Enhavo:
UN CAMMINO LUNGO 25 ANNI
CONGREGATIO DE CULTU DIVINO
ET DISCIPLINA SACRAMENTORUM
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Prot. CO 149/90
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NORME
per la celebrazione della Messa in
esperanto
In base alla vigente legislazione sulle
lingue liturgiche, espressa nella Lettera circolare
"Decem iam annos" del 5 giugno 1976, la lingua
esperanto non presenta di per sé i requisiti per
poter essere considerata lingua liturgica ed essere
usata ordinariamente nelle celebrazioni liturgiche,
in quanto non è lingua parlata dal popolo.
Tuttavia, considerate le motivazioni soprattutto
di ordine pastorale, addotte dalla Commissione
liturgica esperantista, presieduta da S. E. Mons.
Wladislaw Miziolek, Vescovo Ausiliare di Warszawa, e
dall'Unione Internazionale Cattolica Esperantista
(I.K.U.E.), presieduta dal Sac. Duilio Magnani, che
hanno richiesto di poter usare questa lingua nelle
celebrazioni eucaristiche che si svolgono nei loro
Congressi internazionali e nazionali, questo
Dicastero stabilisce l'aggiornamento delle "Nome per
la celebrazione della Messa in esperanto", rese note
il 23 marzo 1981, nel modo seguente :
1) È necessario che i testi liturgici in
esperanto siano confermati dalla Santa Sede prima del
loro uso.
2) La concessione dell'uso dell'esperanto è
limitata alla celebrazione:
a)della S. Messa o di una liturgia della
Parola, esclusa la celebrazione dei Sacramenti e
degli altri riti liturgici,
b) in occasione di Congressi esperantisti
Internazionali, plurinazionali o nazionali;
c) la concessione dovrà riguardare i
soli congressisti. Non potrà quindi sostituire,
ad es., le Messe ad orario delle parrocchie o delle
altre comunità dei fedeli.
3)La celebrazione in esperanto sarà fatta
previa informazione dell'Ordinario del luogo, in cui
essa si dovrà svolgere.
Dalla Sede della Congregazione, 20 marzo 1990.
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(Eduardo Card. Martinez)
Prefetto
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(+Lajos Kada)
Arciv. tit. di Tibica
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Ci riserviamo in altra sede e in altro momento
descrivere abbastanza dettagliatamente il lungo e difficile
cammino per giungere a questo DECRETO. Cammino come sempre
cosparso di gioie e soddisfazioni, ed anche di delusioni e
grandi amarezze. Tuttavia, un cammino sempre alla luce del
sole, con determinatezza e costanza. Sincerità,
comprensione e pazienza perché il frutto potesse
maturare in seno alla Chiesa per Cena Santa del Popolo di
Dio.
Possiamo dividere il lungo periodo di tempo (1965-1990)
in due grandi momenti: il primo che chiamiamo PERIODO DI
PROVA (1965) ed il secondo che chiamiamo
PERIODO DI GESTAZIONE .
INIZIO
In NOTITIAE n. 121/122 di Agosto/Sett. 1976, Bollettino
della S. Congregazione dei Sacramenti e del Culto Divino
che dal 1989 prenderà il nome di Congregazione del
Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti, troviamo
scritto: «La prima richiesta per l'uso dell'esperanto
venne inoltrata al 'Consilium' (Organismo vaticano per
l'applicazione della COSTITUZIONE SULLA SACRA LITURGIA del
Concilio Vat. II, n.d.r.) nell'agosto 1965, da parte
dell'Unione Esperantisti Cattolici Italiani. Dal Consilium
fu data la concessione «ad exsperimentum» solo
per un'occasione particolare e unicamente per i testi della
XIV Domenica dopo Pentecoste».
Il primo documento ufficiale nelle nostre mani e la
lettera del Consilium a P. Giacinto Jacobitti in data 26
Aprile 1966 (Prot.n. 1212/66) che recita testualmente:
"Reverendissimo Padre, ho il piacere di comunicarle che il
Santo Padre (Paolo VI, n.d.r.), nell'Udienza del 21 Aprile
1966 ha concesso che l'Unione Esperantisti Cattolici, in
occasione di adunanze, convegni e congressi, possa usare
l'Esperanto nelle Letture e nelle Preghiere dei
Fedeli della Messa».
Lo stesso documento stabilisce anche che S.E. Mons. Eduard
Macheiner presenti al Consilium i testi in esperanto per la
loro approvazione. Ovviamente il fervoroso interessamento
di Padre Jacobitti ha fatto si che fossero approvati i
testi sia dell'Ordinario e del Canone romano (Prot. n. 4
232/68 del 16/7/68), il proprio delle Domeniche e delle
Feste e Solennità, sia quello di alcune Messe votive e
di alcuni Santi.
L'ESPERANTA MISALO
Venuto a mancare S.E. Mons. Macheiner, la S.
Congregazione con letteradel27/11/1973incaricaS.E. Mons.
Alfredo Pichler, Vescovo di Banja Luka (YU) come revisore
dei testi in esperanto per la composizione del MESSALE
DOMENICALE secondo l'edizione tascabile apparsa proprio in
questi giorni a firma di S.E. Mons. Bugnini, il Segretario
del Consilium stesso. Ovviamente è sempre P. Jacobitti
il regista di tutto. I lavori vengono accelerati
perché si spera di poter presentare l'ESPERANTA MISALO
durante il Congresso dell'IKU a Roma per l'Anno Santo 1975.
Ma il lavoro dì revisione di tutti i testi, ribatterli
a macchina, ciclostilarli ecc. per una sola persona, sia
attiva e capace come un Padre Jacobitti, richiede più
tempo di quanto previsto, e quando S.E, Mons. Pichler
spedisce alla S. Congregazione esemplari dell'ESPERANTA
MISALO è troppo tardi...
Era il 18 Febbraio 1977. Circa anno prima la
Congregazione aveva chiuso il periodo «ad
exsperimentum» per l'applicazione delle lingue volgari
ed aveva emanato nuove norme per il riordino di tutta la
materia.
DECEM IAM ANNOS
GIÀ DA DIECI ANNI...
La S. Congregazione applicando le nuove norme contenute
nella Lettera Circolare indirizzata ai Presidenti delle
Conferenze Episcopali per l'introduzione delle lingue
proprie nella S. Liturgia (Decem iam annos del 5/06/1976,
Prot. CD 691/76), non approva l'ESPERANTA MISALO e vengono
richiamati all'ordine quanti, compreso Vescovi, celebrano
ancora in esperanto.
Il metro di misura, è errato, a giudizio dell'IKUE
che si batte con tutte le proprie forze, perché si
applica ad una lingua internazionale quanto la Circolare
fissa per le lingue nazionali.
La sentenza espressa in NOTITIAE sopra citato sembrava
definitiva: «Le concessioni della Santa Sede sono
state sempre occasionali e ad exsperimentum. Dopo la
pubblicazione di questa Circolare, è chiara
l'impossibilità che questa lingua possa essere
introdotta nella Liturgia». Invece, dietro paziente
lavoro di chiarificazione e di confronto, di proteste e di
petizioni, arriva uno spiraglio di luce: «...la S.
Congregazione dei Sacramenti sta riesaminando il
problema...». È il card. Villot, allora
Segretario di Stato di Sua Santità Paolo VI, che
così risponde al presidente dell'IKUE con lettera del
9/08/77.
C'è stato anche un tentativo di dirottamento, e
cioè di rivolgersi al Presidente delle Conferenze
Episcopali Europee, ma l'IKUE ha puntato sul Papa ed è
stata la carta vincente. Con Papa Wojtyla le cose
migliorano tanto che NOTITIAE del Luglio-Settembre 1979
arriva a scrivere, smentendo se stessa: «L'ultima
novità linguistica è l'Esperanto confermato dalla
Santa Sede entro certi limiti e a certe condizioni,
nonostante il fatto che sia una lingua artificiale, e
quindi non appartenga a nessuna famiglia linguistica, e non
sia parlata da nessun gruppo umano costituito. Si tratta di
un caso particolare che esula da ogni schema».
LA COMMISSIONE LITURGICA ESPERANTISTA
Gradualmente le cose migliorano, si concedono
autorizzazioni annuali a celebrare in esperanto nei
Congressi e si arriva a chiedere la costituzione di una
Commissione Esperantista Liturgica per la traduzione dei
testi con a capo S.E. Mons. W. Miziolek, Vescovo ausiliare
di Varsavia (23/03/1981, prot. CD 5/81). Dietro consiglio
del nostro 'esperto' della stessa Congregazione, la
Commissione Liturgica Esperantista propone alla S.
Congregazione l'approvazione del MESSALE- PARVU'M (mini
messale tutto e solo in latino) preso dall'edizione stessa
presentata a suo tempo da Mons. Pichler e questo in attesa
di rivedere tutti i testi del Messale Festivo.
Ma la traduzione del MESSALE PARVUM non è concessa
né per le lingue nazionali né per l'esperanto.
È in latino e rimane in latino. La Commissione allora
decide di presentare subito la traduzione del Canone e
delle quattro Preghiere Eucaristiche, cosa che è
avvenuta il 26/10/85. Le Letture ed il Proprio dei giorni
festivi e delle solennità di precetto furono
presentate solo il 15/8/88. La delusione è grande
perché, nonostante il benestare delle due
Congregazioni, quella del Culto Divino e quella della Fede,
l'Ordinario della Messa non arriva mai alla firma del Santo
Padre. C'è un chiaro palleggio di responsabilità.
Gli incaricati della Congregazione a seguire il nostro
dossier si avvicendano e si sostituiscono spesso.
Occorre spiegare e rispiegare, riprendere i documenti
in mano, riconvincere e ripersuadere i nuovi arrivati,
attendere con pazienza e subire altre revoche e
limitazioni. Solo dopo la venuta a Roma (Febbraio 1990) del
Presidente della Commissione Liturgica Esperantista S.E.
Mons. Miziolek la situazione sembra sbloccarsi come per
incanto.
E così per caso veniamo a sapere, ma solo nel
Settembre 1990, che le NORME erano già state fissate
fin dal 20 Marzo l990 (Prot.CD 149 90) mentre il Decreto
verrà firmato solo l'8 Novembre 1990.
