Periodico dell'UNIONE ESPERANTISTI CATTOLICI ITALIANI (UECI) Nuova serie n.3-1985 maggio — giugno "Per la promozione della fratellanza e della comprensione tra i vari popoli di diverse lingue" (Paolo VI) Periodico bimestrale - Sped. in abb. post. gr. IV 70% -Autorizz. della Curia Vescovile di Rimini n. 1484 del 20/12/1984 - Direttore respons.: Don Duilio Magnani - Redazione e Amministrazione, segreteria generale UECI: Via C. Zavagli, 73 - 47037 Rimini - Tel.(0541)26447 - c/c/p n. 11129475 – Stampa Tipolito Ramberti Enhavo:
NIA SINJORINO DE LA ESPERO ![]() Il mese di maggio offre l'occasione per un pensiero alla Madonna. Invocata e onorata con una lunghissima litania, gli Esperantisti non hanno esitato a scegliere il titolo più congeniale «Madonna della speranza». Sarebbe stato facile riprodurre un'immagine con tale titolo fra quelle diffuse nel mondo cristiano, ma, dopo un periodo di ricerca e di attesa, ecco una buona ispirazione, una notizia che a suo tempo richiamò l'attenzione del movimento esperantista cattolico: p. G. Jacobitti annunciava che un suo confratello domenicano, p. Arcangelo Intreccialagli (il beato Angelico non ne sapeva nulla!) aveva dipinto un bellissimo quadro «La Madonna della speranza» appunto, ma con un elemento nuovo rispetto a quelli tradizionali, cioè la stella verde a cinque punte, che è il distintivo dell'esperantista. Dipinto a regola d'arte: la Madonna con il Bambino e l'ancora, nobile figura elevata sul globo terrestre, l'arcobaleno e la stella verde come sfondo. Purtroppo, il bianco-nero non rende la bellezza del tutto, ma il dipinto, riprodotto in vari formati, è ben noto agli Esperantisti e si può richiedere alla Segreteria UECI. Nel chiostro del tempio monumentale di Nazaret la Madonna della speranza è stata riprodotta in mosaico e viene segnalata come patrona degli Esperantisti. L'originale, benedetto dal Papa Paolo VI, si trova a Roma, nella sede del centro esperantista cattolico internazionale. La bella immagine è stata utilizzata, fra l'altro, per la diffusione della preghiera di consacrazione del movimento esperantista cattolico mondiale al Cuore Immacolato di Maria, avvenuta il 13 maggio 1982 dai microfoni della Radio Vaticana ad opera di S.E. Mons. Giovanni Locatelli, Vescovo di Rimini e San Marino-Montefeltro, che la recitava in esperanto. Recentemente è stata realizzata una pagellina con brevi notizie sulle apparizioni di Medjugorje e le preghiere raccomandate dalla Madonna ai Veggenti: Pater, Ave e Credo. La Madonna della speranza è ben riprodotta a colori e il testo è tutto in esperanto. Fra tanti pensieri a Maria, in prosa e in poesia, abbiamo scelto quello di una corrispondente esperantista cecoslovacca, ammalata nel corpo ma ben salda nella fede e tanto devota della Madonna. Ci ha chiesto di restare anonima, grazie alla libertà religiosa ufficialmente garantita! — «Non siamo impotenti. Abbiamo un'arma potente, la preghiera! Il futuro destino del nostro Paese e del mondo intero è nelle nostre mani. Né le sofisticate armi del mondo, né la saggezza dei Governanti con i loro discorsi diplomatici e neppure il progresso tecnico ed economico potrà salvare questo nostro mondo dalla catastrofe, ma soltanto le mani giunte degli umili dal cuore semplice e puro, il sincero amore a Dio e alla Vergine Immacolata, la penitenza e la riconciliazione. Dobbiamo formare un'armata di migliaia e migliaia di anime pronte alla penitenza, alla santa Comunione frequente e al santo Rosario quotidiano. Anime ben disposte a vivere la propria giornata in pace e in