinariamente nelle celebrazioni liturgiche, in quanto non è lingua parlata dal popolo.
      Tuttavia, considerale le motivazioni soprattutto di ordine pastorale, addotte dalla Commissione liturgica esperantista, presieduta da S. E. Mons. Wladislaw Miziolek, Vescovo ausiliare di Warszawa, e dall'Unione Internazionale Cattolica Esperantista (I.K.U.E.), presieduta dal Sac. Duilio Magnani, che hanno richiesto di poter usare questa lingua nelle celebrazioni eucaristiche, che si svolgono nei loro Congressi internazionali e nazionali, questo Dicastero stabilisce l'aggiornamento delle “Norme per la celebrazione della Messa in esperanto”, rese note il 23 marzo 1981, nel modo seguente:

      1) È necessario che i testi liturgici in esperanto siano confermati dalla Santa Sede prima del loro uso.

      2) La concessione dell'uso dell'esperanto è limitata alla celebrazione:

            a) della S. Messa o di una liturgia della Parola, esclusa la celebrazione dei Sacramenti e degli altri riti liturgici,

            b) in occasione di Congressi esperantisti internazionali, plurinazionali o nazionali;

            c) la concessione dovrà riguardare i soli congressisti. Non potrà quindi sostituire, ad es., le Messe ad orario delle parrocchie o delle altre comunità dei fedeli.

      3) La celebrazione in esperanto sarà fatta previa informazione dell'Ordinario del luogo, in cui essa si dovrà svolgere.

      Dalla Sede della Congregazione, 20 marzo 1990.

Questi sono i testi su cui agire per l'interpretazione

IL PRIMO SCOPO È RAGGIUNTO

      Dopo decenni di sforzi, preoccupazioni, passi, contatti personali (sempre ricominciando il lavoro ad ogni cambio dei responsabili vaticani), ecco il primo traguardo visibile.
      I pessimisti noteranno di certo (e faranno notare) che l'approvazione tuttavia contiene diverse limitazioni (particolarmente importante è il divieto di celebrare i Sacramenti, ciò che non rende possibile ad esempio la confessione, il matrimonio e il battesimo in esperanto); gli ottimisti al contrario evidenzieranno che l'approvazione è stata assai seriamente meditata, che ogni parola della traduzione è stata attentamene revisionata dai dicasteri vaticani (i quali hanno chiesto delle modifiche e su questo hanno trattato) e che infine si tratta di un passo ufficiale di un'istituzione ufficiale, sulla base del lavoro di una Commissione esperantista costituita ufficialmente.
      Chi ringraziare per lo scopo raggiunto? Sicuramente i molti che hanno contribuito in maniera diversa: una citazione a parte merita Mons. Wladyslaw Miziolek (Vescovo ausiliare di Varsavia), il quale in maniera persistente ha fatto andare avanti la faccenda presso le istanze vaticane e che non ha esitato ; rivolgersi persino direttamente persino al Santo Padre; Padre Giacinto Jacobitti; Padre Duilio Magnani; i membri della Commissione liturgica: i Vescovi che hanno aiutato con il loro sostegno (Mons. Alfred Pichler, Jugoslavia; Mons. Giovanni Locatelli, Italia; Mons. Bogumil Lewandowski, Polonia; Mons. Pavel Hnilica, Cecoslovacchia; Mons. Patrick Coveney, Irlanda, ecc.).
      Ora si pone la questione di come pubblicare il Messale. Il testo è di circa 600 pagine. Già è iniziato il lavoro per riversare il manoscritto (dattilografato) in video-scrittura tramite computer. Il lavoro è avvenuto tramite costose apparecchiature: uno scanner, ossia un lettore ottico collegato al computer, in 15 ore ha "tradotto" il testo dattilografato in caratteri del computer. Sono previste ulteriori 200 ore di lavoro per sistemare il testo, per correggere gli errori di lettura dello scanner, per inserire i codici della stampante per le lettere accentate, per l'impaginazione ecc. ecc.
      Ovviamente contributi per la pubblicazione del Messale saranno particolarmente benvenuti; si consideri che l'Ikue (Unione internazionale cattolica esperantista) ha già speso grandi somme di denaro (battitura testi, fotocopiatura, spese di viaggio, di telefono...).
Antonio DE SALVO



LE PREGHIERE DEGLI ESPERANTISTI

En la nomo de la Patro kaj de la Filo kaj de la Sankta Spirito. Amen.