DOPO IL RUBICONE
I1 dado è stato tratto, il Rubicone è stato
passato, l'esperanto fa parte delle lingue Liturgiche anche
se con non poche e non lievi limitazioni. Per questo
abbiamo detto all'inizio che il concepimento è
avvenuto ed ora rimane ancora un ... speriamo non lungo
periodo di gestazione, perché l'esperanto sia
partorito a tutto il Popolo di Dio e per tutte le sue
relazioni liturgiche ed extra liturgiche.
Un sogno? Un'utopia? ... Ma sono proprio le utopie che
realizzandosi col tempo fanno progredire il mondo e la
Chiesa.
Ad ogni modo la Chiesa col Decreto sull'esperanto nella
Litugia inaugurato, ufficialmente anche se un po' in
sordina, un modo nuvo di intercomprensione possibile fra
fedeli di lingua diversa nel pieno rispetto delle singole
lingue e culture. E questo è un segno profetico anche
per il mondo.
RINGRAZIAMO...
Il nostro GRAZIE riconoscente abbraccia tutti, quanti
hanno fatto poco e quanti hanno fatto molto, ognuno secondo
le sue possibilità e capacità. Non facciamo nomi
perché ognuno sa. Ma non posso non sollecitare il
Vostro GRAZIE al Santo Padre al quale ho fatto avere il mio
personale e quello dell'IKUE con queste parole «Il mio
cuore di Sacerdote prima e di esperantista poi trabocca di
gioia e di riconoscenza. Lo Spirito Santo datore di ogni
carisma per l'utilità comune (1 Cor. 12,7), e quindi
anche per la promozione della famiglia umana oltre che per
l'edificazione della Comunità Ecclesiale, ha posto il
Suo sigillo scegliendo a tale scopo, al termine di un
cammino difficile durato ben 25 anni, la Sua persona. La
Santità Vostra ha giustamente «esaminato tutto e
ritenuto ciò che è valido» (1 Tess.
5,21).
Ora non possiamo dormire sugli allori. Altre mete ci
attendono per il bene della Chiesa e dell'umanità.
D.D.M.
ESPERANTISMO CATTOLICO,
DOVE?
Se desiderate entrare in contatto con Movimento
Cattolico Esperantista potete scrivere a:
UNIONE ESPERANTISTA CATTOLICA ITALIANA
Via Carlo Zavagli, 73 - 47037 RIMINI (FO) - Tel.
0541-26447 - Vi invieremo materiale informativo.
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KOMUNA KARESMA
BONFARO
ADOTTIAMO UN SEMINARISTA ...
Già nel numero 3-4/90 di KATOLIKA SENTO abbiamo
scritto di lui ed abbiamo pubblicalo la sua foto. Purtroppo
non sembra essere arrivato alcun dollaro per regalargli una
radio onde potersi ascoltare le trasmissioni in esperanto di
Radio Vaticana. Quando le partenze sono lente significa che
... il treno è molto carico! Ci speriamo.
Il giovane studente di Teologia al Seminario
«Giovanni Paolo II» di Lomé (TOGO), AGBOVI
VINCENT-IRENEE, ha scritto nel frattempo diverse lettere
nelle quali fa presente la sua situazione finanziaria
familiare che tutti possiamo ben immaginare:
«... Nun mi volas demandi vin
ion. Vi mem scias kiel estas tre dura la vivo de
studento en porpastra seminariejo. Mia familio estas
tre malriĉa kaj ĝi havas seriozajn problemojn
por prokuri al mi la necesaĵojn. Tiel estas
malfacile por mi aĉeti librojn kaj aliajn aferojn
por mia studado. Ili estas libroj necesaj kaj gravaj
por mia intelekta, spirita kaj humana eduko. Tial, kara
Pastro, mi kuras al vi por demandi vian
helpo-protekton. Mi bezonas helpon por fini perfekte
mian studadon en la porpastra seminariejo. Bonvolu
helpi min aŭ serĉu al mi iun alian helpanton
kaj bonfaranton. Baldaŭ mi ricevos
«Lektoraton», la duan etapon de mia
ŝtuparo al Sacerdotiĝo ... Kara Patro-amiko,
mi esperas ke Dio metu vin sur mia vojo por ke vi helpu
al mi per viaj konsiloj. preĝoj ... sed ankaŭ
finance».
In una lettera precedente scriveva: «... mi donas al
vi kelkajn detalojn pri nia situacio en la porpastra
Seminariejo. Ni dormas en 4, 5, 6, 7 litaj ĉambroj. Ne
estas bona biblioteko, nek seriozaj kaj gravaj libroj por nia
spirita, humana kaj psikologia eduko. Se la seminarianoj
malsaniĝas, ili mem devas aĉeti la medikamentojn,
sed multaj ne havas monrimedojn».
Abbiamo già adottato lo studente SALDARRIAGA LUIS
FELIPPE de Medellin (Colombia) al quale assicuriamo 400
dollari americani all'anno. Egli continua e con successo. I
poveri sanno fare tesoro di tutto! Si tiene sempre in
contatto con noi, manda gli attestati universitari come prova
e vi ringrazia, sempre di cuore.
Ma, cosa c'impedisce di adottare anche questo SEMINARISTA
AFRICANO, nostro samideano? Il denaro? ... Ma il nostro
DENARO IN SOVRAPPIÙ è dei POVERI. Si
«ruba» ai poveri se noi lo consumiamo senza
bisogno!...
La mia Parrocchia è pronta a fare la sua parte.
Durante la QUARESIMA, come sempre, si distribuiranno
salvadanai di carta perché ogni famiglia vi ponga il
risparmio quaresimale per fare assieme questa bella OPERA DI
CARITÀ verso il nostro AGBOVI VINCENT-IRENEE. È
già prossimo al Sacerdozio e ... chissà che non
possa domani venire a conoscerci di persona, a dare una sua
testimonianza cristiana ed esperantista nelle nostre
parrocchie, cari confratelli esperantisti, e nei nostri
UECI-grupoj! Tutto è possibile ... perché l'unione
fa la forza!
D.D.M.
Il problema linguistico nella Chiesa alla
luce dei nuovi sviluppi in Europa
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Pubblichiamo un ampio studio sul problema linguistico
nella Chiesa, preparato dal dottor Jiri Laube, esperantista
cecoslovacco, e da questi inviato alla sua Conferenza
episcopale nazionale. Riteniamo le osservazioni del dottor
Laube attuali e importanti anche per noi, per questo
offriamo in lettura il suo testo tradotto in italiano.
Tutti gli uomini di buona volontà hanno accolto
con calore la notizia, data dal Santo Padre a Velehrad
(Moravia) il 22 aprile 1990, di voler convocare un Sinodo
dei Vescovi sul tema della situazione attuale in Europa.
È un segno che egli abbia desiderato annunciare questo
avvenimento proprio a Velehrad, nel luogo reso santo
dall'azione dei copatroni di Europa, i santi Cirillo e
Metodio.
Sentiamo tutti di essere alle soglie di un'epoca
nuovissima, e ringraziamo Dio di poter partecipare a nuovi
eventi storici, a una serie di miracoli, come riconobbe il
presidente Havel dando il benvenuto al Papa in
Cecoslovacchia il 21 aprile 1990.
Ma constatiamo anche dei pericoli. Secondo il consiglio
di San Benedetto: Prega e lavora, o, come si dice in ceco:
aiutati che Dio ti aiuta, dobbiamo rivolgerci a Dio e
contemporaneamente dobbiamo fare tutto ciò che ci
permettono le nostre forze.
Come «in principio era il Verbo, e tutto fu fatto
da Esso», così anche nelle azioni umane di solito
vi sono all'inizio parole. È detto che la
«parola», ossia la capacità di parlare,
unisce gli uomini, ma che le lingue li dividono. Come le
frontiere non devono dividere, ma rappresentare luoghi di
contatto fra le nazioni, così pure la lingua dovrebbe
essere un elemento di unione, e non di divisione.
Ho preparato il presente breve studio e sarei davvero
felice se in qualche forma esso possa servire come
contributo al lavoro dei Vescovi. Prima di descrivere il
tema citato nel titolo, desidero, nella maniera più
concisa, dare informazioni sulla soluzione del problema
linguistico in altri settori, ossia nei settori:
I. politico,
II. cultura generale,
III. di categoria.
I. Aspetti politici
del problema linguistico
Via via che nel passato cessava l'uso del latino nei
contatti internazionali e di settore, le lingue delle
singole nazioni, in primo luogo quelle delle nazioni
più potenti, diventavano oggetto e strumento di
politica.
Ben conosciuti sono i tentativi di germanizzazione
compiuti da Giuseppe II, e molto più ricordati, quelli
durante l'occupazione nazista. Si può notare come il
problema linguistico vada a braccetto con ogni tipo di
impero armato, economico e politico. L'Atto finale di
Helsinki considera lo squilibrio e disuguaglianza
linguistica come uno che dei gravi fattori che turbano la
pace. L'Atto finale dedica a questo problema una notevole
attenzione e propone di mettere a disposi/ione aiuti alle
lingue e culture delle nazioni «minori».
Si evidenzia, e i sociologi lo attestano spesso, che un
moderato patriottismo rappresenta un pezzo della vita della
società, ovviamente mantenendo il rispetto degli
altri. Questo è stato anche
lo slogan della giornata mondiale della pace 1989: Per
costruire la pace, rispetta le minoranze.
Il predominio delle lingue delle nazioni più
potenti, per quanto in alcuni casi porta un vantaggio
pratico nelle regioni interessate, è sempre fonte di
scontentezza, proteste e qualche volta anche di violenza e
odio. È qualcosa di simile alla differenza di possesso
e di economia nella società.
Esempi pratici di questa osservazione si possono avere nei
disordini in Jugoslavia, Irlanda, Unione Sovietica come
pure in Gran Bretagna, India e in fin dei conti anche nelle
discussioni tra cechi e slovacchi nel nostro paese.