silenzio con le sue difficoltà e sofferenze, a vivere, cioè, secondo il Vangelo. Ogni giorno si dovrebbe ripetere: “Oh Immacolata Vergine Maria, salva noi e il mondo intero. Oh Maria, aiuto dei Cristiani, mostrati Madre dì tutti gli uomini”. Noi possiamo e dobbiamo salvare il mondo. Mettiamo le nostre preghiere, le penitenze e la vita quotidiana nelle mani della Vergine Immacolata, e questo sarà garanzia del nostro successo. Sono particolarmente invitati i vecchi e gli ammalati: offrite alla Madonna la vostra vita quotidiana con le prove e i dolori, unite le vostre mani alle nostre... e preghiamo insieme!». Dai Paesi dell'Est abbiamo frequenti testimonianze di fede vissuta fra indicibili sofferenze e persecuzioni. Fra tanto benessere e permissivismo nel nostro mondo occidentale, dobbiamo riflettere. Il vuoto, la solitudine, la disperazione... provocano spesso sofferenze non inferiori a quelle dei fratelli orientali, ma che differenza! Il dolore che purifica e salva, in oriente e in occidente, è quello illuminato dalla Croce di Cristo, accettato con fede profonda; fede alimentata dai Sacramenti, dalla preghiera, dall'ascolto della Parola e da una sana devozione alla Madonna. Albino Ciccanti
L'Ave Maria in esperanto Aveŭ Maria, gracoplena. La Sinjoro estas kun vi. Benata vi estas inter la virinoj, kaj benata estas la frukto de via sino, Jesuo. Sankta Maria, Patrino de Dio, preĝu por ni, pekuloj, nun kaj en la horo de nia morto. Amen. Ultima settimana di agosto p.v. a Rimini: «Mitingo» per l'amicizia fra i popoli. Notizie nel prossimo numero di K.S.: Esperanto, Via del Capriolo, 3 47037 Rimini. Dal 7 all'11 sett. p.v. a Grado (Gorizia): 56/mo congresso italiano di Esperanto. Informoj: Esperanto, Viale XX Settembre, 5 34170 Gorizia.
Secondo TIR per la Polonia ![]() — Un breve rapporto sul secondo TIR per la Polonia è stato pubblicato sul settimanale della Diocesi di Rimini «Il Ponte» (31 marzo 1985) a firma dello stesso promotore dell'iniziativa Don Duilio Magnani. Ne riportiamo il testo quasi alla lettera e la fotoricordo con l'Arcivescovo di Cracovia. Anche il secondo TIR di aiuti per la Polonia ha avuto buon successo. È partito da Rimini per Stary Sacz, un paesone di montagna a circa 30 Km. dal confine con la Cecoslovacchia, nel sud povero della Polonia. Quando lo raggiungemmo, il primo marzo, era ancora stretto in una morsa di neve e ghiaccio. Una sola strada del paese era stata liberata dalla neve ghiacciata. Ognuno degli ottocento pacchi era contrassegnato da «Caritas Rimini, esperanto bonfaro». In gran parte panni usati e anche tre milioni e mezzo di viveri: olio, pasta, zucchero, ecc. In pochi mesi dal primo TIR a Danzica (all'inizio dello scorso novembre), la comunità parrocchiale di S. Giuliano Mare in collaborazione con il gruppo esperantista cattolico diocesano, ha reso possibile questo secondo gesto di fraternità e di comunione. Fra le parrocchie della Diocesi che più hanno partecipato all'iniziativa, dobbiamo segnalare quelle di Spadarolo, di San Nicolò, dei Salesiani, di San Girolamo, di Santa Giustina, di Riccione e di Villaggio Argentina. A noi si sono uniti due sacerdoti di altre Diocesi: don Pietro Calvo di Cesena e don Carlo Gatti di Forlì. Al grazie dei beneficiati di Stary Sacz e del loro parroco Jan Kos (esperantista), ho il piacere di trasmettere a tutti i benefattori quello del Cardinale Makarski di Cracovia che mi ha ricevuto lunedì 4 marzo, grazie a una forzata permanenza in quella città. Ho detto «forzata permanenza» perché quando si è all'Est le sorprese, specie