PATRO NIA, kiu estas en la ĉielo, sanktigata estu via nomo, venu via regno, fariĝu via volo, kiel en la ĉielo tiel ankaŭ sur la tero. Nian panon ĉiutagan donu al ni hodiaŭ, kaj pardonu al ni niajn ŝuldojn, kiel ankaŭ ni pardonas al niaj ŝuldantoj, kaj ne konduku nin en tenton, sed liberigu nin de la malbono. Amen.

SALUTON, MARIA, gracoplena. La Sinjoro estas kun vi. Benata estas vi inter la virinoj, kaj benata estas la frukto de via sino, Jesuo. Sankta Maria, Patrino de Dio, preĝu por ni, pekuloj, nun kaj en la horo de nia morto. Amen.

GLORO al la Patro kaj al la Filo kaj al la Sankta Spirito. Kiel estis en la komenco, kaj nun, kaj ĉiam, kaj en la jarcentoj da jarcentoj. Amen.

MI KREDAS je unu Dio, la Patro ĉiopova, kreanto de la ĉielo kaj de la tero, de ĉiuj aĵoj videblaj kaj nevideblaj. Kaj je unu Sinjoro Jesuo Kristo, ununaskita Filo de Dio, kaj el la Patro generita antaŭ ĉiuj jarcentoj. Dio el Dio, Lumo el Lumo, Dio vera el Dio vera; generita, ne kreita, samsubstanca kun la Patro, per kiu ĉio estas farita. Kiu por ni homoj kaj por nia savo descendis de la ĉieloj. Kaj per la Sankta Spirito li enkarniĝis el Maria, la Virgulino, kaj fariĝis homo. Krucumita por ni sub Pondo Pilato, Li mortis kaj estis entombigita. La trian tagon li resurektis laŭ la Skriboj, ascendis al la ĉielo, kaj sidas dekstre de la Patro. Kaj li revenos kun gloro juĝi la vivantojn kaj la mortintojn. Kaj Lia Regno estos sentina. Mi kredas je la Sankta Spirito, Sinioro kaj Viviganto, kiu devenas de la Patro kaj de la Filo. Kiu kun la Patro kaj la Filo same estas adorata kaj glorata; kiu parolis per la profetoj. Kaj je unu Eklezio Sankta, katolika kaj apostola. Mi konfesas unu bapton por la pardono de la pekoj. Kaj mi atendas la revivigon de la mortintoj kaj la vivon en la estonta mondo. Amen.

PREĜO POR LA MORTINTOJ. Eternan ripozon donu al ili. Sinjoro, kaj lumu al ili la senfina lumo. Ili ripozu en paco. Amen





A FOGNANO DI BRIGHELLA DAL 14 AL 18 GIUGNO 1991
SI TERRÀ IL 5° CONGRESSO DELL'UNIONE ESPERANTISTA CATTOLICA ITALIANA

tema:       EVANGELIZZAZIONE E TESTIMONIANZA DELLA CARITÀ:
IL CONTRIBUTO DEI CATTOLICI ESPERANTISTI


QUOTE DI PARTECIPAZIONE

ALLOGGIO IN CAMERA DOPPIA:
(entro il 31.3.91) (dopo il 31.3.91)
200.000 220.000


ALLOGGIO IN CAMERA SINGOLA:
(entro il 31.3.91) (dopo il 31.3.91)
220.000 240.000

comprendenti: vitto e alloggio (secondo la sistemazione prescelta), programma e pubblicazioni.



QUOTA DI PARTECIPAZIONE PER I GIOVANI SOTTO I 25 ANNI:
Lit. 160.000 (alloggio in camera doppia)


Per inviare la Vostra quota di partecipazione (oppure su anticipo di 50.000 lire usare:
il conto corrente postale numero 3935 1 002
intestato a FRANICESCA VENEZIA Roma
specificando bene sul retro del cedolino la causale


Questo modulo di adesione va inviato compilato a:
FRANCESCA VENEZIA
Via Montebello, 37 - 00185 ROMA RM



5° Congresso dell'Unione Esperantista Cattolica Italiana
Fognano di Brisighella (Ra) - Monastero S.mo Sacramento

14-18 GIUGNO 1991 ALIĜILO - MODULO DI ADESIONE
Nomo: ..........................................................................................................
Antaŭnomo: ....................................................
Strato:............................................................
Poŝtkodo: ...................................................... . Urbo: ..................................
Lando:........................................................Telefonnumero ..........................
data di nascita (per i giovani sotto i 30 anni).......................................