II. Il settore culturale
Il già citato Atto finale di Helsinki si occupa in
maniera relativamente vasta delle influenze degli squilibri
culturali e linguistici sulla pace e armonia in Europa. Si
tratta principalmente della posizione dei diversi diritti
dei valori culturali delle nazioni più piccole,
difficile penetrazione di manifestazioni culturali sulla
scena mondiale. Ricordiamo soltanto che anche nelle nazioni
più piccole appaiono opere notevoli, ma non disponendo
di sostegno economico, esse non raggiungono una diffusione
mondiale uguale a quella dei opere simili di paesi più
grandi. Per essere brevi, basti solo questo esempio: il
poeta ungherese Petòfi è ritenuto allo stesso
livello del tedesco Schiller, ma la loro importanza nel
mondo è diversa, proprio per la differenza delle loro
nazioni di origine. Uguale la situazione anche dei nostri
scrittori, compositori e di altri creatori di valori
culturali.
L'appello dell'Atto finale - sostenere lo studio delle
lingue «minori» e la traduzione delle loro opere
- è certamente da lodare, ma nei fatti non ci si
può aspettare che si imparino ad esempio il danese, il
greco moderno e il ceco, quando si riesce a malapena a
imparare almeno le 3 lingue necessario per la propria
specializzazione.
E, avvicinare le culture di queste nazioni attraverso
le traduzioni nelle lingue più importanti, ad esempio
in tedesco o inglese, è pieno di problemi, poiché
questa o quelle lingua intermediaria modifica
sostanzialmente l'opera tradotta. In maniera più
evidente si può constatare ciò nei riguardi delle
lingue extra-europee, come il giapponese o il cinese.
Se la lingua di tramite è l'Esperanto, la
situazione è assai diversa. In primo luogo l'Esperanto
non appartiene a nessuna sfera di influenza. Poi, sempre
nel caso delle lingue nazionali, il traduttore di solito
appartiene alla lingua in cui si traduce e tutto dipende
fino a che punto il traduttore riesce a esprimere pensino
il senso nascosto delle
parole. Con l'Esperanto la questione è diversa: chi
traduce un testo appartiene alla nazione/lingua
dell'originale e perciò conosce perfettamente la
realtà propria della nazione interessata.
E, fatto più importante: la lingua è
incomparabilmente più semplice (si calcola, da 3 a 5
volte più facile del tedesco o dell'inglese) e
più adatta per esprimere le sfumature. L'ho
sperimentato io stesso leggendo una tipica poesia
giapponese tradotta in esperanto, e me lo ha confermato
anche un mio amico russo, quando mi ha scritto che la
traduzione in esperanto di un libro ceco era migliore di
quella in russo, letta prima.
Le letterature ceca e slovacca giunsero, tramite
un'antologia in esperanto, per la prima volta negli anni 30
in Giappone e in Cina.
L'Esperanto ha raggiunto il riconoscimento dell'Unesco:
nel 1954 la sua Assemblea generale a Montevideo
approvò una risoluzione in favore dell'introduzione
dell'Esperanto, e di nuovo nel 1985. nel corso della
conferenza generale a Sofia fu accettata una risoluzione
che invitava i paesi-membri a sostenere e introdurre
l'Esperanto e a organizzare cerimonie in onore del
centenario di questa lingua (1987).
L'avvenimento più importante fu la fondazione di
un centro culturale esperantista nella città natale
dì Zamenhof, a Biatystok. Furono messi a disposizione
4 ettari nel centro della città, e fino al 1997
verrà costruita una serie di impianti (saloni per
congressi, hotel, biblioteca e classi, anfiteatro, centro
di telecomunicazioni e così via). Tutto sotto il
sostegno del governo polacco, delle autorità locali e
dell'associazione universale di Esperanto.
III. Il problema della lingua nei settori
specialistici
Partecipiamo a cambiamenti essenziali nella
società, nell'economia e nelle relazioni
internazionali.
Si sottolinea come la società futura darà
più attenzione ai valori spirituali che non oggi.
In tema di economia il fattore principale è il
livello di produzione, i nuovi metodi di lavoro e tutto
ciò basato sulla facile trasmissione di informazioni:
in breve: sull'informatica.
Una collaborazione internazionale è richiesta non
soltanto dalla produzione e dalla ricerca, ma anche dai
problemi ecologici, dalla valanga di informazioni dal mondo
e anche la quantità di lingue nelle quali tali
informazioni sono prodotte. Tutto ciò rende non
gestibili tali informazioni. Lo scambio di informazioni
avviene sia con contatti personali in diverse
consultazioni, e tramite la letteratura, ma negli ultimi
tempi, sempre più per mezzo dell'elettronica. In tutti
questi mezzi il caos linguistico rappresenta un grande
ostacolo.
In diverse parti del mondo, in epoche diverse, gli
uomini imparano altre lingue, le più importanti. Chi
abbia già imparato e conosca una data lingua sa bene
quanto lavoro abbia speso e alla ! fine avverte di non
conoscere perfettamente la lingua studiata, specialmente se
deve dedicare le sue forze anche allo j studio della
propria specializzazione.
Sono state spese molte energie per la ! traduzione con
macchine, ma i risultati non brillano. Le lingue nazionali
sono notevolmente irregolari, con uno] sviluppo altrettanto
irregolare e ciascuna ha delle eccezioni di tipo diverso.
La traduzione con macchine, se avrà successo dopo
grandi sforzi e ingenti spese, avrà bisogno di esperti
linguistici di entrambe le lingue trattate per adattare e
rendere comprensibile il testo tradotto. È necessario
elaborare per ogni coppia di lingue un sistema
indipendente, che le nazioni più povere non possono
avviare. Gli esperti ritengono che non sia possibile una
traduzione totalmente automatica dall'inglese, poiché
in inglese ogni parola ha più di un significato.
Dopo queste esperienzezela dittattatta olandese BSO di
Utrecht ha cominciato a lavorare sul progetto DLT -
Distribuita Lingva Tradukado (Traduzione linguistica
distribuita), che con unaconuna lingua-ponte interna,
l'Esperanto. Il sistema è essenzialmente automatico;
solo quando vengono immessi i testi, l'apparato domanda in
caso di dubbio il significato di una parola, quale dei
significati proposti è valido. Chi introduce i testi
non ha bisogno di conoscere né l'Esperanto né la
lingua in cui si traduce.
Questo progetto ha raggiunto il primo posto fra gli
altri progetti concorrenti, perché il DLT rende
possibile la traduzione di tutte le lingue in tutte le
lingue. Varie prove hanno superato le attese. Un
riconoscimento è stato attribuito al DLT nel corso
della conferenza internazionale sulle nuove vie della
traduzione automatizzata, avvenuta a Budapest nell'autunno
del 1988.
In estrema sintesi, ecco altri passi avanti: sono state
create accademie internazionali delle scienze una a San
Marino, l'altra in Svezia, entrambe con l'Esperanto quale
lingua di lavoro. Negli ultimi tempi l'Accademia cinese
delle scienze prepara la fondazione di una università
internazionale a Pekino con l'Esperanto come lingua di
insegnamento.
E non ho trattato del settore del turismo individuale o
di gruppo, del servizio accoglienza per turisti all'estero,
del servizio dei delegati esperantisti a disposizione in
quasi tutti i paesi del mondo ecc.
Forse queste notizie assolutamente inesaurienti, vi
potranno aiutare ad avere un quadro del problema e della
sua soluzione in qualche sfera della vita e del bisogno di
intercomprensione.
IV. Il problema linguistico nella Chiesa
Nel corso dei secoli, il latino è stato la lingua
della Chiesa. Più tardi si sostituì l'italiano.
Apparsero in uso pure altre lingue come il francese e
l'inglese.
I viaggi apostolici del Santo Padre in diversi paesi
del mondo sottolineano maggiormente la necessità di
risolvere il problema linguistico.
Il Sinodo dei Vescovi del 1987 ebbe come tema
principale: «La missione dei laici nella Chiesa».
In questo senso desideriamo realizzare la nostra missione e
da parte nostra contribuire alla soluzione di questo
problema con il mezzo che abbiamo a disposizione.
Come all'inizio del Buon Messaggio vi fu la Parola,
così all'inizio di ogni comunità umana ci fu e
sempre dovrebbe esserci la parola umana, il linguaggio,
l'intercomprensione. La Parola fu all'inizio dell'azione
degli Apostoli. La traduzione della Scrittura e la
comprensione con il popolo fu l'inizio e anche il
fondamento del successo.
La riforma della liturgia in direzione dell'uso di
lingue etniche contribuì ovviamente a una più
profonda e diretta partecipazione ai servizi divini.
Lo sviluppo della scienza e della tecnica nella nostra
epoca ha reso possibile un sempre più facile contatto
fra gli uomini di nazioni diverse e di continenti diversi.
Conoscere le cosiddette «lingue mondiali» non
è più sufficiente, perché
«mondiali» sono diventate anche le lingue di
paesi fino a poco tempo fa arretrati, come il cinese,
l'arabo, l'hindi, lo swahili ecc. In Cecoslovacchia il
russo era materia di studio obbligatoria; importantissimo
il tedesco; per lo studio di letteratura specialistica
è necessario l'inglese; per i contatti nella vita
della Chiesa, l'italiano. Per chi desidera aggiungere alla
conoscenza delle lingue anche la propria formazione
specialistica, è impossibile realizzare tutto quanto
si desidera. L'introduzione della lingua internazionale
è spesso comparata all'accettazione fatta due secoli
or sono del sistema metrico-decimale. Anche questo sistema
è in parte artificiale, ma semplificò moltissimo
il caos delle diverse unità di misura regionali
preesistenti. Non vi sono dubbi sulla sua
funzionalità, tuttavia ci sono ancora paesi in cui si
misura in yard, miglia, barili, ecc.
La Chiesa e anche il movimento ecumenico hanno bisogno
di una lingua comune sia nei fatti che in senso
simbolico.
Anche l'ultimo Sinodo dei Vescovi non è potuto
avvenire con l'uso di un'unica lingua; si è reso
necessario creare dei gruppi linguistici. Gli stessi
esercizi spirituali mondiali per sacerdoti, tenutisi in
Vaticano nel settembre dell'anno scorso, che hanno avuto 6
gruppi linguistici di sole lingue europee, è un segno
di una certa crisi linguistica.