quelle sgradite, non mancano. Infatti, dal sabato al lunedì è stata proibita dal Governo la vendita dei biglietti per il treno Varsavia-Vienna. Perché? Il capo ufficio di Katovice ha saputo solo dire: «Perché c'è l'aumento dei prezzi a partire da lunedì!...». È la risposta di Jaruzelski allo sciopero di Solidarnosc, copione in chiave moderna del braccio di ferro Faraone-Mosè! Potrei raccontare fatti e fatterelli che fotografano la reale situazione arretrata di una nazione dal volto «socialista», come orari dei treni ancora scritti a mano (a Tarnow), la situazione ospedaliera, l'inquinamento atmosferico di Cracovia e la disfunzione fognaria della città, un'ora e mezzo al freddo della notte per attendere il proprio turno di taxi, appartamenti sopraffollati per mancanza di alloggi, ecc... Ma una cosa non posso tacere al lettore: la paura e il terrore per la «sparizione» di tante persone o per le «spedizioni punitive» che il Governo attribuisce alla delinquenza comune, salvo poi a rimangiarsi la parola negando fenomeni teppistici nella società socialista. A chiusura di questa lettera vorrei proporre ad ogni lettore di collaborare per raccogliere altro vestiario usato pesante. Siamo al termine dell'inverno e molti vorranno forse sbarazzarsi dì alcuni capi di vestiario non più... di moda. Mandarli al macero è un peccato! Portateli a San Giuliano Mare (Viale C. Zavagli, 73) e farete un gran bene ai bisognosi. Stiamo preparando il terzo TIR per gli operai della parrocchia di padre Popieluszko a Varsavia. Si pensa di farlo in coincidenza col pellegrinaggio che la Diocesi di Rimini organizza a Cestokova dal 22 al 26 di giugno. Sarebbe bello trovarsi nella Chiesa parrocchiale di S. Stanislao (a Varsavia) e consegnare assieme le 15/16 tonnellate di aiuti che riusciremo a raccogliere. All'appuntamento dunque per il terzo TIR. Sac. Duilio Magnani
Unione Europea Dal centro esperantista cattolico «Don Ferdinando Longoni» (20122 - Milano -Via S. Antonio, 12) abbiamo ricevuto la seguente circolare-invito che pubblichiamo integralmente. Caro amico, anche il nostro «Centro», aderendo all'invito del Movimento Federalista Europeo (MFE) intende partecipare alla grande manifestazione in oggetto analogamente a quanto deciso da altre Ass. Cattoliche, da numerose Ass. Culturali, da importanti Enti locali, da organizzazioni sindacali di categoria, da partiti e da enti ed associazioni varie. Con questa manifestazione si intende esercitare pressioni sui capi di Stato e di Governo della Comunità, i quali in tale circostanza si riuniranno a Milano, per indurli ad accelerare l'inevitabile ma troppo lento processo di unificazione politica della Comunità Europea. Anche gli esperantisti cattolici sono consci dell'importanza storica di tale evento e della opportunità di partecipare alla manifestazione: — sia come cattolici: a più riprese gli ultimi Pontefici si sono espressi con vigore in favore dell’unità del nostro continente in quanto una Europa politicamente unita diverrà fattore dì pace e di progresso dì primaria importanza in un mondo che diviene ogni giorno più piccolo, — sia come esperantisti, in quanto la Comunità Europea prima o poi dovrà darsi una lingua sovranazionale la quale, per non discriminare le culture nazionali, non potrà essere che l'Esperanto. Pertanto, se puoi partecipare, trovati presso il Circolo Esperantista Milanese, P.zza Sempione 1 (Arco della Pace) alle ore 10 di sabato 29 giugno per recarci insieme alla manifestazione. Coi migliori sentimenti. (Sac. Lorenzo Longoni)