(x) indicare con una «x»

ADERISCO AL 5° CONGRESSO UECI E A TAL SCOPO FACCIO SAPERE CHE:
[ ] Aderisco senza partecipare
[ ]aderisco e parteciperò come "memzorganto" (provvederò da me al vitto e all'alloggio)
[ ] parteciperò per tutto il periodo
[ ] parteciperò solo dal giorno________________________al giorno________________________
HO VERSATO:
[ ] l'intera quota di partecipazione quale fissata per la data della mia adesione (Lire________________)
[ ] un anticipo di Lire 50.000
      (comprendente l'adesione al Congresso - Lire 30.000 - e la prenotazione alberghiera - Lire 20.000)
[ ] la sola adesione al Congresso (Lire 30.000), senza prenotazione alberghiera
DESIDERO ALLOGGIARE
                                    [ ] in camera doppia con: _____________________________________
                                    [ ] in camera singola
[ ] in aggiunta alla mia cifra ho versato un contributo per il Congresso per Lire_____________________
[ ] vegetariano                                                       [ ] non fumatore


ESTREMI DEL MIO VERSAMENTO

[ ] Versamento sul conto corrente postale n. 39351002 intestato a Francesca VENEZIA, Roma, in data:........
[ ] Vaglia postale e telegrafico intestato a
Francesca VENEZIA - Via Montebello 37 - 00181 Roma inviato in data.........
Accetto tutte le condizioni, confermo quanto da me indicato nel presente modulo di adesione;
Luogo/Data........................Firma..........................

riservato alla segreteria alvendato:             konfirmo (antaŭ)pago:             saldo kalkulita pagita:
                        Lit.             Lit.             Lit.            
Unua informilo sendita la........             -an de......... 1991             Kongresaj dokumentoj donitaj




Norme associative e quote 1991

      All'UECI possono iscriversi gli esperantisti italiani nonché tutti i simpatizzanti del movimento cattolico esperantista.
L'UECI è sezione italiana dell'IKUE (Internacia Katolika Unuiĝo Esperantista - via Francesco Berni, 9 - 00185 Roma RM - tel. 06/70.00.323), pertanto ogni socio dell'UECI è automaticamente socio dell'IKUE.

Nota Bene: - KATOLIKA SENTO viene inviato a tutti i soci per diritto, tranne i soci familiari;
      - È considerato SOCIO GIOVANILE chi ha meno di 26 anni nell'anno in corso;
      - È considerato SOCIO FAMILIARE chi è convivente con un altro socio;
      - Per l'abbonamento all'estero, aggiungere L. 4.000 per le spese di spedizione;
      - Allo stesso conto corrente postale si raccolgono le offerte per le opere caritative dell'IKUE e dell'UECI;
      - Si raccomanda per il lavoro di segreteria, di specificare bene nella causale del versamento;
            - con quale quota ci si vuole iscrivere (si usino le sigle se si vuole),
            - se e quali offerte si fanno, e per chi o che cosa,
            - anno di nascita, soprattutto se si è soci giovanili,
            - nome e recapito postale chiaro e completo per la spedizione, indispensabile per chi è nuovo socio o chi cambia recapito.

È bene effettuare tutti i versamenti al C.C.P. n. 11129475, Unione Esperantista Cattolica Italiana, V.le C. Zavagli, 73 - 47037 Rimini (Fo). Chi si abbona anche a Espero Katolika, organo dell'IKUE, cerchi la propria quota nella colonna «CON EK»
Quota Sociale             SENZA EK
     
      CON EK
     
Socio Ordinario       SO 19000       SOE 46.000
Socio Sostenitore       SS 38.000       SSE 92.000
Socio a Vita       SV 380.000       SVE 920.000
Socio Giovanile       SG 9.500       SGE 23.000
Socio Familiare       SF 9.000
Solo abbonamento a Katolika Sento:       AK 10.000
Solo abbonamento a Espero Katolika:       AE 27.000
Abbonamento a KS ed EK:       AKE 37.000
Abbonamento a Ekumenismo
(del Tutmonda EsperantistaLigo)
      TEL 10.000
Abbonamento a Dia Regno
(del KELI, gli amici protestanti)
      DR 10.000