Non si dimentichino gli incontri della gioventù
mondiale, dove i partecipanti si sorridono fra loro,
incapaci di colloquiare: essi pregano e discutono in
piccoli gruppi linguistici. La presenza in tali incontri,
spesso assai costosa, perde molto del proprio
significato.
L'introduzione di una lingua nazionale come lingua di
intercomprensione nella vita della Chiesa, sarebbe, per
molti motivi, una cosa irrealizzabile né pratica, come
non è possibile per la politica, la scienza, la
tecnica o per lo sport. Ciò condurrebbe al predominio
e ai vantaggi notevoli di alcuni sugli altri;
rappresenterebbe il soffocamento di singole, non
sufficientemente forti culture. Anche l'universalità
della Chiesa ne soffrirebbe.
Le cosiddette «lingue mondiali» hanno
raggiunto l'attuale diffusione per lo più non per le
loro qualità, ma con la forza delle armi e lo
sfruttamento impietoso. Ogni lingua nazionale, come insegna
esteriore di un dato popolo, risveglia in altri popoli
ricordi dal passato, spesso spiacevole, qualche volta
persino di odio.
L'Esperanto non è legato a nessuna forma di
oppressione, colonizzazione o di sfruttamento. Esso è
nato ed è cresciuto sotto valori culturali, con la
t'orza del desiderio di fratellanza, amicizia e pace
duratura. E soprattutto con il dolore causato dall'odio e
dall'intolleranza.
Il dottor Zamenhof era un uomo di fede. Nel primo
congresso universale di Esperanto (Boulogne-sur-Mer, 1905)
fece il discorso di inaugurazione inserendo anche una
preghiera da lui composta per l'occasione. Una preghiera
rivolta al Dio di tutti gli uomini, di tutte le razze e
religioni. L'Esperanto un mezzo di collegamento fra tutti,
per questo anche la preghiera fu accettata da tutti. Anche
da quelli che non credevano. Fu quello un
«esperimento» di preghiera ecumenica, forse non
da approvarsi pienamente [dato il suo aspetto tendente al
sincretismo, ndT], ma certamente da ammirare perché
avvenuto nel 1905 quando ancora non esistevano idee o
movimenti ecumenici.
Come cattolici esperantisti dobbiamo cercare le
possibilità di utlizzo di una lingua internazionale
per risolvere i problemi linguistici fra i cristiani
durante i diversi incontri di giovani o meno giovani laici,
pellegrini, teologi o anche di vescovi.
Il Santo Padre nei suo già citati viaggi ha
dimostrato una straordinaria capacità linguistica che
solo pochi possiedono. Forse, il suo successore non
l'avrà. Tuttavia finora egli ha usato solo lingue
indoeuropee, simili alla sua lingua materna o all'italiano.
La promessa, fatta a Najrobi nel corso del primo viaggio in
Africa, di usare in futuro lo swahili, non è stata
mantenuta, perché non possibile. Non è facile
cominciare a usare una lingua di tutt'altra struttura,
specialmente per chi ha l'età e le occupazioni del
Papa. Questa promessa fu allora accolta con entusiasmo.
Ovvio: l'inglese e il francese sono le lingue degli
ex-colonizzatori e sono parlate - secondo studi condotti -
in quelle ex-colonie dal 2 al 7% della popolazione; gli
altri ne conoscono poche parole o frasi.
Il Santo Padre nel corso delle sue visite in Giappone e
in Estremo Oriente ha predicato anche in giapponese e in
altre lingue locali. Ma nonostante il considerevole sforzo
di preparazione, non si è trattato di piena padronanza
della lingua.
Vale la pena di citare che in quei paesi orientali, in
Cina, l'Esperanto conosce una grande diffusione, sostenuta
dal governo e dalle università. Avvengono trasmissioni
radiofoniche e televisive di corsi di Esperanto. In
Giappone, oltre ad associazioni attivissime, esiste una
fiorente attività editoriale, per presentare al mondo
l'amica e la nuova letteratura giapponese che altrimenti
non conosceremmo.
Occorre considerare che l'entusiastica accoglienza
dell'Esperanto in quei paesi dell'est asiatico si basa non
solo sul fatto che «finalmente appare una lingua che
non porta con sé un dominio straniero», ma anche
perché l'Esperanto, per quanto «europeo»,
è in realtà una lingua agglutinante. Questo
può aiutare noi europei a comprendere la spirito delle
lingue e culture asiatiche
Esistono altresì una serie di settori in cui il
caos linguistico frena od ostacola seriamente: è il
caso della radiofonia e della stampa.
I problemi si accumulano ed esiste solo una soluzione:
una lingua comune per tutti e da tutti accettabile.
Dal 1910 esiste l'Ikue - Internacia Katolika Unuigo
Esperantista (Unione Internazionale Cattolica
Esperantista), con sede oggi a Roma. L'Ikue pubblica il
mensile «Espero Katolika» (Speranza Cattolica).
Nel 1980, con approvazione della Congregazione per il culto
divino e per la disciplina dei sacramenti, fu creata una
Commissione liturgica esperantista. Presidente di quella
Commissione fu il Vescovo ausiliare di Varsavia, mons.
Wladyslaw Miziolek. Lo scorso anno, a novembre, la
Congregazione per il culto divino ha approvato i testi del
Messale e del Lezionario romano e dell'Ordo Missae,
tradotti in esperanto e presentati dalla Commissione
liturgica citata.
In molte località (ad esempio in Polonia e
Ungheria) avvengono durante l'anno esercizi spirituali e
anche congressi mondiali di cattolici esperantisti. Nel
1977 al Congresso internazionale dell'Ikue a Czestochowa
(Polonia) sotto il patronato dell'allora cardinal
Wojtyła. Egli avrebbe dovuto celebrare, secondo
l'autorizzazione del Papa Paolo VI, una Messa in esperanto,
ma in quei giorni avvenne il funerale dell'Arcivescovo
Haraniak che gli impedì di presenziare al
Congresso.
Nelle trasmissioni radiofoniche l'Esperanto è
presente maggiormente in Polonia: ogni giorno 5
trasmissioni di mezz'ora; Radio Pekino trasmette quattro
programmi di mezz'ora ogni giorno in Esperanto. Alle
trasmissioni di Vienna, Berna e Roma si affiancano i
programmi della Radio Vaticana che trasmette in Esperanto
ogni domenica alle 21 e il giovedì alle 6.40. Nel
corso della Messa latina le seconde letture sono talvolta
in Esperanto.
Il nostro impegno per l'introduzione e l'uso di questa
lingua internazionale si basa sulle encicliche
«Populorum Progressio» e «Sollicitudo Rei
Socialis».
È necessario sostenere gli sforzi del le nazioni
meno favorite per liberarsi della dipendenza culturale ed
economica delle nazioni più grandi. Si tratta
principalmente di dipendenza dalle fonti di conoscenza,
istruzione e informazione specializzata per i paesi del
cosiddetto Terzo Mondo.
È necessario che tutti gli uomini comincino a
capire che occorre risolvere questo problema, che occorre
sensibilizzare in primo luogo i giovani.
Jiri LAUBE
Kratochvilova 969
41301 Roudnice n.L
traduzione dall'esperanto
di Carlo Sarandrea
IKUE-LIBROSERVO
|
1)
|
SANKTA BIBLIO (12.5x18.5 cm) ......
|
Lit.
|
40.000
|
2)
|
LA NOVA TESTAMENTO (8x12.5 cm) .....
|
Lit.
|
5.000
|
3)
|
LA IMITADO DE KRISTO T. a Kempis (10.5x15.5 era,
336 p.)
|
Lit.
|
6.000
|
4)
|
LA SKLAVOJ DE DIO G. Gàrdony (14x20 cm, 410
p.)
|
Lit.
|
6.000
|
5)
|
KATOLIKA PREĜARO (12x17 cm, 104 p.)
|
Lit.
|
2.000
|
6)
|
INTERNACIA LINGVA KOMUNIKADO EN LA EKLEZIO KAJ
NUNTEMPA MONDO J. Korytkowski (14.5x19.5 cm, 90
p.)
|
Lit.
|
5.000
|
7)
|
LA CHIESA E IL PROBLEMA DELLA LINGUA AUSILIARE
INTERNAZIONALE J. Korytkowski (17x24 cm, 176 p.)
|
Lit.
|
2.000
|
8)
|
LA IGLESIA Y EL PROBLEMA DE LA LENGUA AUXILIAR
INTERNACIONAL J. Korytkowski (15.5x23 cm, 142 p.)
|
Lit.
|
6.000
|
9)
|
FRANCISKO EL ASIZO, PROFETO POR NIA TEMPO N.G.M.
van Doornik (biografio, 12x17 cm, 320 p.)
|
Lit.
|
10.000
|
10)
|
SANKTA FRANCISKO S. Riabinin (poemoj, 15x21 cm,
15:
|
Lit.
|
5.000
|
11)
|
LA VOJOJ DE LA EKLEZIO ('Ecclesiam Suam') Papo
Paŭlo 6a (13x19.5 cm, 78p.)
|
Lit.
|
5.000
|
12)
|
ENKONDUKO AL EKUMENAJ PROBLEMOJ Mons. W. Miziolek
(15x21 cm, 80 p)
|
Lit.
|
4.000
|
13)
|
LA LIBRO DE LA AMO R. Follereau (14x20 era, 66
p.)
|
Lit.
|
5.000
|
14)
|
LA DIA AVARULO J. Dobraczynski (biografio de
S.M.Kolbe. 14x20 cm, 88 p.)
|
Lit.
|
7.000
|
15)
|
DECIMALA KATALOGO DE LA PLANLINGVA LITERATURO
ĈELA KATOLIKA UNIVERSITATO DE LUBLINO
POLLANDO E.T. Wojlakowski (17x24 cm. 306 p)
|
Lit.
|
5.000
|
16)
|
EN LA LUMO DE LA BIBLIO Prelegoj de la
Ikue-Kongreso en Dalfsen (15x21 cm. 50 p)
|
Lit.