Bono farita ne estas perdita Un sogno da realizzare Proviamo a fare un sogno. L assemblea generale delle Nazioni Unite ha preso la decisione di adottare una nuova lingua comune internazionale. È una lingua differente da tutte le altre lingue nazionali. Una lingua nuova. Ogni uomo dovrà imparare solo due lingue: quella materna e la lingua nuova Non ci sarà bisogno di imporre altre lingue né per volere di un governo centrale desideroso di costruire l'unità nazionale attorno ad una lingua comune, né per volere di un governo colonialista che vuole imporre la sua lingua e la sua cultura ad altri popoli, né per necessità economica per avere un lavoro all'estero. Questa lingua verrà insegnata e parlata in tutte le nazioni aderenti alle Nazioni Unite. Ogni libro o giornale stampato in qualsiasi parte del mondo potrà essere letto da qualsiasi altro uomo, in qualsiasi altra parte del mondo. Cinema e TV non avran più bisogno di doppiaggi e potranno essere proiettati in qualsiasi sala di qualsiasi nazione. Non ci saranno più difficoltà per partecipare a congressi, riunioni, assemblee. Il turismo sarà grandemente avvantaggiato. L'istruzione scolastica sarà grandemente aiutata: insegnanti e studiosi potranno essere impiegati in qualsiasi scuola od università; non si dovranno attendere le traduzioni dei libri, ecc, ecc. I vantaggi di una lingua comune sono evidenti ed innegabili, ma.... più se ne vedono i vantaggi, la logicità e la semplicità e più ci si convince che si tratta di un sogno. È un sogno veramente impossibile da realizzare? Se fosse un sogno che tutti gli uomini hanno, non sarebbe assolutamente impossibile. Se tutti gli uomini desiderano e vogliono una cosa, in poco tempo si troverebbe il modo. Ma ci sono almeno due categorie di uomini che non hanno questo sogno. La prima categoria comprende un numero sterminato di uomini che non sentono il bisogno di un seconda lingua poiché tutta la loro esistenza si svolge all'interno della loro area linguistica. Sono i poveri, gli ignoranti, gli analfabeti, i paesi in via di sviluppo. Per loro il problema non esiste. Purtroppo quelli che non percepiscono il problema sono quelli che più avrebbero bisogno di una seconda lingua comune e che più ne trarrebbero vantaggio. Fortunatamente nella comunità umana ormai s'intessono sempre più rapporti e comunicazioni. Persone di una lingua vengono sempre più in contatto con persone di altre lingue, e sempre più si sente la necessità di una lingua comune. Quelli però che sentono questa necessità adottano naturalmente la soluzione più semplice ed a portata di mano: imparano la lingua dell'altra persona o dell'altro popolo con cui si vuole entrare in contatto. Oppure s'impara la lingua dominante, che apre la porta a comunicare con molti popoli, ma non con tutti. La soluzione immediata può essere l'inglese, il francese, lo spagnolo, il russo, l'hindi. Ma più s'intensificano i contatti tra nazioni e più ci si accorge che queste accorciatoie non bastano: vedi per esempio all'interno degli organismi della Comunità Europea. Inoltre più si allargano e si consolidano queste aree di lingue dominanti, più persone si appropriano della loro lingua e meno sono disponibili per una soluzione ideale e radicale del problema. Anzi le aree linguistiche si antagonizzano. Chi ha imparato l'inglese come seconda lingua non è più disponibile ad imparare un'altra lingua. E qui veniamo alla seconda categoria di persone che non sognano una lingua comune, quelli che parlano l'inglese o qualsiasi altra lingua dominante. Tra questi poi ci sono alcuni che hanno mire egemoniche riguardo la loro lingua e quindi non solo non desiderano (sognano) un'altra lingua comune, ma sono contrari ad ogni progetto di una nuova lingua comune. La loro idea è che, per esempio, l'inglese è già la lingua comune e sempre più lo diventerà. Questo punto merita una trattazione a parte. Chiediamoci ora perché Mani Tese, o qualsiasi altro organismo per la lotta contro la fame per lo sviluppo dei popoli debba interessarsi a questo problema. Di fronte ai problemi della fame sembra un lusso ed una ironia interessarsi del problema di una lingua comune. Ma non è vero. Tutti gli studi sul sottosviluppo convengono nel riconoscere le cause non solo in fattori economici e politici, ma anche e primariamente in fattori culturali e di educazione. «Insegna a pescare invece di dare un pesce». Ora il primo veicolo di educazione e di cultura è la lingua. Un uomo che conosce solo la sua lingua è molto limitato. Limitato al patrimonio culturale disponibile nella sua lingua ed a quello che è stato travasato nella sua lingua attraverso l'imbuto di un traduttore. Con l'adozione di una lingua comune, in pochi anni il patrimonio culturale dell'umanità sarebbe disponibile per tutti gli uomini. Inoltre il patrimonio vivo degli insegnanti potrebbe essere facilmente impiegato in qualsiasi parte del mondo. L'ostacolo più grande per l'impiego del volontariato: la lingua, scomparirebbe in pochi anni. I popoli in via di sviluppo sarebbero senza dubbio i primi ad adottare la lingua comune poiché prima di tutto risolverebbe l'insormontabile problema di molte nuove nazioni: quello di non avere una lingua nazionale. Secondariamente toglierebbe uno dei fattori più umilianti ed alienanti per i popoli in via di sviluppo: il dover dipendere dalla lingua di un altro popolo per poter raggiungere i gradi superiori d'istruzione. Infatti tutte le università d'Asia ed Africa usano lingue straniere come mezzo d'insegnamento. Una lingua comune sarebbe il dono più grande ed il fattore più efficace per accellerare lo svilippo dei popoli. MANI TESE dovrebbe propagare questa idea di una nuova lingua comune, sensibilizzare i propri aderenti e l'opinione pubblica, mobilitare per questo progetto gli altri organismi nazionali per l'aiuto ai paesi in via di sviluppo e le relative federazioni internazionali, per creare un movimento politico che porti alla decisione a livello di organismi internazionali, come l'ONU, l'UNESCO, o almeno la CEE. È un progetto ambizioso ma di tale utilità per ogni membro della comunità umana, che più in fretta s'incomincia e più immediati saranno i risultati. Non c'è nulla di più potente a questo mondo di una idea il cui tempo è arrivato. Per questa idea il tempo è giunto. Carlo Torriani
El la Gazetaro... «El la Gazetaro» significa «dalla stampa». Riportiamo l'intervento di Amerigo lannacone pubblicato da «II Tempo di Roma» (17/1/1985) come lettera al Direttore, e quello di Albino Ciccanti come «reago» a Luciano Renna, ad Arpino (Frosinone) per il «Certamen Ciceronianum» 1985. Le scrivo dopo aver letto l'articolo «Nove lingue alla CEE: una torre di Babele», sul «Tempo» del 29 dicembre scorso, pagina 25. Vi si afferma tra l'altro, che «dei 10.000 funzionari CEE più di uno su quattro è traduttore o interprete» e che il Parlamento spende il 65% del suo bilancio per traduzioni, che alla Commissione Europea costano ogni anno poco meno di 30 miliardi di lire» Eppure la soluzione del problema linguistico c’è ed è a porata di mano, basterebbe solo un po’ di buona volontà: è l'Esperanto. Perché l’Esperanto? 