|
4.000
|
17)
|
DIO ESTAS AMO E. ar Menga (13.5x21 cm, 80 p.)
|
Lit.
|
5.000
|
18)
|
LA ŜUISTO DE GWIDEL E. ar Menga (13.5x21 cm,
95 p.)
|
Lit.
|
5.000
|
19)
|
Revuo 'ESPERO KATOLIKA'
|
|
|
|
Nebinditaj jarkolektoj jaroj 1980-1985
|
po Lit.
|
10.000
|
|
Nebinditaj jarkolektoj jaroj 1986-1990
|
po Lit.
|
15.000
|
|
BILDKARTOJ
|
1)
|
PREĜO DE SANKTA FRANCISKO (sur luksa papero,
kolora, 14x22cm)
|
Lit.
|
2.000
|
2)
|
HIMNO DE LA KREITARO (10 diversaj, koloraj)
|
Lit.
|
3.000
|
3)
|
NIA SINJORINO DE LA ESPERO (10 ekzempleroj,
koloraj)
|
Lit.
|
2.000
|
4)
|
SANKTA FRANCISKO ('Kantiko', "Sinjoro, faru
min...', 2 diversaj, koloroj
|
Lit.
|
400
|
5)
|
RADIO VATIKANA (kun tekstoj en esperanto. 4
diversaj, b/n)
|
Lit.
|
400
|
6)
|
LAUDO AL LA SINJORO PRO LA SOCIAJ KOMUNIKILOJ
P.G. Alberione (esperato-traduko, dukolora)
|
po Lit.
|
200
|
7)
|
RAPORTILO PRI AŬSKULTO DE KURTONDAJ
RADIOELSENDOJ (en esperanto, verda)
|
po Lit.
|
200
|
|
Mendu skribante al:
Unione esperantista Cattolica Italiana - Viale Carlo
Zavagli. 73
47037 RIMIN1 FO (telefonnumero 0541-26447
|
Prezoj en liroj. Al ili aldoniĝas la poŝtaj
kostoj. Oni pagas post ricevo de menditaj aĵoj.
Pagojn oni faru per la poŝta konto 11 12 94 75,
laŭ la adreso: Ueci, Rimini.
Al tiuj kiuj aĉetos je almenaŭ 30.000 lirojn
ni sendos donace libreton.
|
ANDREA CHITI-BATELLI
Una pulce nell'orecchio della
glottodidattica
|
"Poca favilla gran fiamma seconda"(DANTE)
Molti sanno che una nota sovietologa francese,
Hélène Carrère d'Encausse, ha predetto con
almeno dieci anni di anticipo che i crescenti conflitti
etnici avrebbero fatto esplodere il sistema sovietico.
Quasi tutti invece ignorano che la stessa previsione era
stata fatta ancor prima di lei da un allora giovanissimo
studioso, anche lui francese. Interrogato circa un anno
addietro ad "Antenne 2", nella trasmissione "Apostrophes"
oggi scomparsa (è di lì che ho la notizia), su
come egli avesse potuto antivedere il futuro tanto
esattamente e con tanto anticipo, detto studioso -
purtroppo ne ho dimenticato il nome - rispose
semplicemente, che lo aveva capito dalle statistiche
sovietiche sulla mortalità infantile: che per vari
anni fornivano dati sempre peggiori (con percentuali
incomparabilmente più elevate che in Occidente),
finché a un certo momento, per decisione dall'alto,
non erano state più pubblicate. Da quest'ultimo fatto
egli aveva capito che il sistema sovietico aveva i giorni
contati. Non per nulla Leibnitz diceva che una mente
infinita, vedendo l'orma del piede di Ercole, avrebbe
potuto "ricostruire" l'intera figura del semidio greco.
* * *
Credo che occorra, invece, solo una modesta
intelligenza per trarre importantissime conclusioni da una
piccola notizia, nascosta fra le scartoffie della
Comunità Economica Europea. Questa, com'è noto,
si è anche ritagliata una qualche competenza in campo
culturale, con particolare interesse per il problema
dell'insegnamento delle lingue. Ebbene, appunto a una delle
riunioni - quella del 12-13 dicembre 1990 - di alti
funzionari dei Paesi membri che si svolgono a Bruxelles
nell'ambito del Comitato per l'Istruzione del Consiglio dei
ministri comunitario, il Ministero della Pubblica
Istruzione del Lussemburgo ha presentato una breve memoria
con osservazioni, dovute al prof. Portante, sui risultati
della politica linguistica seguita in questo piccolo Paese,
dove fin dalle elementari si studiano tre lingue: il
lussemburghese (che è, in sostanza, un dialetto
tedesco), il tedesco e il francese.
Il documento espone, in sintesi, i vantaggi e gli
svantaggi di una tale politica: e fra questi ultimi indica
il fatto -davvero di non piccola importanza, anche se non
vengono fornite percentuali - che non pochi scolari non
riescono, per le loro deficienze nelle tre lingue sopra
ricordate, a conseguire il diploma a cui aspirano, mentre
essi lo potrebbero in base ai risultati ottenuti in tutte
le altre materie. E tali difficoltà, aggiunge il
documento, sono ovviamente ancora maggiori per i figli
degli
stranieri - e non sono davvero pochi - che frequentano le
scuole lussemburghesi.
* * *
La piccola notizia deve esser fonte, dicevo, di
importanti riflessioni perché essa mette in piena luce
l'assurdità della politica d'insegnamento delle lingue
oggi seguita, almeno a parole, anche da tutti gli altri
Stati membri della C.E.E.: politica che è quella di
favorire e incoraggiare, sia pure dopo le elementari, il
multilinguismo (o di fingere di farlo).
Non c'è bisogno di aver letto un libro americano
che ha avuto, qualche anno fa, un certo successo (Howard
GARDNER, Formae meniis: saggio sulla pluralità
delle intelligenze, Milano, Feltrinelli, 1987) per
rendersi conto che, come già sapevano gli antichi,
non omnia possumus omnes e, come precisava Dante,
chi è nato a cinger la spada non può, senza danno
per lui e per gli altri, esser obbligato a divenir un
religioso, mentre gli svantaggi per la società, oltre
che per il singolo, sono ancora maggiori se si fa re di tal
ch'è da sermone (Par., VIII, 145-8).
Si obietta che le lingue sono indispensabili per
relativizzare la propria cultura nazionale ed aprirsi a
quelle straniere; ma è qui che risiede il pregiudizio,
che vorrei definire "antropomorfico". Senofane diceva che,
se i cani o i cavalli fossero forniti d'intelligenza, si
raffigurerebbero i loro dèi in forma canina o
cavallina. Non diversamente i professori di lingue -
forniti di attitudini e interessi prevalentemente, appunto,
linguistici, sì che questa è la loro antenna
privilegiata per entrar in contatto col mondo e capirlo -
s'immaginano che anche tutti gli altri loro simili abbiano
lo stesso tipo di ricettività e d'intelligenza, e
vorrebbero imporlo agli altri. È come se tutti
venissero obbligati, per decisione degl'insegnanti di
musica, a far proprio, invece che il plurilinguismo
il "pluristrumentalismo", perché solo chi sa suonare
almeno un paio di strumenti, tra cui il pianoforte,
può davvero capire e "sentire" la musica, mezzo
privilegiato e insostituibile, per loro, per entrar in
contatto con altri mondi e altre culture.
Tutto ciò non è falso, ma è unilaterale.
Come vi sono più cose nella realtà che non nella
filosofia di Polonio, così vi sono più attitudini
e più intelligenze di quanto non ritengano i
glottodidatti, schiacciati fra una grammatica e un
vocabolario: e, a seconda delle vocazioni e attitudini
particolari del singolo, il mezzo per la comprensione degli
altri saranno volta a volta la letteratura (grazie a buone
traduzioni), le belle arti, le scienze, la storia, i
costumi sociali, ecc.
* * *
Il risultato dell'unilateralità e degli errori
lamentati è sotto gli occhi di tutti: a scuola le
lingue si studiano, ma non s'imparano, perché chi non
e fortemente motivato ad apprenderle fa progressi scarsi e
lenti e dimentica rapidissimamente, appena interrompe lo
studio.
Orbene, questi dati elementari non possono passar
inosservati, neppure a coloro che fanno finta di non
vederli e li scotomizzano. Perciò si finirà, e
prima di quanto non si creda, per adattare la politica
scolastica alla realtà. Il cittadino comune, i
genitori, gli scolari sanno che quello di cui c'è
bisogno, e che val la pena di studiare, è una lingua,
e una sola, che serva, e serva davvero, per la
comunicazione internazionale a fini pratici. (Così
è per la massa: poi chi si avvia ad altri studi e al
dottorato di ricerca dovrà - lui si - imparare altre
lingue, varie a seconda della sua specialità, ma in
ogni caso più d'una).
Oggi questa lingua "passe-partout" è, ed è
ogni giorno di più, l'inglese. L'obiettivo, a parole,
del plurilinguismo è solo la foglia di fico che
maschera, e rende così più facile e meno
traumatica, questa marcia irreversibile dell'inglese, che
sta diventando - o è già - quello che è
stato il latino durante l'Impero romano: la lingua
internazionale. E come il latino ha distrutto in radice le
lingue autoctone dell'Europa antica in cui la presenza di
Roma si è affermata, dalla Penisola iberica alla
Dacia, così l'inglese distruggerà le nostre
lingue, prima ridotte al rango di dialetti, poi parlate,
anche in tale condizione precaria, solo dalle vecchie
generazioni, finalmente non più lingue vive.
Allo Stato non c'è alternativa, e l'obiettivo
dell'Esperanto, per grandi che siano i suoi pregi,
resterebbe un pio desiderio, senza presa sulla realtà,
perché i fatti di dominanza linguistica sono
essenzialmente fatti politici, di dominanza politica (il
latino ha trionfato per i meriti militari dei suoi
eserciti, non per quelli letterari di Virgilio, di Orazio o
di Cicerone): anche l'Esperanto, dunque, finché non
avrà una forza politica comparabile a quella del mondo
anglosassone in genere e statunitense in specie, non
potrà affermarsi come lingua franca europea e
mondiale.