1) Perché la si impara in un quinto circa del tempo richiesto da altre lingue, come francese, tedesco, inglese e permette ogni sfumatura di linguaggio più di qualsiasi altra lingua. 2) Perché è neutrale ed evita di privilegiare una nazione a discapito delle altre. La cosa non è da trascurare, perché se finora non si è giunti ad avere una lingua internazionale, è proprio a causa di orgogli nazionalistici; 3) perché essendo lingua creata artificialmente, l'Esperanto è logico e razionale e proprio perciò (non é una contraddizione) permette la massima libertà e creatività. È inoltre anche rigorosamente fonetico; 4) perché è una lingua pratica e al tempo stesso elegante. Purtroppo l'Esperanto non ha dietro di sé una potenza economica e lo si continua ad accantonare per pigrizia intellettuale o per servilismo ideologico. Amerigo lannacone
Luciano Renna, probabilmente non proprio inviato speciale di «Avvenire» nonostante il prestigioso incontro annuale di giovani latinisti europei nella patria del grande classico M.T. Cicerone, così scrive: «Ad Arpino sono sempre più convinti che l'esperanto non serva. La lingua madre della civiltà è il latino. Il latino insomma è la lingua del futuro» (Avvenire, 23/5/85, pag. 4). Di quale civiltà sarebbe lingua madre il latino? Se di quella attuale, meglio dire lingua nonna, bisnonna! Inoltre, come avranno fatto ad Arpino a convincersi che l'esperanto non serve? Se parlano italiano e dialetto, non serve né esperanto, né latino! Il latino lingua del futuro? Se proprio ripugna chiamarla lingua morta, come taluni dicono per distinguere le lingue classiche dalle moderne, riconosciamole almeno di essere lingua del passato, anzi, di un passato piuttosto remoto, e lasciamo il futuro per lingue più recenti, esperanto incluso, come autentica genialità, latino del popolo, lingua tanto facile e già tanto ricca da esprimere tutte le sfumature del pensiero: Bibbia, Corano, Divina Commedia... in esperanto! Quei pochi sgobboni (pardonu, studiosi) che ottengono qualche successo in lingua latina, non s'illudono di utilizzarla come lingua veicolare, ma si adeguano: anglomania per tutti, e per alcuni studio di qualche altra lingua straniera, studio ben reclamizzato e ben pagato, ma, è ben noto, con scarso risultato! L'autorevole rivista dei Gesuiti «La Civiltà Cattolica» (4 maggio 1985) si occupa di esperanto con un ampio articolo di Pedro C. Beltrao, S.I., prof. ord. di sociologia presso la Pont. Univers. Gregoriana di Roma. Dello stesso autore, un articolo sull'Osservatore Romano (29/2/1984): «II dibattito e le ipotesi su una lingua internazionale — una «sfasatura socioculturale» del mondo moderno». Forse è arrivato il tempo di considerare l'argomento «lingua comune» con maggiore attenzione e verificare se il fenomeno «esperanto» possa davvero risolvere il problema della comunicazione di massa a livello mondiale. Albino Ciccanti
ATESTOJ Atestoj significa «testimonianze». Ne riportiamo una che riteniamo molto valida, anche per l'aggancio all'incontro per l'amicizia fra i popoli (a Rimini da sei anni) dove l'esperanto ha la sua decorosa e opportuna collocazione. È la testimonianza del Dott. Graziano Ricagno che riprendiamo in parte da «la Coscienza del cittadino» (28/2/'85). Ottimo il lavoro del Dott. Ricagno nel provocare interesse nella stampa per il problema linguistico mondiale e per l'esperanto come proposta di soluzione. Gratulojn kaj bonan laboron (congratulazioni e buon lavoro). L'occasione di diventare esperantista si è presentata per caso: mi trovavo in vacanza a