Vi è però una speranza che esso possa, fra
non molto, aver dalla sua questa forza: la Federazione
Europea. Se questa nascerà, e - condizione altrettanto
essenziale - avrà vivo il sentimento, e l'orgoglio,
della propria "identità" culturale, come oggi si usa
dire, da preservare e promuovere nella sua caratteristica
essenziale che è quella del pluralismo
nell'unità, allora le autorità federali si
renderanno conto della gravità della minaccia di
"ecocatastrofe linguistica" che l'attuale, malsana
preminenza dell'inglese fa pesare sull'Europa e sul mondo,
e ricorrerà a una lingua pianificata. (E se lo
farà, si può tranquillamente scommettere che
tutto il Terzo mondo la seguirà senza esitare).
Se nascerà la Federazione Europea e - condizione
altrettanto essenziale - avrà vivo il sentimento, e
l'orgoglio, della propria "identità" culturale, come
si usa dire, da preservare e promuovere nella sua
caratteristica essenziale che è quella del pluralismo
nell'unità, allora le autorità federali si
renderanno conto della gravità della minaccia di
"ecocatastrofe linguistica" che l'attuale, malsana
preminenza dell'inglese fa pesare sull'Europa e sul mondo,
e ricorrerà a una lingua pianificata. (E se lo
farà, si può tranquillamente scommettere che
tutto il Terzo mondo la seguirà senza esitare).
Il problema è solo: quel momento non verrà
troppo tardi, e non si cercherà di chiuder la stalla
dopo che i buoi sono già scappati?
La sopravvivenza delle nostre lingue nazionali è
certo assicurata per qualche generazione ancora: e
poiché è difficile pensare "diacronicamente",
nessuno vede l'imminenza del pericolo. Ma se le cose
continuano a procedere nel senso attuale, il secolo che
seguirà al XXI vedrà la fine delle grandi lingue
europee, e con esse delle cultura di cui sono portatoci:
una Chernobyl linguistica di dimensioni incalcolabili.
Davvero non c'è alternativa e occorre rassegnarsi a
tanto disastro?
La mente ricorre qui - l'ho notato più volte - al
virile ammonimento di Kant che nella sua opera sulla
pedagogia afferma: Prima occorre soltanto che l'idea sia
giusta: poi, anche di fronte a tutti gli ostacoli che si
frappongano alla sua realizzazione, nulla sarà da
considerare impossibile.
Andrea CHITI-BATTELLI
L'ideale cristiano
esperantista
|
Il 30 settembre 1990 si è tenuta a Bologna, presso
l'Antoniano, una riuscita manifestazione per commemorare
padre Modesto Carolfi e per i 70 anni dalla fondazione
dell'Unione esperantista cattolica italiana, creata proprio
da padre Carolfi. Pubblichiamo la relazione svolta durante
il convegno dal professor Mario Sola di Vercelli.
Gentili Amici,
ci sono bisogni che l'uomo sente in ogni tempo e in ogni
luogo. Il massimo, il più forte e il più insistente
credo che sia il bisogno di Dio, che è il bisogno di
capire, di comprendere, di interpretare questo cammino
più o meno breve della vita umana. Il bisogno di evitare
che questo cammino si compia nel deserto spirituale e
nell'oscurità; il bisogno di capire il perché si
nasce, il perché si muore. È un bisogno che l'uomo
sente ovunque e in tutte le epoche. E non si può
ragionevolmente parlare mai di morte di Dio, perché
nonostante i tanti sforzi di far credere che ci sia la morte
di Dio, in realtà tutti gli uomini, anche nelle
situazioni più difficili, di Dio sentono forte il
bisogno.
Ci sono altri bisogni che in gerarchia di importanza,
evidentemente, stanno al di sotto di questa esigenza centrale
dell'uomo, che è l'esigenza di Dio, che è
l'esigenza di una visione religiosa dell'Universo e della
propria vita. Tra questi ce n'è uno, quello di
comunicazione; un bisogno che è andato secondo un
ampliarsi concentrico di cerchi, che si è andato
evolvendo nei secoli, nei millenni: il bisogno di comunicare
in piccola cerchia quando la società era una
società rinchiusa entro i margini del clan; il bisogno
di comunicare in àmbiti più grandi, man mano che i
rapporti si facevano più intensi e più complessi;
il bisogno di comunicare in spazi nazionali e poi al di
là dei confini delle nazioni, in àmbito mondiale.
Bisogni che ci sono sempre stati e che ci saranno sempre, ma
ci sono momenti in cui i bisogni a cui ho fatto riferimento,
si presentano più forti, più insistenti, più
marcati: questo è uno di quei momenti.
In una società come la presente: disorientata,
turbata, una società violenta, una società egoista,
edonista, si va scoprendo sempre più l'insufficienza di
quello che è il terreno e il bisogno di una visione
soprannaturale delle cose, il bisogno di Dio, il bisogno
della religione e, io dico da cristiano convinto, il bisogno
del Cristianesimo come quello che può spiegare nel modo
più completo i perché del nostro vivere.
Il disordine morale che esiste, le inquietudini che tutti
avvertiamo, chiamano urgentemente a una soluzione dei
problemi secondo un'impostazione cristiana. E oggi più
che mai c'è bisogno di Dio e c'è bisogno di
Cristo.
Ma anche quell'altro bisogno di comunicazione, di
relazione estesa, ampia, anche quell'altro, proprio al nostro
tempo, si manifesta massicciamente, perché i mezzi
tecnici hanno reso possibile con facilità di raggiungere
gli uomini in ogni parte del globo e i rapporti sempre
più stretti, di ordine economico e non solo, rapporti
sotto tale aspetto, fanno sentire sempre più urgente il
bisogno di poter comunicare facilmente, che vuoi dire non
soltanto poter arrivare all'altro capo della Terra
istantaneamente attraverso i mezzi di comunicazione tecnici,
ma che vuoi dire anche potere cogliere quello che viene
comunicato e riuscire adeguatamente a far conoscere il
proprio pensiero.
Ebbene, assistiamo in questo campo della comunicazione,
come in altri del vivere umano, a una sorta di sperequazione,
a una sorta di dissociazione. Ci sono mezzi tecnici, mancano
i mezzi più caratteristicamente umani per poter adeguare
al bisogno la possibilità di comunicazione. Noi
esperantisti, ma chiunque sia attento al problema e non lo
consideri con faciloneria, con superficialità, si
accorge delle difficoltà che a livello politico tra i
grandi personaggi che fanno la Storia, che fanno gli eventi
che contano e che ci influenzano, ci sia la barriera della
lingua. Si supera, in qualche modo, per carità. Si
supera, ma in qualche modo, faticoso, direi anacronistico; ci
si parla per tramite di terza persona; viene meno quella
spontaneità, quell'immediatezza, direi anche quella
precisione che è possibile realizzare soltanto
attraverso il colloquio diretto. In campo economico si
comunica, ma a quali costi... Nelle organizzazioni
internazionali si comunica, ma con quali enormi spese... Ma
nel rapporto poi che forse è quello che più ci deve
interessare, nel rapporto a tu per tu della gente comune,
della gente che viaggia, della gente che riceve le visite
delle persone che sono alla ricerca di qualcosa di più
di qualche cosa di diverso, di quello che si può trovare
nel proprio àmbito limitato, regionale o nazionale,
ebbene queste persone riescono veramente a comunicarsi
sentimenti, riescono a trasferire dall'uno all'altro le
proprie impressioni? E c'è dunque la possibilità
nell'ambito internazionale di ricavare tutte quelle ricchezze
che si potrebbero conseguire se ci si potesse capire e se ci
si potesse far capire come si vorrebbe. Ho detto che questo
bisogno di comunicazione oggi è più forte che mai,
di fronte a un fenomeno politico che si è verificato nei
mesi scorsi e che tutti ci ha sorpresi e anche confortati: il
cadere di quelle barriere che divìdevano l'Europa
occidentale dall'Europa orientale. Ed ecco allora che si apre
una possibilità nuova, più grande di
interrelazione, ma di fronte a quei popoli, a quelle nazioni
così desiderose di prendere contatto con la realtà
del mondo occidentale ecco che mancano i mezzi adeguati o
questi sono comunque insufficienti.
L'impegno degli esperantisti cattolici.
C'è quest'associazione di cui oggi celebriamo il
settantesimo anniversario di esistenza la quale vuoi
coniugare, mettere insieme la due finalità: quella di
propagandare e di contribuire a realizzare (con le deboli
forze naturalmente che ognuno di noi ha) il Regno di Dio e
quella di far conoscere lo strumento dell'esperanto e di
utilizzarlo nella finalità principale che il movimento
si prefigge, usarlo per diffondere il Verbo di Dio. Leggo che
cosa dice lo Statuto dell'Unione esperantista cattolica
italiana. C'è un'associazione la quale promuove "la
formazione umana e cristiana dei suoi soci secondo i principi
della Chiesa cattolica, l'apostolato e la testimonianza del
Vangelo, in particolare nell'ambito del movimento
esperantista, sia nazionale che internazionale, attuando le
opere di misericordia, specie quella dell'ospitalità; la
partecipazione al dialogo ecumenico secondo le indicazioni
ufficiali della Chiesa cattolica; l'uso della lingua
internazionale esperanto, favorendone anche l'adozione come
semplice mezzo di intercomunicazione comune, indipendente ed
ecumenico, adatto alla promozione umana". (Statuto Ueci, art.
1)
Motivazioni dell'Unione esperantista cattolica italiana
altissime e nobili, motivazioni che si ricollegano a quelle
due finalità a cui prima accennavo e che evidentemente
valgono a far corrispondere un'azione a quel bisogno, a
quell'esigenza di cui ho detto. Io dico che è un
abbinamento perfetto questo tra l'ideale religioso cristiano
e la proposta esperantista. Essere cristiani vuol dire
operare per l'attuazione del Regno nella vita dell'uomo in
concreto, usando tutti i mezzi che Dio ci ha messo a
disposizione, propugnando tutto ciò che è buono. E
non è buono uno strumento linguistico che per la sua
facilità, che per essere sovranazionale cioè
neutrale, vuole avvicinare gli uomini di ogni lingua e vuole
far sì che comunichino su un piano di eguaglianza, di
parità, dunque anche di giustizia? Quando enuncio queste
caratteristiche della lingua internazionale esperanto, in
sostanza parlo di ideali tipicamente cristiani e c'è
talvolta da meravigliarsi, e lo dico con una certa amarezza,
che molta parte del mondo dei credenti non porge sufficiente
attenzione, adeguato ascolto alla proposta degli
esperantisti, che è una proposta tipicamente cristiana e
che si collega e tanto fa da supporto all'impegno
fondamentale del cristiano. E l'esperanto non è soltanto
valido come strumento per diffondere il messaggio evangelico,
per operare quindi all'esterno del mondo cristiano, per fare
quella che si dice "l'opera missionaria", ma è anche
strumento validissimo per una comunicazione all'interno della
comunità cristiana, che è una comunità
universale, nella quale il capirsi riesce difficile proprio
per la molteplicità delle lingue. E poiché è
sempre più facile viaggiare, trovarsi insieme da parte
dei cristiani, questo bisogno di capire quello che viene a
loro annunciato, in incontri internazionali, è un
bisogno della cui realtà non si può non prendere
atto. L'Unione esperantista cattolica italiana è un
movimento che merita rispetto, attenzione, appoggio,
partecipazione. Proprio perché propone di operare in un
senso nettamente positivo, con questo accompagnamento
dell'ideale cristiano a quello esperantista. E i 70 anni che
si sono compiuti mi sembra che rappresentino veramente un
motivo di vanto per l'organizzazione cattolica esperantista,
la quale svolge la sua attività grazie all'opera di
uomini di grande sensibilità, dotati di grande spirito
di sacrificio. Celebriamo oggi qui uno di questi uomini:
Padre Modesto Eugenio Carolfi.
Proprio per l'opera di costoro, il movimento esperantista
cattolico è presente come una realtà viva, vitale.
E vorrei sottolineare non soltanto l'impegno culturale,
l'impegno spirituale nel senso più profondo e più
alto del termine, ma vorrei anche indicare quella
finalità che è qui, nello Statuto riportata:
"attuando le opere di misericordia, specie quella
dell'ospitalità". Vorrei proprio considerare come un
punto di merito particolare l'impegno nella carità da
parte del movimento esperantista, che va incontro alle
esigenze che in diverse parti del mondo si sentono, con mezzi
che non sono grandiosi, certo, ma mezzi, che proporzionati
alla dimensione del movimento, sono ragguardevoli. Questi
sono motivi di vanto per considerare gloriosa la storia del
movimento esperantista cattolico. E questi sono anche
incentivi a un'azione ulteriore: ad andare avanti credendo
nella bontà di quanto si fa e cercando di abbracciare in
numero sempre maggiore aderenti, che vogliono operare in
questa direzione: presentare il più ampiamente possibile
il messaggio del Vangelo, presentarlo nella lingua moderna,
nella lingua neutrale, nella lingua pacifica dell'esperanto.
Mi auguro che il movimento riesca sempre di più ad
affermarsi nella realtà odierna e possa contribuire
sempre meglio a raggiungere quei fini che sono all'origine
del movimento e che, speriamo, siano sempre più accolti,
accettati.
Grazie.
Prof. Mario Sola
IL MESSALE IN ESPERANTO APPROVATO DALLA SANTA SEDE
II prof. Antonio De Salvo, segretario dell'Unione
internazionale cattolica esperantista e della Commissione
liturgica per la lingua esperanto ci presenta il documento di
approvazione.
Il decreto di approvazione reca la data dell'8 novembre
1990 ed è in latino: io leggerò una traduzione in
italiano; vi sono in allegato delle "Norme". È
indirizzato alla Commissione liturgica per l'esperanto.
Bisogna dire che nel 1981 era stata creata una Commissione
liturgica composta di esperti della lingua esperanto e anche
di esperti di liturgia e di latino, che aveva il compito di
tradurre e di revisionare il testo della Messa in esperanto.
Il testo comprende più di 600 pagine: è un'opera
quindi abbastanza imponente.
Questa Commissione era composta di 16 persone di vari
paesi: dell'Est, dell'Ovest, dell'Europa e di altre
nazionalità, alcuni erano non resi pubblici all'epoca
per esempio c'era un cecoslovacco il cui nome non era stato
reso pubblico per ovvi motivi di compatibilità con la
situazione politica dell'epoca. Queste persone hanno tradotto
e revisionato il testo, lo hanno sottoposto al Presidente
della Commissione, il Vescovo polacco Wladyslaw Miziolek,
Vescovo ausiliare di Varsavia, il quale ha a sua volta
presentato questo testo alla Santa Sede per l'approvazione
definitiva.
Questo Decreto è rivolto al Presidente della
Commissione Liturgica sulla lingua esperanto. Questa la sua
traduzione in italiano:
«Su istanza del Eccellentissimo Signore Ladislao
Miziolek, Vescovo titolare di Presidio e Vescovo ausiliare di
Varsavia, Presidente della Commissione liturgica per la
lingua esperanto, istanza resa con lettera del 15 dicembre
1988, in forza dei poteri attribuiti a questa Congregazione
dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, volentieri approviamo
ovvero confirmiamo la traduzione in esperanto del Messale
romano, del Lezionario romano, per le domeniche e le feste,
nonché la parte ordinaria della Messa, così come
consta nell'allegato esemplare, in modo che possa essere
usato secondo le Norme per la celebrazione della Messa in
esperanto stabilite da questo Dicastero il 20 marzo 1990 e
annesse a questo Decreto.
Nel testo che verrà stampato dovrà essere
inserito integralmente questo Decreto con il quale viene
concessa dalla Sede Apostolica la richiesta conferma, e del
lesto due copie dovranno essere trasmesse alla
Congregazione.
Dato dalla Sede della Congregazione, l'8 novembre
1990»
Le firme sono del Prefetto della Congregazione, Cardinal
Edoardo Martinez Somalo e del Segretario, l'Arcivescovo
Ludovico Kada.
Poi seguono delle Norme in italiano per la celebrazione
della Messa in esperanto. Si tratta di Norme che hanno
costituito per gli esperantisti cattolici un punto fermo, un
grosso passo in avanti e nello stesso tempo una certa forma
di limitazione, che vedremo come potrà essere
eventualmente in qualche modo mitigata in futuro.
Queste Norme, del 20 marzo 1990, dicono:
In base alla vigente legislazione sulle lingue
liturgiche, espressa nella Lettera circolare "Decem iam
annos" del 5 giugno 1976, la lingua esperanto non presenta di
per sé i requisiti per poter essere considerata lingua
liturgica ed essere usata ordinariamente nelle celebrazioni
liturgiche, in quanto non è lingua parlata dal
popolo.
Tuttavia, considerale le motivazioni soprattutto di
ordine pastorale, addotte dalla Commissione liturgica
esperantista, presieduta da S. E. Mons. Wladislaw Miziolek,
Vescovo ausiliare di Warszawa, e dall'Unione Internazionale
Cattolica Esperantista (I.K.U.E.), presieduta dal Sac. Duilio
Magnani, che hanno richiesto di poter usare questa lingua
nelle celebrazioni eucaristiche, che si svolgono nei loro
Congressi internazionali e nazionali, questo Dicastero
stabilisce l'aggiornamento delle “Norme per la
celebrazione della Messa in esperanto”, rese note il 23
marzo 1981, nel modo seguente:
1) È necessario che i testi liturgici in
esperanto siano confermati dalla Santa Sede prima del loro
uso.
2) La concessione dell'uso dell'esperanto è
limitata alla celebrazione:
a) della S. Messa o di una liturgia della
Parola, esclusa la celebrazione dei Sacramenti e degli
altri riti liturgici,
b) in occasione di Congressi esperantisti
internazionali, plurinazionali o nazionali;
c) la concessione dovrà riguardare i soli
congressisti. Non potrà quindi sostituire, ad es., le
Messe ad orario delle parrocchie o delle altre
comunità dei fedeli.
3) La celebrazione in esperanto sarà fatta
previa informazione dell'Ordinario del luogo, in cui essa
si dovrà svolgere.
Dalla Sede della Congregazione, 20 marzo 1990.
Questi sono i testi su cui agire per l'interpretazione
IL PRIMO SCOPO È RAGGIUNTO
Dopo decenni di sforzi, preoccupazioni, passi,
contatti personali (sempre ricominciando il lavoro ad ogni
cambio dei responsabili vaticani), ecco il primo traguardo
visibile.
I pessimisti noteranno di certo (e faranno notare) che
l'approvazione tuttavia contiene diverse limitazioni
(particolarmente importante è il divieto di celebrare i
Sacramenti, ciò che non rende possibile ad esempio la
confessione, il matrimonio e il battesimo in esperanto); gli
ottimisti al contrario evidenzieranno che l'approvazione
è stata assai seriamente meditata, che ogni parola della
traduzione è stata attentamene revisionata dai dicasteri
vaticani (i quali hanno chiesto delle modifiche e su questo
hanno trattato) e che infine si tratta di un passo
ufficiale di un'istituzione
ufficiale, sulla
base del lavoro di una Commissione esperantista costituita
ufficialmente.
Chi ringraziare per lo scopo raggiunto? Sicuramente i
molti che hanno contribuito in maniera diversa: una citazione
a parte merita Mons. Wladyslaw Miziolek (Vescovo ausiliare di
Varsavia), il quale in maniera persistente ha fatto andare
avanti la faccenda presso le istanze vaticane e che non ha
esitato ; rivolgersi persino direttamente persino al Santo
Padre; Padre Giacinto Jacobitti; Padre Duilio Magnani; i
membri della Commissione liturgica: i Vescovi che hanno
aiutato con il loro sostegno (Mons. Alfred Pichler,
Jugoslavia; Mons. Giovanni Locatelli, Italia; Mons. Bogumil
Lewandowski, Polonia; Mons. Pavel Hnilica, Cecoslovacchia;
Mons. Patrick Coveney, Irlanda, ecc.).