Riccione nello stesso periodo del Meeting internazionale di Rimini. Non c'ero mai stato, mi sono incuriosito e ho voluto farci una visita. Tra i vari espositori ha trovato anche gli Esperantisti, ho scambiato due chiacchiere e ho acquistato un manualetto per farmi un'idea della lingua. Tornato a casa, ho rintracciato gli Esperantisti mantovani, ho richiesto loro consigli sui testi da acquistare ed ho incominciato a studiare. La lingua mi ha appassionato subito per la sua semplicità e razionalità: è assolutamente fonetica, cioè ogni lettera corrisponde sempre e solo ad un determinato suono; ha una sola declinazione dei nomi e un'unica, semplicissima coniugazione dei verbi; non ha eccezioni né sovrapposizioni di significato; ha relativamente pochi vocaboli di base, dai quali mediante prefissi o suffissi si possono costruire tutti i termini derivanti per tradurre parole esistenti o crearne altre nuove. Dopo aver studiato italiano, latino, greco, francese, inglese, spagnolo e dopo qualche timido tentativo con il portoghese e il tedesco, la linearità dell'esperanto mi sembrava un sogno. Inoltre, leggendo articoli esperantisti, ho scoperto le idee di pace e solidarietà internazionale che stanno alla base della lingua e finalmente ho sintetizzato un pensiero che intuivo da tempo: solo una lingua con base interlinguistica, cioè costruita partendo dalle lingue nazionali ma al di sopra di esse e quindi neutrale e senza potere alle spalle, può diventare uno strumento efficace di comunicazione e di comprensione fra tutti gli uomini. Ho maturato questa convinzione in parte per ragionamento, in parte per esperienza. ... Ho viaggiato molto e ho sempre considerato il turismo come occasione di arricchimento culturale e umano; perciò mentre giro il mondo, guardo, visito, ma soprattutto tento di parlare con la gente per capire come pensa e come vive. Purtroppo, mi sono trovato spesso nell'impossibilità di comunicare, come un sordomuto, analfabeta. ... Ecco allora la necessità di un mezzo di comunicazione internazionale come l'esperanto, che accoglie in sé il meglio delle lingue nazionali, ma si mantiene neutrale rispetto ad ognuna di esse, è al di sopra delle parti e per di più è facile da imparare! ... Le persone sensibili al problema hanno il compito di portare avanti il discorso: anzitutto l'esperanto, studiarlo se possibile, farlo vivere nella nostra realtà di tutti i giorni (dal biglietto di auguri al depliant turistico, dalla richiesta del francobollo commemorativo del centenario alla ricerca di occasioni per parlare sui giornali e nelle radio locali, ecc). Solo con l'esempio si vincono i pregiudizi e si rende un servizio alle generazioni future, le quali, se la nostra opera sarà stata efficace, potranno comunicare con tutti i loro simili senza fatica e continueranno ad esprimersi in casa propria come i loro padri, senza essere obbligati a studiare le lingue di moda invece di quelle che preferiscono. Dott. Graziano Ricagno
Respondoj Come espresso dal titolo (respondoj significa risposte), sono attese lettere provocate da richiesta di collaborazione a vari livelli: pareri, giudizi, difficoltà, suggerimenti, proposte... sempre in riferimento al programma, alla nota distintiva del movimento esperantista cattolico. Fra le lettere pervenute, pubblichiamo quella del Vice Presidente delle Comunità Europee, Lorenzo Natali, e quella del Ministro degli Affari Esteri, Giulio Andreotti, ambedue indirizzate al r.p. Riccardo Di Prinzio, vivace animatore del gruppo Esperanto di Vasto e fedele collaboratore di K.S.
Caro Padre Riccardo, ho ricevuto la Sua lettera del 25 gennaio scorso, e ho letto con attenzione del Suo interesse per l'esperanto. Personalmente — e mi conforta in ciò le cristiane aspirazioni a vedere i popoli sempre più uniti e integrati fra loro — non ho difficoltà a ritenere auspicabile l'eliminazione di tutti gli ostacoli, e quindi anche quello delle lingue, che impediscono o limitano il dialogo e le comunicazioni fra gli europei. Non mi risulta, però, che allo stato attuale la Commissione sia nelle condizioni di varare iniziative in tal senso, per le quali è necessario un approfondimento culturale a livello delle opinioni pubbliche europee; e, a tale scopo, è forse più praticabile, e più opportuna, l'ipotesi di una iniziativa di sensibilizzazione del Parlamento europeo. Con viva cordialità, (Lorenzo Natali)
Caro Padre, ho ricevuto la sua lettera e la ringrazio. Nell'esprimerle il mio vivo apprezzamento per l'opera da Lei svolta per la diffusione dell'Esperanto, Le invio i miei più cordiali e devoti saluti. (Giulio Andreotti)
Ferrovieri Esperantisti L'attività esperantista organizzata tra i ferrovieri è databile ufficialmente a oltre 75 anni fa ed è resa concreta (direttamente o tramite le varie sezioni nazionali) in molti paesi del mondo dalla «Internacia Fervojista Esperanto-Federacio» (I.F.E.F.) la quale è la più vasta fra le più importanti ed apprezzate «Fak-organizo» (Organizzazione di categoria) presso l'Associazione Esperantista Universale (U.E.A.). L'IFEF organizza, ogni anno in paese diverso, un congresso Internazionale (il più importante congresso di categoria) molto frequentato e di grande interesse (il prossimo a Vejle, Danimarca, 17-23/5/1985), una Settimana sciistica internazionale, premi letterari, ecc. In Italia tale attività è svolta dalla Sezione italiana dell'IFEF, cioè dall'«ltala Fervojista Esperanto-Asocio» (I.F.E.A.), che opera anche in collegamento con la Federazione Esperantista Italiana (F.E.I) e molte altre associazioni di settore. L'IFEA, è bene ricordarlo, ha lo scopo di raggruppare i ferrovieri esperantisti italiani in attività di servizio e in quiescenza, i loro familiari, ma anche tutti coloro che si riconoscono in essa e sostengono le attività e gli obiettivi da essa perseguiti (principalmente la diffusione della lingua Esperanto e di una mentalità internazionale per migliori rapporti umani e di pace). L'IFEA, che sta vivendo un periodo di ristrutturazione e di rilancio, proprio a tal fine si rivolge a tutti i lettori, esperantisti e non, ferrovieri e non, per ricordare loro questa possibilità organizzativa, la vasta serie di contatti internazionali da essa tenuti, e l'intenzione di crescere ancora, quantitativamente e qualitativamente, sollecitando un più largo intervento e un risveglio di interessi attorno a questo tipo di problemi sempre più attuali. Ogni lettore potrà anche contattare propri conoscenti o parenti ferrovieri interessati segnalando loro questa possibilità ed opportunità di aderire all'IFEA, la cui iscrizione (che rende contemporaneamente anche membri dell'IFEF) è di spesa contenutissima e dà inoltre diritto al ricevimento delle riviste «Itala Fervojisto — Informa Bulteno», edito a Bologna 2-4 volte all'anno e «Internacia Fervojisto», edito in Danimarca 6 volte all'anno. L'IFEA ha gruppi ferrovieri organizzati presso vari Dopolavoro Ferroviari e singoli soci in molte città d'Italia, da Trieste e Reggio Calabria. La maggior attività è comunque concentrata nella sede sociale operante presso il Dopolavoro Ferroviario di Bologna, Via de Poeti 5/2, 40124 Bologna, città ove risiedono anche i massimi responsabili dell'Associazione. Per iscriversi basta versare la quota di £ 5.000 sul c/c/p n. 19336403 intestato a «Itala Fervojista Esperanto-Asocio IFEA Via Donato Creti 61 40128 Bologna», precisando sul retro, nello spazio riservato alla causale di versamento, cognome e nome, indirizzo, C.A.P., comune, provincia e n. telefonico. I ferrovieri in servizio sono anche pregati di aggiungere impianto, tel. FS, profilo professionale e n. di matricola; quelli in pensione indicheranno tale situazione. Il segretario IFEA
(Romano Bolognesi) |