Ora si pone la questione di come pubblicare il Messale.
Il testo è di circa 600 pagine. Già è iniziato
il lavoro per riversare il manoscritto (dattilografato) in
video-scrittura tramite computer. Il lavoro è avvenuto
tramite costose apparecchiature: uno scanner, ossia un
lettore ottico collegato al computer, in 15 ore ha "tradotto"
il testo dattilografato in caratteri del computer. Sono
previste ulteriori 200 ore di lavoro per sistemare il testo,
per correggere gli errori di lettura dello scanner, per
inserire i codici della stampante per le lettere accentate,
per l'impaginazione ecc. ecc.
Ovviamente contributi per la pubblicazione del Messale
saranno particolarmente benvenuti; si consideri che l'Ikue
(Unione internazionale cattolica esperantista) ha già
speso grandi somme di denaro (battitura testi, fotocopiatura,
spese di viaggio, di telefono...).
Antonio DE SALVO
LE PREGHIERE DEGLI ESPERANTISTI
En la nomo de la Patro kaj de la Filo kaj de la
Sankta Spirito. Amen.
PATRO NIA, kiu estas en la ĉielo, sanktigata
estu via nomo, venu via regno, fariĝu via volo,
kiel en la ĉielo tiel ankaŭ sur la tero.
Nian panon ĉiutagan donu al ni hodiaŭ, kaj
pardonu al ni niajn ŝuldojn, kiel ankaŭ ni
pardonas al niaj ŝuldantoj, kaj ne konduku nin
en tenton, sed liberigu nin de la malbono. Amen.
SALUTON, MARIA, gracoplena. La Sinjoro estas kun vi.
Benata estas vi inter la virinoj, kaj benata estas la
frukto de via sino, Jesuo. Sankta Maria, Patrino de
Dio, preĝu por ni, pekuloj, nun kaj en la horo
de nia morto. Amen.
GLORO al la Patro kaj al la Filo kaj al la Sankta
Spirito. Kiel estis en la komenco, kaj nun, kaj
ĉiam, kaj en la jarcentoj da jarcentoj. Amen.
MI KREDAS je unu Dio, la Patro ĉiopova, kreanto
de la ĉielo kaj de la tero, de ĉiuj
aĵoj videblaj kaj nevideblaj. Kaj je unu Sinjoro
Jesuo Kristo, ununaskita Filo de Dio, kaj el la Patro
generita antaŭ ĉiuj jarcentoj. Dio el Dio,
Lumo el Lumo, Dio vera el Dio vera; generita, ne
kreita, samsubstanca kun la Patro, per kiu ĉio
estas farita. Kiu por ni homoj kaj por nia savo
descendis de la ĉieloj. Kaj per la Sankta
Spirito li enkarniĝis el Maria, la Virgulino,
kaj fariĝis homo. Krucumita por ni sub Pondo
Pilato, Li mortis kaj estis entombigita. La trian
tagon li resurektis laŭ la Skriboj, ascendis al
la ĉielo, kaj sidas dekstre de la Patro. Kaj li
revenos kun gloro juĝi la vivantojn kaj la
mortintojn. Kaj Lia Regno estos sentina. Mi kredas je
la Sankta Spirito, Sinioro kaj Viviganto, kiu devenas
de la Patro kaj de la Filo. Kiu kun la Patro kaj la
Filo same estas adorata kaj glorata; kiu parolis per
la profetoj. Kaj je unu Eklezio Sankta, katolika kaj
apostola. Mi konfesas unu bapton por la pardono de la
pekoj. Kaj mi atendas la revivigon de la mortintoj
kaj la vivon en la estonta mondo. Amen.
PREĜO POR LA MORTINTOJ. Eternan ripozon donu al
ili. Sinjoro, kaj lumu al ili la senfina lumo. Ili
ripozu en paco. Amen
|
A FOGNANO DI BRIGHELLA DAL 14 AL 18 GIUGNO 1991
SI TERRÀ IL 5° CONGRESSO DELL'UNIONE ESPERANTISTA
CATTOLICA ITALIANA
tema: EVANGELIZZAZIONE E TESTIMONIANZA DELLA
CARITÀ:
IL CONTRIBUTO DEI CATTOLICI ESPERANTISTI
QUOTE DI PARTECIPAZIONE
|
ALLOGGIO IN CAMERA DOPPIA:
|
(entro il 31.3.91)
|
(dopo il 31.3.91)
|
200.000
|
220.000
|
|
ALLOGGIO IN CAMERA SINGOLA:
|
(entro il 31.3.91)
|
(dopo il 31.3.91)
|
220.000
|
240.000
|
|
comprendenti: vitto e alloggio (secondo la
sistemazione prescelta), programma e
pubblicazioni.
|
QUOTA DI PARTECIPAZIONE PER I GIOVANI SOTTO I 25
ANNI:
Lit. 160.000 (alloggio in camera doppia)
Per inviare la Vostra quota di partecipazione (oppure su
anticipo di 50.000 lire usare:
il conto corrente postale numero 3935 1 002
intestato a FRANICESCA VENEZIA Roma
specificando bene sul retro del cedolino la
causale
Questo modulo di adesione va inviato compilato a:
FRANCESCA VENEZIA
Via Montebello, 37 - 00185 ROMA RM
5° Congresso dell'Unione
Esperantista Cattolica Italiana
Fognano di Brisighella (Ra) - Monastero S.mo
Sacramento
14-18 GIUGNO 1991 ALIĜILO -
MODULO DI ADESIONE
Nomo:
..........................................................................................................
Antaŭnomo:
....................................................
Strato:............................................................
Poŝtkodo:
......................................................
. Urbo: ..................................
Lando:........................................................Telefonnumero
..........................
data di nascita (per i giovani sotto i 30
anni).......................................
(x) indicare con una «x»
ADERISCO AL 5° CONGRESSO UECI E A TAL SCOPO
FACCIO SAPERE CHE:
[ ] Aderisco senza partecipare
[ ]aderisco e parteciperò come "memzorganto"
(provvederò da me al vitto e all'alloggio)
[ ] parteciperò per tutto il periodo
[ ] parteciperò solo dal
giorno________________________al
giorno________________________
HO VERSATO:
[ ] l'intera quota di partecipazione quale fissata per
la data della mia adesione (Lire________________)
[ ] un anticipo di Lire 50.000
(comprendente l'adesione al Congresso - Lire 30.000
- e la prenotazione alberghiera - Lire 20.000)
[ ] la sola adesione al Congresso (Lire 30.000), senza
prenotazione alberghiera
DESIDERO ALLOGGIARE
[ ] in camera doppia con:
_____________________________________
[ ] in camera singola
[ ] in aggiunta alla mia cifra ho versato un contributo
per il Congresso per Lire_____________________
[ ] vegetariano [ ]
non fumatore
ESTREMI DEL MIO VERSAMENTO
[ ] Versamento sul conto corrente postale n. 39351002
intestato a Francesca VENEZIA, Roma, in
data:........
[ ] Vaglia postale e telegrafico intestato a
Francesca VENEZIA - Via Montebello 37 - 00181 Roma
inviato in data.........
Accetto tutte le condizioni, confermo quanto da
me indicato nel presente modulo di adesione;
Luogo/Data........................Firma..........................
riservato alla segreteria
alvendato: □
konfirmo (antaŭ)pago:
□ saldo kalkulita
pagita: □
Lit. Lit.
Lit.
Unua informilo sendita la........
-an de......... 1991 Kongresaj dokumentoj
donitaj □
|
Norme associative e quote 1991
All'UECI possono iscriversi gli esperantisti
italiani nonché tutti i simpatizzanti del
movimento cattolico esperantista.
L'UECI è sezione italiana dell'IKUE (Internacia
Katolika Unuiĝo Esperantista - via Francesco
Berni, 9 - 00185 Roma RM - tel. 06/70.00.323), pertanto
ogni socio dell'UECI è automaticamente socio
dell'IKUE.
Nota Bene: - KATOLIKA SENTO viene inviato a
tutti i soci per diritto, tranne i soci familiari;
- È considerato SOCIO GIOVANILE chi ha meno
di 26 anni nell'anno in corso;
- È considerato SOCIO FAMILIARE chi è
convivente con un altro socio;
- Per l'abbonamento all'estero, aggiungere L. 4.000
per le spese di spedizione;
- Allo stesso conto corrente postale si raccolgono
le offerte per le opere caritative dell'IKUE e
dell'UECI;
- Si raccomanda per il lavoro di segreteria, di
specificare bene nella causale del versamento;
- con quale quota ci si vuole iscrivere (si
usino le sigle se si vuole),
- se e quali offerte si fanno, e per chi o che
cosa,
- anno di nascita, soprattutto se si è
soci giovanili,
- nome e recapito postale chiaro e completo per
la spedizione, indispensabile per chi è nuovo
socio o chi cambia recapito.
È bene effettuare tutti i versamenti al C.C.P. n.
11129475, Unione Esperantista Cattolica Italiana, V.le
C. Zavagli, 73 - 47037 Rimini (Fo). Chi si abbona anche
a Espero Katolika, organo dell'IKUE, cerchi la propria
quota nella colonna «CON EK»
Quota Sociale
|
SENZA EK
|
CON EK
|
Socio Ordinario
|
SO
|
19000
|
SOE
|
46.000
|
Socio Sostenitore
|
SS
|
38.000
|
SSE
|
92.000
|
Socio a Vita
|
SV
|
380.000
|
SVE
|
920.000
|
Socio Giovanile
|
SG
|
9.500
|
SGE
|
23.000
|
Socio Familiare
|
SF
|
9.000
|
|
|
Solo abbonamento a Katolika Sento:
|
AK
|
10.000
|
|
|
Solo abbonamento a Espero Katolika:
|
AE
|
27.000
|
|
|
Abbonamento a KS ed EK:
|
AKE
|
37.000
|
|
|
Abbonamento a Ekumenismo
(del Tutmonda EsperantistaLigo)
|
TEL
|
10.000
|
|
|
Abbonamento a Dia Regno
(del KELI, gli amici protestanti)
|
DR
|
10.000
|
|
|
|